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Repubblica: Scuola pubblica e privata a confronto

CORRADO AUGIAS

07/07/2006
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la Repubblica

C aro Augias, si ricorda del buono alle scuole private introdotto dallo scorso governo? Ebbene questo è il secondo anno che i genitori dei miei alunni ricevono 300 euro come rimborso parziale al pagamento della retta scolastica.

Giorni fa è stato distribuito il modulo per la richiesta dei soldi riguardanti l'anno scolastico 2005/2006 e i commenti dei ragazzi sono stati: «Mamma ha detto che mi compra la Psp (play station portatile)» oppure: «A me li dà e ci faccio quello che voglio!».

Con quel buono il Governo si è comprato il voto di preti e suore che lavorano nella scuola, la loro fedeltà e il loro sostegno (i gestori ci hanno costretto ad applicare la riforma Moratti in tutte le sue forme, cosa che la scuola statale si è ben guardata dal fare!) e ha riempito le tasche di persone che mandano i figli in una scuola cattolica non perché siano particolarmente credenti (sfatiamo questa convinzione), ma solo perché: «I ragazzi sono più controllati»; «gli insegnanti ci sono sempre, non ci sono scioperi e assemblee»; «la scuola è pulita, c'è tanto verde, è bella e di pomeriggio c'è il doposcuola!».

Sono 15 anni che lavoro in una rutilante scuola paritaria romana, non per scelta, ma perché nello stato sarei una precaria, guadagno il 30% meno degli insegnanti statali (il che mi fa rientrare tra coloro che rasentano la soglia della povertà) e sono costretta a lavorare ore supplementari rispetto all'orario scolastico perché il nostro contratto tutela maggiormente i gestori delle scuole che i lavoratori!

Sono indignata e spero che il nuovo Governo blocchi al più presto questo inutile spreco di danaro pubblico. E' l'unico lavoro che ho, la prego di omettere la firma.

Lettera firmata

Il tema sollevato è importante. Quel buono elargito dall'ex ministro Letizia Moratti aveva il chiaro scopo di captare la benevolenza degli istituti privati per lo più cattolici. E' stato uno dei tanti mercimoni alla ricerca di voti aggiuntivi, come nel caso dell'esenzione dall'Ici non solo per i luoghi di culto ma anche per gli edifici commerciali (alberghi, bar, circoli) posseduti dalla Chiesa. A questa solenne ingiustizia pare che ora si stia ponendo rimedio.

Ho apprezzato giorni fa l'editoriale del quotidiano vescovile 'L'Avvenire' dove si diceva che la chiesa non ha mai ricercato privilegi. Spero che l'ottimo proposito trovi sempre nuove conferme nei fatti. La fede e l'Ici infatti si conciliano male, vengono in mente parole terribili dette da Gesù a proposito di Dio e Mammona. Ma per tornare al caso sollevato dalla lettera, era chiaro che quelle scuole sono frequentate per lo più da persone non indigenti e che dunque quei soldi sarebbero per lo più finiti in playstation e telefonini.

La risposta non sarebbe però completa se non comprendesse anche l'altro aspetto. Quelle scuole, che sono spesso dei diplomifici, hanno un personale selezionato con meno rigore di quelle dello Stato, condizioni di lavoro e di paga deplorevoli, in poche parole: devono rendere soldi a chi le gestisce. Non ci sono gli scioperi, è vero; la mensa sarà, forse, migliore, i ragazzi saranno seguiti più da vicino. I padri costituenti avevano già previsto anche questo: si facciano con i dovuti controlli scuole private anche paritarie purché "senza oneri per lo Stato" (art. 33 Costit.).


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