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Repubblica-Pezzotta:"No al taglio delle tasse a rimetterci sarà lo Stato sociale"

L'INTERVISTA Il leader della Cisl critica la manovra del governo: siamo in una nuova fase di tensione con l'esecutivo Pezzotta:"No al taglio delle tasse a rimetterci sarà lo Stato sociale" ...

27/06/2004
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la Repubblica

L'INTERVISTA
Il leader della Cisl critica la manovra del governo: siamo in una nuova fase di tensione con l'esecutivo
Pezzotta:"No al taglio delle tasse a rimetterci sarà lo Stato sociale"

l'ammissione Ora sono costretti ad ammettere quello che noi dicevamo da tempo: è a rischio la situazione dell'economia italiana
i consumi Non ci sarà la ripresa della domanda perché non esiste un automatismo tra meno tasse e più consumi
ROBERTO MANIA

ROMA - Meno Irap vuole dire meno stato sociale, cioè meno tutele. E' la tesi di Savino Pezzotta, segretario generale della Cisl. Il suo appare un ragionamento lineare, espresso in maniera pacata. Anche se può portare ad una "reazione dura" da parte del sindacato. "Tanto - ragiona il leader cislino - siamo già entrati in una fase di nuova tensione con il governo. Se pensano di approvare il Dpef entro venerdì, come ha annunciato il ministro Maroni, è chiaro che non ci sono le condizioni oggettive per la sessione di politica economica che è prevista dal protocollo del luglio '93 prima del varo del Documento di programmazione".
Pezzotta ci parla dall'Abbazia di Vallombrosa. Lì, tra i benedettini, si sono riunite le "Reti in opera", una sorta di movimento di cattolici impegnati nel sociale. Si partecipa a titolo individuale. Insieme a Pezzotta c'è anche il presidente delle Acli, Luigi Bobba. Le "riflessioni" comuni proseguiranno fino a mezzogiorno di oggi, poi Pezzotta andrà a casa, vicino a Bergamo, a votare per la Provincia. "Andrò a votare, ma non dico per chi", si lascia sfuggire facendo intuire che ancora non ha scelto tra quel Valerio Bettoni, un ex diccì che dalla Casa delle libertà ha detto "no" sdegnato alla Lega nonostante le pressioni che sono arrivate da Roma, e il candidato del centrosinistra Beppe Facchetti. Ha ancora tempo, Pezzotta, di pensarci, di "rifletterci", perché la sua contrarietà alla devolution di stampo bossiana continua ad essere radicale.
Pezzotta, lei che idea si è fatto della verifica in atto tra le forze della maggioranza?
"Francamente non ho capito che tipo di verifica stiano facendo. Non mi pare che ci siano dei movimenti. Verifica? Riaggiustamento? Davvero non sono in grado di dare un giudizio".
Di certo sta arrivando una manovra di correzione dei conti pubblici.
"E in questo modo il governo ammette ciò che noi dicevamo da tempo. E cioè che la situazione economica italiana è delicata, che stiamo attraversando una fase molto difficile. Finora l'avevano negato, al pari della necessità di dover ricorrere ad una manovra di aggiustamento. Eppure era da tempo che noi, ma non solo, richiamavamo l'attenzione sull'inefficacia delle misure una tantum. Ora il governo critica la sua stessa legge Finanziaria e ammette che ci vuole un'altra politica economica. Dunque avevamo ragione noi. E' un punto a nostro favore ma non ci consola affatto".
La chiave di volta potrebbe essere rappresentata dalla riduzione delle tasse. Con la ripresa economica in arrivo potrebbero ripartire anche i consumi. Non crede?
"No, non è così. Una manovra di 7 miliardi di euro significa ancora drenare risorse. E non ce ne sono più dopo i tutti i condoni che sono stati varati".
Insomma siete contrari alla diminuzione delle tasse?
"Sì, sono contrario alla riduzione generalizzata delle tasse. In nessun paese al mondo la diminuzione della pressione fiscale ha determinato lo sviluppo. Non ci sarà alcuna ripresa dei consumi, perché non esiste un automatismo tra meno tasse e più consumi. Piuttosto si riprenda la lotta all'evasione fiscale che è ancora a livelli scandalosi. Per ridurre con efficacia le tasse ci vuole un progetto di politica economica. Un'operazione di quel tipo va finalizzato alla ricerca, all'innovazione e al Mezzogiorno. Gli investimenti in queste direzioni debbono essere defiscalizzati. Quindi si può agire sulla leva fiscale ma allo stesso tempo si deve indicare un programma concreto per il rilancio dell'economia. Ma proprio questo ciò che manca al nostro ministro Tremonti".
Un ritocco all'ingiù dell'Irap che pagano le imprese potrebbe essere il segnale di un'inversione di politica economica?
"Vorrei ricordare che l'Irap è un'imposta regionale e che le Regioni stesse sono state costrette ad aumentare per poter garantire livelli di protezione sociale altrimenti compromessi con la riduzione dei trasferimenti statali agli enti locali. Questo è successo. Quindi meno Irap equivale a dire "meno stato sociale". Ma noi non ci stiamo, non ci possiamo stare perché non si possono più tagliare le prestazioni sociali, le pensioni, la sanità... E se non dovesse essere così mi dicano come pensano di compensare l'abbassamento dell'Irap! Ecco perché sono molto preoccupato e guardingo".
Ne parlerete prima dell'approvazione del Dpef?
"Mi pare che ci sia già un problema di rispetto delle procedure previste dal protocollo Ciampi del '93. Sarà difficile un confronto prima di venerdì, giorno entro il quale il governo sembra intenzionato ad approvare le linee del Dpef. Questo è un problema che ci fa entrare in una nuova fase di tensione".
Intanto sta arrivando alla sua conclusione l'iter parlamentare per la riforma della previdenza. Anche per voi la partita si sta chiudendo?
"No, per noi non si chiude nulla. Questa riforma continua ad essere sbagliata e va modificata prima che entri in vigore. Ci avevano detto che il trattamento dei fondi complementari contrattuali sarebbe stato più favorevole, poi hanno cambiato idea. Questo è un governo che prima dice una cosa e poi ne fa un'altra. In ogni caso è bene che si scordino la verifica del 2005 se non cambiano la riforma".


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