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Repubblica: Statali, Brunetta attacca ancora la Cgil

"Chi se ne frega del loro no". Epifani:"Chieda scusa". Pensioni, Bersani boccia Ichino

29/10/2008
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la Repubblica

Attendono i contratti in 3,6 milioni. In un anno retribuzioni in rialzo del 4,1%

Il ministro ombra dell´Economia: sulla previdenza non parificabili uomini e donne

LUISA GRION

ROMA - Brunetta e la Cgil: il rapporto, che non è mai stato buono, adesso è diventato pessimo. Siamo ad un ministro che dice «chi se ne frega» e al sindacato che risponde «chieda scusa o non ci vede più». La rottura è totale e riguarda sia le forme che i contenuti: ad innescare la miccia di una deflagrazione annunciata è stata un´intervista concessa dal ministro della Funzione Pubblica al Riformista dove Brunetta - parlando appunto del sindacato di Epifani che si è opposto al Protocollo sul contratto - ha testualmente detto: «Chi se ne frega della Cgil, io ho il sostegno di Bonanni, Angeletti e Polverini».
Una provocazione cui è subito seguita una risposta destinata a pesare sul rinnovo dei contratti: «La Cgil non sarà al tavolo convocato a Palazzo Vidoni (sede del ministero ndr) fino a quando Brunetta non si scuserà ufficialmente» ha detto Epifani. Il primo forfait è previsto per oggi stesso, mentre Cgil continuerà a partecipare ai tavoli convocati sulla riforma contrattuale da Palazzo Chigi e quindi ci sarà all´incontro del 30. Insomma se chiama il governo si va, se chiama Brunetta no.
Il portavoce del ministro, in serata, ha cercato di calmare le acque spiegando che «il chi se ne frega è stata una battuta scherzosa all´interno di un ragionamento complesso» e che «non c´era alcuna volontà di offendere o mancare di rispetto». Ma la frattura resta: «Brunetta usa toni qualunquisti e privi dei requisiti minimi dell´educazione - dice Michele Gentile della Funzione Pubblica Cgil - le sue parole denotano nervosismo». Comunque, specifica il sindacato «senza la Cgil non si raggiunge il 51 per cento in nessun comparto dello Stato, ciò vuol dire che Brunetta, con il suo atteggiamento, blocca la contrattazione: lo spieghi lui ai dipendenti». Il ministro, precisa Gentile, «in base ad una legge da lui preparata potrà distribuire il 90 per cento delle risorse a gennaio, come se il contratto fosse una cosa concessa, ma non è usando i muscoli al posto del cervello che si risolvono le cose».
Il già difficile clima attorno alla riforma si complica quindi ulteriormente e il sindacato arriva spaccato alla gestione di un momento così difficile: dopo la convocazione a Palazzo Chigi per giovedì la Cisl ha sospeso gli scioperi della Funzione Pubblica in programma, la Cgil li ha invece confermati, la Uil al momento pure ma si riserva la decisione finale dopo l´esito dell´incontro. D´altra parte la catena degli scioperi annunciati negli altri settori si fa sempre più lunga: giovedì 30 sarà la volta della scuola, venerdì 31 degli infermieri del sindacato autonomo del Nursind, per il 5 dicembre è in programma l´astensione delle tute blu della Fiom-Cgil.
Né si rischiara il fronte politico: ieri Bersani, ministro ombra dell´Economia ha contestato la lettera aperta inviata da un gruppo di parlamentari radicali e del Pd stesso (fra i quali Pietro Ichino ed Emma Bonino) al ministro del Welfare Sacconi, in cui si chiedeva - come elemento di eguaglianza - la parificazione dell´età pensionabile fra uomini e donne (pur se con elementi di flessibilità). Bersani, appunto, non è d´accordo: «Si rischia di dare un ulteriore segnale per cui c´è la parità quando si tratta di subire e c´è invece disparità quando si tratta di far avanzare la componente femminile del mercato del lavoro». Altra polemica in corso è quella riguardo ai dati Istat sulle retribuzioni contrattuali orarie: a settembre, rispetto ai dati di un anno prima, risultano aumentate del 4,1 per cento contro un´inflazione del 3,8. L´istituto di statistica spiega l´aumento medio attraverso il rinnovo dei contratti agricoli e le indennità applicate in altri comparti fra i quali edilizia, la gomma e plastica. Adusbef e Federconsumatori parlano di «dati da fantascienza: reale è invece la perdita del potere d´acquisto delle famiglie». Sempre in base a dati Istat sono 3,6 milioni i lavoratori in attesa di contratto.

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