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Repubblica-RICERCA J'ACCUSE DEI LINCEI

RICERCA J'ACCUSE DEI LINCEI un documento per il ministro moratti. parla giorgio careri "Alcune scelte del governo possono essere lesive per la cultura del nostro paese", spiega il fisico. "È...

20/05/2004
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la Repubblica

RICERCA J'ACCUSE DEI LINCEI
un documento per il ministro moratti. parla giorgio careri

"Alcune scelte del governo possono essere lesive per la cultura del nostro paese", spiega il fisico. "È dominante una visione riduttiva che non possiamo accettare"
Negli ultimi anni sono cresciuti molto di più i professori ordinari dei giovani ricercatori
ROMA
SIMONETTA FIORI

Era da molto tempo che l'Accademia dei Licei, massima istituzione culturale del paese, non registrava tale consonanza di pareri e umori. È accaduto in questi giorni per un documento-denunzia sulla ricerca, approvato il 14 aprile con voto unanime e presentato ieri sera al ministro Letizia Moratti. L'appello, che investe vari problemi - l'accesso dei giovani nelle Università e il ruolo della ricerca "spontanea", ossia quella svolta senza preventivi scopi applicativi - porta la firma della Commissione Lincea per la ricerca, presieduta da Giorgio Careri e composta da studiosi della statura di Salvatore Califano, Gianfranco Chiarotti, Umberto Colombo, Giorgio Parisi e Giorgio Salvini. "Lo scopo del nostro documento", spiega il professor Careri, illustre fisico di esperienza internazionale, "è quello di contrastare alcune posizioni del governo che potrebbero essere lesive per la cultura del nostro paese".
Careri è prossimo agli 82 anni, ha studiato con Edoardo Amaldi, ha avuto rapporti di amicizia e affinità scientifica come personaggi come Lars Onsager e Herbert Fröhlich. La sua attività di ricerca s'è svolta nel campo della struttura della materia. Per anni è stato direttore dell'Istituto di Fisica a Roma, dove ancora opera in qualità di professore emerito. Se gli domandi qual è il senso della sua ricerca, ti risponde con un verso di Emily Dickinson, che più o meno recita "uno più uno non fa due ma sempre uno". Poi ti mostra i meravigliosi e innumerevoli tronchi che intaglia da una trentina d'anni. L'ultimo è un cedro libanese che inonda la sua elegante casa d'un denso profumo d'Oriente. Dice il professor Careri: "Proprio pochi giorni fa abbiamo preso visione del Piano Nazionale della Ricerca 2004-2006. È un documento ricco di elementi, su cui ancora dobbiamo riflettere. Ciò che ci divide dal ministro è la diversa considerazione della ricerca nello sviluppo culturale del paese. Nel piano viene detto che l'attività di Ricerca e Sviluppo (R'S) è "determinante per la competitività del sistema economico e quindi fattore fondamentale per la generazione di ricerca, posti di lavoro, coesione sociale". Perché non è stato aggiunto che Ricerca e Sviluppo sono determinanti anche per la maturazione culturale del paese? E, ancora, il "capitale umano" - dizione già assai infelice - viene definito solo come "l'insieme delle conoscenze, capacità, competenze, prerogative degli individui che agevola la creazione del benessere personale, sociale ed economico". Perché non viene riconosciuto anche il contributo umano alla crescita di cultura del paese?".
Cos'altro non la convince?
"In tutto il Piano si insiste su un punto: che la funzione della ricerca è quella di contribuire alla competitività del paese, con processi e prodotti competitivi sul mercato globale. È questa visione riduttiva della ricerca che noi non possiamo accettare".
Da qui nasce l'esigenza di promuovere il documento linceo?
"Sì, il documento è stato approvato in forma unanime dalle classi riunite: un fatto insolito per l'Accademia dei Lincei. È nato anche dal nostro profondo disagio di vedere tanti bravi giovani senza un futuro nel campo della ricerca. Ieri sera l'abbiamo presentato al ministro Moratti".
Cosa sostenete in sostanza?
"La nostra riflessione si articola intorno a tre punti. Forse il più importante è l'accesso alla ricerca dei più giovani, che poi rappresentano la futura cultura. Un dato del Piano Nazionale della Ricerca dovrebbe far riflettere: negli ultimi tre anni i professori di prima fascia (gli ordinari) sono aumentati del 40 per cento, mentre i ricercatori (terza fascia) sono aumentati del 6 per cento. Una crescita alla rovescia rispetto a uno sviluppo sano".
Bisognerebbe correggere le proporzioni.
"Sì, bisognerebbe allargare la base della piramide, sostenendo la categoria più debole. I dati ufficiali del 2000 disegnano una struttura nella quale figurano 16.600 professori ordinari, 17.637 associati e 19.806 ricercatori. Il rapporto non è equilibrato".
Cosa suggerite in sostegno dei ricercatori?
"Una soluzione potrebbe essere quella di usare il cinquanta per cento del budget ricavato dai pensionamenti: in questo modo si potrebbe ottenere in dieci anni un raddoppio della base dei ricercatori. Un altro modo, più rapido, è quello di immettere nel sistema finanziamenti riservati a questo scopo: l'attuale scarsità di fondi può produrre effetti nefasti. La vita della cultura deve essere alimentata senza interruzioni, non con finanziamenti straordinari, come purtroppo accade oggi".
Nel documento insistete molto sul valore della "ricerca spontanea". Cosa intendete con questa formula?
"Per "ricerca spontanea" intendiamo la ricerca libera da preventivi scopi applicativi, rivolta unicamente al progredire della conoscenza. Le risposte possono essere imprevedibili. In sostanza, la ricerca spontanea rappresenta la matrice culturale di un paese. Può vivere con poco, ma non può vivere di nulla".
Il nuovo Piano Nazionale della Ricerca non dice nulla a proposito?
"Fortunatamente prevede che la ricerca libera sia garantita nelle università con una nuova legge di attribuzione dei fondi Miur (Ministero dell'Istruzione e Ricerca) e altrove tramite una nuova Agenzia del Cnr. Speriamo che la pratica realizzazione di queste lodevoli iniziative non comporti un eccessivo aggravio burocratico per i ricercatori".
Cos'è che non la persuade allora?
"Esiste un legame profondo tra ricerca spontanea e cultura. Purtroppo, nell'impostazione che ha dato il ministro Moratti, la libera ricerca viene valutata quasi esclusivamente per le sue ricadute economiche. Non le viene riconosciuto un ruolo nello sviluppo civile del paese".
Cosa intende?
"Prendiamo le facoltà di Lettere, che sembrano le più lontane dalle applicazioni: le tesi di laurea vertono sempre su nuovi argomenti, i laureati diventano professori di liceo e gli studenti liceali cittadini con una nuova cultura. Questo processo di drenaggio dalla ricerca alla cultura viene potenziato con i corsi di aggiornamento che gli insegnati seguono all'Università. Altrettanto può dirsi per la ricerca svolta nelle cliniche universitarie, i cui risultati vengono trasferiti negli ospedali e da questi alle Asl e a tutto il paese. Nell'ingegneria succede lo stesso: si ha - meglio, si dovrebbe avere - un trasferimento capillare di conoscenze verso le industrie. La ricerca è un fattore fondamentale nella crescita civile del paese. Altra cosa è lo sviluppo immaginato da ideologie che puntano su benessere materiale e potere".
In Francia l'hanno spuntata i paladini della ricerca.
"Sì, la discussione è cominciata quasi contemporaneamente a quella svolta nella nostra Accademia. Il comitato Salviamo la ricerca, presieduta da Francois Jacob, premio Nobel per la Biologia, ha recentemente annunciato con soddisfazione il raggiungimento di alcuni traguardi: l'erogazione di finanziamenti che erano stati bloccati, mille nuovi posti di ricercatore per il 2004, e altro ancora. Mi auguro che l'Italia al confronto non resti indietro".


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