Repubblica: "Statali, il governo freni la spesa"
La Corte dei Conti: gli stipendi corrono troppo. Nicolais: non è vero Il ministro: un insegnante di liceo a fine carriera prende meno di 1.800 euro
Stallo sul contratto, slitta il negoziato. Padoa- Schioppa non cede sull´aumento di 101 euro
ROBERTO MANIA
ROMA - È l´ennesimo allarme della Corte dei conti: gli stipendi degli statali corrono troppo con effetti negativi sulla tenuta delle finanze pubbliche. Un allarme che suona mentre il braccio di ferro tra governo e sindacati sui contratti del pubblico impiego rischia di degenerare nella rottura e nello sciopero generale del primo di giugno.
La giornata di ieri doveva servire a sbloccare la situazione dopo il chiarimento politico tra il premier Romano Prodi e i leader di Cgil, Cisl e Uil, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Invece la verifica tecnica con l´Aran (l´agenzia che contratta per il governo) si è conclusa con un nulla di fatto. Ci sarà un nuovo round domani, mentre è destinato a farsi più insistente il pressing del ministro della Funzione pubblica, Luigi Nicolais, sul collega dell´Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Che però resiste e conferma la linea: gli incrementi retributivi vanno definiti sulla base delle risorse complessive, come stabilisce l´intesa di inizio aprile. Insomma, più dei 3,7 miliardi previsti non c´è nulla e, soprattutto, non è scritto in alcun accordo che l´aumento medio debba essere per tutti i comparti del pubblico impiego di 101 euro pro capite per il biennio 2006-2007. Secondo i sindacati, al contrario, senza quell´incremento scritto nero su bianco salta tutto e si va allo sciopero. Per questo ieri, dopo l´incontro all´Aran e l´aggiornamento a domani, hanno alzato i toni: «Il governo è scomparso e si rifiuta di rinnovare i contratti che sono un diritto», ha detto il segretario della Flp-Cisl, Rino Tarelli. Per il segretario della Fp-Cgil, Carlo Podda, «il rinvio è grave ed è figlio di una maggioranza complicata e rissosa» e per il leader della Uil-Pa, Salvatore Bosco «è sconcertante». Le Rdb-Cub collegano la vicenda del contratto alla relazione della Corte dei conti sul costo del lavoro pubblico per il periodo 2003-2005. Una coincidenza ma anche una vera doccia fredda. «La spesa per i dipendenti pubblici - scrivono i giudici contabili - è cresciuta, a ritmi elevati negli ultimi anni e il suo contenimento deve costituire una priorità delle politiche retributive, per gli effetti che si proiettano sulla finanza pubblica e sul sistema economico in cui è inserito il nostro paese». I numeri: nel periodo 2001-2005 la spesa per i dipendenti pubblici è cresciuta del 12,8 per cento. Se poi si calcolano anche le missioni, la formazione e via dicendo i costi sono saliti del 14,4 per cento.
Nel mirino della Corte pure una deformata applicazione del protocollo del luglio ´93 sul sistema contrattuale. Infatti con i ritardi nei rinnovi contrattuali i costi del primo e del secondo livello di negoziazione finiscono spesso per coincidere temporalmente con conseguenze negative sulla dinamica dell´inflazione. In più i contratti integrativi raramente definiscono gli aumenti sulla base - come prevede l´accordo del ´93 - di parametri di produttività o redditività. A difendere gli stipendi del pubblico impiego è sceso in campo il ministro Nicolais: «La Corte dei conti deve considerare anche l´aumento del costo della vita». Poi ha aggiunto: «Un insegnante di scuola media superiore, che alla fine della sua carriera guadagna meno di 1.800 euro al mese nette, può mantenere due figli all´università o a scuola e avere una vita dignitosa? Probabilmente qualcuno di noi guadagna molto e qualcuno pochissimo. Però dobbiamo tener conto che gli insegnanti sono un milione su tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici».