Repubblica: Quell´esame di maturità per i docenti
Ora più che di severità e di stangata, mi pare si debba parlare di ritorno alla normalità di un evento per molti versi di iniziazione alla vita adulta
GIORGIO CAVADI
Prima ancora che il nostro giornale desse conto dell´esito delle prove scritte all´esame di Stato nelle scuole di Palermo, scrivendo di «stangata» e di «severità», un paio di telefonate di madri «angosciatissime» per il basso punteggio ottenuto dai figli, mi avvertivano della debacle in atto.
Certo una svolta era attesa e auspicata, dal momento che la riforma dell´esame di Stato era una delle richieste più pressanti che, a furor di popolo, venivano dal mondo della scuola; e in effetti è stato uno dei primi atti del ministro Fioroni. La formula demagogico-familista di una commissione tutta di docenti interni, voluta dalla Moratti, era immediatamente apparsa un´aberrazione senza alcuna giustificazione pedagogica e didattica che non fosse quella di non creare «problemi» agli studenti, come, più o meno, recitava in quegli anni uno dei tanti slogan dell´era morattiana, sul sito del ministero; con la postilla dell´oscena situazione di compravendita di diplomi in cui vennero a trovarsi centinaia di scuole private, specie nel Sud del paese. Ora più che di severità e di stangata, mi pare si debba parlare di ritorno alla normalità di un evento per molti versi di iniziazione alla vita adulta.
Un evento dunque in cui ci sta e deve starci anche la sconfitta, magari parziale, a cui le frotte di «cento» ottenuti quasi per automatismo, ci avevano disabituato. Era questa una delle considerazioni che un paio di anni fa faceva Umberto Galimberti, a proposito dell´esame morattiano e così concludeva: «Dal momento che la vita adulta non ci risparmia queste prove di oggettività, come sanno tutti i giovani che per la prima volta si presentano a un colloquio di lavoro, perché la scuola li esonera da questa prova, quando poi la vita impalcabilmente li sottoporrà?».
Insomma, parafrasando il buon Leopardi: o scuola o scuola, perché illudi i figli tuoi quando poi, fuori dalla sua area protetta, nella quotidianità dell´esistenza, non saranno preparati e attrezzati a superare prove magari meno complesse, ma in cui occorre veramente misurarsi e misurare le proprie forze? A cominciare da un semplice esame universitario, di cui l´esame di maturità è veramente propedeutico, quanto meno per la capacità di gestire l´organizzazione dell´apprendimento, la pianificazione dello studio, il saper dosare forze fisiche e mentali. E in questo senso, credo, che l´esame dell´era morattiana abbia fatto silenziosamente in questi anni fra le matricole universitarie decine di migliaia di vittime.
Ma, tornando all´esame di quest´anno, occorrono ancora un paio di considerazioni. Ai più le prove, da quelle di italiano, alla versione di latino, ai quesiti di matematica sono apparsi abbastanza ardui, ed in parte è vero. La sensazione che a livello centrale di un segnale tipo «la ricreazione è finita» è stata avvertita da molti. Ma, a nostro avviso, si è trattato sì di un segnale, ma un segnale rivolto ai docenti, prima che agli studenti, affinché in futuro curino con maggiore attenzione e minore superficialità la preparazione dei propri studenti, almeno in alcune competenze di base come la capacità di sintetizzare un argomento di qualunque disciplina in un breve testo; oppure quella di argomentare, di proporre un´opinione, supportandola con informazioni e considerazioni di spessore. Qui si spiega la strage degli innocenti di fronte al «saggio breve» a cui mi è capitato di assistere; mandati allo sbaraglio come i fiduciosi e incoscienti soldatini inglesi adolescenti che, nel 1915, i loro generali portarono allegramente al macello, verso i nidi di mitragliatrici delle linee tedesche.
Certo l´impresa di aiutare un adolescente a sviluppare la competenza dell´argomentare, della costruzione di un ragionamento solido, non solo logicamente, ma sostenuto da informazioni e nozioni pertinenti, è oggi assai ardua, dal momento che gli spazi in cui è possibile seguire o svolgere un ragionamento, sono ridotti al minimo e ancor meno frequentati dalla maggioranza dei ragazzi. Le trasmissioni televisive anche di approfondimento o i talk show, vedono sfidarsi, spesso in una consapevole finzione, campioni e campionesse dello slogan, della frase fatta, dell´invettiva e dell´insulto; di mozziconi di frasi si nutrono chat e sms, sublimazione e negazione al tempo stesso della capacità di scrittura sintetica. Dove allora, dovrebbero maturare queste competenze se non a scuola?
Questa, quindi, in prima approssimazione, appare un´indicazione da tenere presente nel leggere e capitalizzare i risultati di questa forma di esami «controriformati»; con un´ulteriore postilla che riguarda il valore aggiunto delle commissione miste, che crediamo essere un raro se non unico momento di confronto di risultati, di dialogo fra professionalità diverse e perché no, di valutazione e autovalutazione del proprio metodo di lavoro, di circolazione e confronto delle buone, come delle cattive pratiche in un sistema, come quello della scuola italiana in cui è assente il concetto stesso di verifica dei risultati del lavoro di un docente, abituato dalle troppe guarentigie sindacali e ministeriali a essere, nello stesso tempo, attore e critico di uno spettacolo spesso recitato per troppe lunghe stagioni sempre allo stesso modo nella rassicurante solitudine della propria aula.