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Repubblica: Registi e scrittori, rivolta contro Brunetta

La rabbia dopo il diktat del ministro sui fondi: "Attacco alla nostra libertà"

13/09/2009
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la Repubblica

La polemica

CARLO MORETTI

ROMA - Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta alza il tiro nel suo attacco al mondo della cultura e del cinema in particolare. «Accostare lo spettacolo alla cultura è un grande imbroglio» ha detto ieri Brunetta. «Lo Stato ha il dovere di finanziare la cultura, dalle biblioteche ai restauri, ma lo spettacolo è un´altra cosa. Ma perché finanziamo il cinema? Forse che finanziamo il piano bar o la discoteca? E anche i giornali devono andare sulle loro gambe». Non ha risparmiato i maestri di ieri: «Molti di quelli che alzavano il braccetto - ha continuato - poi hanno chiuso il pugno. Per esempio Rossellini, prima si faceva dare i sogni dal regime e poi ha cambiato idea». La nuova uscita arriva a poche ore dall´intervento al seminario del Pdl a Gubbio, in cui il responsabile della Funzione pubblica ha parlato di «cineasti parassiti, gente che ha preso tanti soldi e ha incassato poco al botteghino. Gente che non ha mai lavorato per il bene del Paese, anzi non ha mai lavorato», ed ha quindi invitato il ministro della Cultura Bondi a chiudere «al più presto» i rubinetti del Fus.
La reazione del mondo della cultura non si fa attendere. Il regista Michele Placido, che ha annunciato querela per il riferimento al suo nome nel discorso di Brunetta a Gubbio, ritiene che quello contro il cinema sia «un attacco contro uno degli ultimi spazi di libera espressione, considerando come sono ridotte la tv pubblica e quella privata. Un film, uno spettacolo teatrale» continua Placido, «sono sempre opere di denuncia, di critica nei confronti del potere, e che il potere sia di destra o di sinistra conta poco. Non ricordo film a favore dei governi di Prodi o di De Gasperi. "Il grande sogno", che ha ricevuto finanziamenti di un´azienda privata che si chiama Medusa e che Brunetta non ha visto, non è neanche un film di sinistra, riporta le mie emozioni su un periodo in cui ancora non si era prodotta la frattura tra destra e sinistra».
La pensa allo stesso modo lo scrittore Giancarlo De Cataldo: «Come si può considerarlo un film di sinistra? Forse dà fastidio perché rappresenta un periodo in cui i giovani volevano cambiare il mondo, meglio che stiano al loro posto, giovani bamboccioni. Era dal neorealismo, dai tempi di Andreotti, che non si metteva in discussione il cinema come forma d´arte. Brunetta si fa però portatore di un´idea di cultura molto diffusa a destra: è buona, cioè, quando ti diverte, cattiva invece quando è problematica. C´è poi un astio nei confronti di chi non produce beni materiali: professori, magistrati, artisti, ignorando che anche l´industria culturale produce reddito».
Gigi Proietti ironizza: «Io che sono il meno finanziato di tutti dico che chiudere il rubinetto del Fus non è giusto. Al contrario, ne andrebbero aperti altri di rubinetti, attraverso una legge che razionalizzi la spesa. Il ministro dovrebbe evitare il rischio di dirigismo e comprendere che fare spettacolo oggi ha costi che difficilmente vengono coperti dai risultati di botteghino».
La regista Francesca Comencini vede nelle parole di Brunetta «un calcolo politico, per alzare il livello dello scontro. A Venezia abbiamo presentato un documento per una legge di sistema sul modello francese, che sganci il cinema dalla politica, perché i soldi che il cinema genera tornino al cinema. Ma se anche Bondi si appiattisce sulle posizioni di Brunetta, con chi ne dovremmo parlare?».


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