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Repubblica-Sogni senza ideologie ecco la generazione x

Al "Tasso" occupato: musica pantaloni a vita bassa e vecchi slogan. Ma il movimento non c'è più Sogni senza ideologie ecco la generazione x "Siamo un po' nomadi, una casa e una...

29/11/2001
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la Repubblica

Al "Tasso" occupato: musica pantaloni a vita bassa e vecchi slogan. Ma il movimento non c'è più
Sogni senza ideologie ecco la generazione x
"Siamo un po' nomadi, una casa e una chiesa non ci servono. Niente destra né sinistra....."
CONCITA DE GREGORIO


ROMA '#8212; C'è Marco Rulli alla consolle, nel corridoio del Tasso. Le ragazze ballano, in realtà aspettano il momento: a un certo punto lui alzerà la testa, per forza. Le vedrà, forse ne guarderà una. Per forza. Marco è obiettivamente una bellezza. Sguardo cupo, occhi chiari, dolcevita scura da esistenzialista. Mixa "The end" con "Ligth my fire". Giuseppe sta seduto su un banco in fondo al corridoio: "Che sono, i Beatles?". Martina lo guarda curiosa, già comprensiva: "Ma no, sono i Doors". Martina si chiama Veltroni. Ha quattordici anni, un padre sindaco e l'obbligo di tornare a casa a dormire. Ha occupato il liceo con gli altri, ma dopo cena a casa. "E' sempre la solita storia. I maschi, anche i piccoli, possono restare a dormire. Le femmine no". Ride. Tassokkupato, c'è scritto sul muro.
E' sempre la solita storia, sì. Le femmine a casa alle dieci, l'autunno le scuole occupate. Però in questa generazione nata che quasi finivano gli Ottanta c'è qualcosa di più e qualcosa di meno, invece, rispetto a tutte le Pantere già viste. Meno sigle, meno case politiche di appartenenza. Più forza individuale, più fragilità collettiva. Un certo candore impressionabile e stupito. "Siamo un po' nomadi, in realtà. Una casa, una chiesa non ci servono", parla e fuma Francesco Radicioni, 16 anni, quello che ha fatto lo sciopero della fame, quello che dice "voto radicale, sono radicale" ma poi Marco Pannella lo chiama al cellulare e gli dice "siete una generazione fottuta, sbagliate tutto". "Mi ha molto rimproverato, sì. Che vuole che le dica, io non ho tessere. La battaglia di Luca Coscioni è la mia, ma poi non mi è piaciuta la posizione dei radicali a Genova, né mi piace adesso la loro idea di scuola". Dunque? "Dunque non so, vedremo". Clandestini, dicevano i noglobal a Genova: molti di loro c'erano.
Le ragazze hanno allestito la sala da tè. Teli azzurri alle finestre, fornelli da campeggio, tè al gelsomino e biscotti: mille lire. "Io non voglio parlare di destra e sinistra. Voglio sapere che scuola stanno preparando per noi" '#8212; Ludovica, pantaloni a vita bassa e trina degli slip in vista '#8212; "una scuola come quella americana, la scuola dei ricchi e dei poveri, dei bravi e dei derelitti? Io non voglio una scuola così. E non voglio i veleni in quello che mangio, e non voglio le bombe ma non sono una pacifista visionaria. Le ragioni della rabbia e del terrorismo non basta bombardarle".
La musica è la stessa degli anni Settanta, qui a scuola. Gli slogan anche: sulla giustizia di Stato, sullo Stato violento. Due ragazze in piedi su un banco scolpiscono con un taglierino una foglia di marijuana dallo scotch per pacchi. "Bellissima, no?", dice Martina. Suo padre, che per un anno è stato al Tasso, ha raccontato: "Per me il '68 è cominciato qui il giorno che un ragazzino tirò una cimosa a un professore, venne il preside, una specie di Cavour, gli chiese: tu, come ti chiami? E lui: "Mi chiamo Bond, James Bond"". Trent'anni dopo anche David, e Michele, e Tomaso e Nicolò non dicono il cognome. Paura di cosa? "Come di cosa? Non ha visto Genova, non ha visto la scuola Diaz? Se è successo una volta può succedere ancora. Sì, certo che c'è anche la figlia del sindaco, ma non la possiamo mica usare come scudo umano, no? E poi non c'entra. Non è il caso specifico. E' il clima, che è cambiato". Ecco: fra quello che hanno di più c'è anche la paura. Una paura calma, però. "C'è una bruttissima aria, in giro", diceva qualche giorno fa Tommaso durante l'autogestione del Mamiani. "C'è il regime!", gli hanno urlato dal fondo. "Non so. Comunque un'aria brutta. Brutta da fare paura, e io da qui non mi muovo".
Loro da qui non si muovono. Al Tasso hanno invitato Tajani a parlare di conflitto d'interessi. "L'abbiamo fatto nero", ride Michele ma poi torna serio: "No, no. E' giusto sentire tutti, tanto ci facciamo un'idea da soli". Poi chiede: scusi, le da fastidio il fumo? A casa hanno genitori quarantenni: psichiatri, giornalisti, registi. I cognomi che non dicono sono cognomi così. Un nonno ministro delle Poste, una nonna attrice, un padre direttore. Generazione Dash: lavata dalle ideologie dei padri ma riposta negli armadi dei nonni, confusa dalla centrifuga, ancora, ma severissima nei precetti certi. "Mamma, ma sei in maniche di camicia, non vedi che prendi freddo?", dice Alice alla madre ragazza venuta a controllarla. Bevono insieme una Coca. Bertinotti dice che "non può essere antiamericana una generazione cresciuta da Mc Donald ascoltando Madonna". Qui al Tasso sentono i Doors e mangiano biscotti fatti in casa. "Una generazione che è una benedizione del signore", ha detto Giuliano Amato al congresso Ds. "Ha detto così?", domanda Claudia, una maglietta con scritto "Preferisco da sola". Sì, così. "Ah. Ho capito. Amato quello che era presidente del consiglio?". Quello. "Ah '#8212; prende dal banco un biscotto, lo mette in bocca '#8212; E mi scusi. In che partito è, esattamente, adesso, Amato?".


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