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Repubblica: Spauracchi per Franti al tempo di You Tube

MICHELE SERRA

05/04/2009
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la Repubblica

Il cinque in condotta fa parte del pacchetto delle Grandi Semplificazioni proposte dalla destra. Impossibile non percepirne (anche) il fascino: le semplificazioni sono una specie di pensiero magico, tutto ciò che è complicato svanisce, ciò che ci affanna e ci leva il sonno finalmente è alle spalle, la responsabilità degli adulti torna a manifestarsi nella sua forma più palese ed efficace, la facoltà di punire, di rimettere in riga ciò che è disordinato, di ridare senso al caos. Come non averci pensato prima?
Peccato che i moderni Franti, i bulli, i devianti, i riottosi, siano solamente una minoranza (fisiologica) dei ragazzi. Quelli, diciamo, che il cinque in condotta lo meriterebbero, naturalmente a patto di non dimenticare anche il resto delle loro spettanze, e cioè un supplemento di cura e di attenzione. La grande maggioranza, invece, non pone problemi così rilevanti di ordine pubblico. La grande maggioranza, quando è indisciplinata, quando è maleducata, non lo fa per aggressività, per eccesso di presenza, ma per assenza. Se non rispetta le regole non è per sovvertirle, ma perché le ignora. A scuola bivacca, si addormenta in classe, dimentica libri e quaderni, ostenta indifferenza. È connessa con altri terminali, avvoltolata in cuffiette e altri cavi comunque extrascolastici, disturba il normale corso delle lezioni perché le ostacola come un ingombro abbandonato sui binari. Il grosso della "cattiva condotta" (non solo ogni insegnante, ma ogni adulto lo sa bene) non è costituito da un boicottaggio attivo, ma da una passività renitente, da un´attitudine aliena che è sempre stata tipica dell´adolescenza, ma oggi è aggravata dal moltiplicarsi stordente di tutte le altre connessioni e contatti.
Che l´indisciplina, nelle sue forme più aggressive, vada punita, è un concetto sul quale oramai si è tutti d´accordo, sia pure con sfumature rilevanti (ci sono pedagogie più spensierate, che una volta inferta la punizione considerano chiusa la pratica; e pedagogie più faticose, che tendono a chinarsi sul punito per chiedergli se è possibile fare qualcosa per lui?). Ma il grosso dell´indisciplina, quella più ricorrente e quotidiana, probabilmente anche quella più snervante, si manifesta in una specie di diserzione, di indifferenza, di non partecipazione alla vita degli adulti: il cinque in condotta, da agitare come un bastone sotto il naso di uno che ti guarda come se abitasse su Marte (o ci abitassi tu), a che diavolo serve? È come puntare un cannone su un dormiente: non solo un palese eccesso di legittima difesa, ma un monito del tutto male indirizzato, che dà l´idea di una scuola assediata, di un mondo adulto in crisi di nervi come se fosse di fronte a un attacco frontale. Mentre è di fronte (ed è ben più grave) a una travolgente ondata di indifferenza.
Sulle prime pagine di giornale arriva il bullismo, che (punto primo) è sempre esistito, in forme cruente tanto quanto quelle odierne e però prima di You Tube, e cioè prima che la crudeltà dei teen-ager entrasse nell´evo della sua riproducibilità tecnica. E poi (punto secondo) non è, ne sono sicuro, il problema centrale, non è il nocciolo della questione, ivi compresa la questione della "condotta", e cioè del grado di adesione dei ragazzi alle regole degli adulti.
Quel grado di adesione è molto basso non tanto per i bulli, quanto per la grande massa degli studenti. Sui quali la minaccia del cinque in condotta pesa, immagino, come una scocciatura in più, non certo come una terrifica "soluzione finale". L´adulto che strilla e minaccia non deve parergli più autorevole, né il suo charme più percepibile. Al contrario, l´adulto che strilla e minaccia, ed espone sul portone della scuola Tavole della Legge sempre più solenni, deve apparirgli più debole di prima: un disperato che, pur di richiamare l´attenzione, pesta i pugni sulla cattedra. Passata la sfuriata, ci si riaddormenta sul banco sognando di essere altrove.

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