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Repubblica: Scuola, bagarre al Senato: oggi il voto tra le proteste

senatore del Pdl: mi danno il voltastomaco, chissà quanti somari tra loro Sotto la pioggia rabbia, striscioni e risate: "Ma da qui non ci muoviamo"

29/10/2008
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la Repubblica

ROMA
LO STRISCIONE è zuppo d´acqua ma resiste a terra: "Facoltà di Scienze della formazione primaria: fregati prima di iniziare?". Danilo, futuro maestro disoccupato a prescindere, non si arrende al diluvio universale che ha chiuso la speranza anche dei più arditi: «Io da qui non mi muovo». Solo la vitalità della giovinezza di chi protesta ha permesso di tenere rinchiusi dentro palazzo Madama tutti i suoi inquilini per una giornata intera.

Al mattino le finestre della biblioteca sono spalancate sulla piazza, il ritmo di Rino Gaetano invade il corpo di fabbrica e si insinua fin dentro lo studio di Renato Schifani. Il cielo è sempre più blu. Tutta la colonna sonora, da Battiato e il suo centro di gravità permanente fino al più lieve pop di Max Pezzali, preparata dagli studenti delle scuole superiori, viene somministrata ai signori senatori. I ragazzi hanno occupato la piazza nelle ore di luce e di sole, lasciando ai compagni universitari l´onere dell´accerchiamento durante la discussione serale e poi notturna. «Stamattina è stato bello, lavorare con la musica dà ritmo. Adesso però urlano, e non mi fanno concentrare». Al senatore Nicola Latorre piacciono più le note che le parole della protesta, a un suo collega udinese («mica le dico come mi chiamo, che poi stravolge tutto?») né parole né musica. Anzi quell´assembramento gli dà il voltastomaco. Infatti giunto nei pressi di una finestra, inizia a urlare: «Andate a lavorareeee». Richiude subito, come quei bambini che giocano a nascondino. Senatore, cosa fa? «Chissà quanti somari ci sono qua sotto. E i professori non fanno un c.... Mia moglie, cioè ex perché sono separato, è insegnante e lo so».
Punti di vista. Perché la polizia sa solo invece che questa gioventù urlante, l´onda cioè, si espande e si riduce, va e viene da giorni. I blindati raggiungono corso Rinascimento: lo chiudono, lo stringono fino a strangolarlo. Un commissario sorveglia che le operazioni procedano come da piano: «È da due giorni che ci prepariamo». Intanto un senatore, si chiama Franco Mugnai, del Popolo delle libertà, in collegamento diretto presumibilmente con i cari: «Sono riuscito a superare il primo blocco, vado a vedere». Conclude la telefonata, commenta: «I figli a volte sono delle arpìe».
Non sembrano arpìe, facce svelte ma tranquille, senza eccessiva dimestichezza con cortei e striscioni e una paura sconfinata al pensiero che la politica contamini, si infiltri, li inquini. L´Italia non ha memoria e usa il passato solo per dividersi. L´Italia non guarda al futuro, non pensa al loro destino, bada solo al presente. «Come da calendario, oggi si concluderà la discussione», comunica in aula il presidente ai senatori. Il decreto è questo e non si cambia. «Noi siamo la maggioranza e con noi c´è la maggioranza degli italiani, anche degli studenti», conferma Maurizio Gasparri. È così, dunque.
Il decreto diverrà legge come previsto e deliberato. Non sembra sia aria che cambi, Giovanni, primo anno di Giurisprudenza: «Mi mantengo all´università con lavoretti. Fino a settecento euro di tasse all´anno ce la faccio. Se passano a mille, no». Bagnata e senza voce, Mirella di Fisica: «L´idea della fondazione, quindi l´apertura delle università ai contributi privati, ammazza la ricerca e ne consegna la reputazione al saldo di bilancio. Al nord saranno ricche, al sud povere». «Duemila e duemila»: il carabiniere via radio intanto comunica la stima del nuovo corteo che avanza. Giungerà di fronte al Senato alle cinque del pomeriggio, in concomitanza con la ripresa dei lavori. L´Onda arriva con qualche minuto di ritardo, preceduta da un gruppetto di Cobas che occupa la prima fila della protesta. «Via, via, via». Ancora: «Mafiosi/mafiosi». Terzo slogan: «La crisi non la paghiamo noi». Anche i bar di piazza Navona versano un obolo alla protesta. Tavolini vuoti, stufe spente. «What?». «Girate al largo» dice deciso il poliziotto alla coppia di americani attempati, curiosi più che impauriti. Striscia la notizia ha mandato un falso Maroni a dare la carica ai militi, mentre alla senatrice Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd, i ragazzi recapitano una lettera da leggere in aula.
L´aula, eccola. Mariastella Gelmini è vestita nel solito modo, il collettone di una camicia bianca sotto un tailleur castigato nero. Compita, lontana, silenziosa. Al suo fianco Roberto Calderoli. All´estrema sinistra del banco del governo il terzo collega, Maurizio Sacconi, preso da una telefonata piuttosto lunga e tesa. Davanti alla Gelmini il corpo del dottor Pizza, suo sottosegretario. Banchi pieni, qui né musica né slogan. Tutto molto ben insonorizzato. Sulle tribune giovani assistono. Vengono dalla Sicilia. Sono anch´essi universitari. Compitissimi, molto eleganti. Sono stati invitati settimane fa e non sembrano condividere nulla del baccano che c´è fuori.
Roma come sempre patisce la mobilitazione. Assiste piuttosto sorpresa dai serpentoni di ragazzi e allarmata quasi, certamente stupefatta dalla crudezza di alcuni slogan che i gruppetti Cobas urlano senza riverenze: «Berlusconi/pezzo di m.». Berlusconi? Quando il corteo tappa piazza Navona, la riempie e rende nervose le forze dell´ordine, anche l´aula matura più ansia e tensione. Ecco, ci siamo. Piedi e mani sbattute sui tavoli, bagarre come al solito, cartelli come sempre (il migliore: «L´istruzione costa? Provate con l´ignoranza»). Il gruppo di Italia dei Valori si scatena, anche Maurizio Gasparri si scatena. Urla e commessi di corsa a togliere e strappare. Drin, drin. La campanella di Schifani sospende la seduta. Si riprende dopo un´ora. Si va dormire più tardi ma quel che s´era deciso si farà. «Abbia rispetto per la nostra stanchezza», dice Schifani a un senatore che adesso vorrebbe parlare di Casal di Principe.

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