Repubblica: Perchè siamo un Paese sull'orlo del baratro
Nadia Urbinati
Il nostro paese è sul crinale di un baratro politico e criminale e non sarà questa maggioranza a ripristinare la fiducia nella politica e nei partiti. Come altre volte in passato, un´altra Italia sarà necessaria a rimediare al disastro di una violazione sistematica e proterva della legalità e del civismo, nella pubblica amministrazione come nella società civile (la quale non è per nulla innocente). Questa maggioranza non lo può fare per ragioni che sono politiche prima che giudiziarie, connaturate ad essa e al messaggio che ha in questi anni confezionato e propagandato per creare una sua solida base elettorale.
All´origine della difficoltà del premier e del suo governo di varare lo sbandierato provvedimento anti-corruzione c´è questa endogena incapacità (e impossibilità) di distinguere tra interesse e giustizia, di vedere la corruzione e soprattutto di rinunciare ai suoi sperimentati vantaggi elettorali. Questa incapacità e impossibilità è contenuta nel messaggio contraddittorio che viene da Palazzo Chigi. Infatti, se il sistema di malaffare che ci rende ancora una volta così vergognosamente popolari nel mondo è davvero opera dei proverbiali quattro gatti e di birbantelli, allora che bisogno c´è di un intervento urgente? Non ce n´è proprio. Ma allora, perché dar voce a questa nuova fanfara dell´emergenza quando nel frattempo si rappresenta lo stato delle cose in un modo che non giustifica alcuna impellenza?
Una spiegazione facile è che l´idea del fare pulizia è molto popolare; e quando si è a ridosso di elezioni e si vuole, si deve, incrementare la propria popolarità. La propaganda della pulizia può pagare, e soprattutto lo può per un tempo che si vuole limitato. Un anno e mezzo fa, per la precisione nell´autunno del 2008, il presidente del Consiglio aveva annunciato la creazione di una nuova unità speciale che avrebbe dovuto eliminare la corruzione nelle amministrazioni pubbliche e garantire più trasparenza. La task-force non doveva avere il compito di polizia, ma di "intelligence". Proponendo una politica dell´emergenza per fronteggiare l´emergenza corruzione, il capo del governo parlò allora della corruzione come di una antica patologia nel nostro paese.
Mai parole furono più vere, eppure chi si ricorda oggi di quella task-force? La propagandata fa rumore e passa, non si sedimenta nella memoria. E la nuova ondata propagandistica mira a fare proprio questo: mostrare che si vuol "fare"; usare una strategia moralizzante per creare una nebbia di malaffare nella previsione che, finita la campagna elettorale, l´oblio del circo mediatico che macina tutto così in fretta da non lasciare quasi traccia farà il suo corso. Proprio come la task-force di un anno e mezzo fa, tra qualche mese ci si ricorderà a mala pena di questo can can di nomi.
Ma c´è una ragione ancora più radicale che suggerisce di diffidare di questi propositi di mettere in piedi un´impresa di pulizia morale, una ragione sintetizzabile in una domanda: come può un´oligarchia che con tempo e fatica si è consolidata in questi anni di politica berlusconiana fare leggi contro se stessa e per auto-liquidarsi? Ecco allora che si comprende l´uso dell´espressione "birbantelli": pochi ed esemplari agnelli sacrificali serviranno a chiudere presto il caso e a rimettere in moto la macchina senza troppe perdite collaterali.
Entrambe queste ragioni – la propaganda della moralizzazione e l´esemplarità del fare – inducono a pensare che non siamo proprio a un ritorno al passato, ma semmai a una escalation e in effetti a un grande peggioramento rispetto a mani pulite atto primo. Poiché allora un´intera classe dirigente fu spazzata via, non solo alcuni birbanti (la tattica dei "mariuoli" di Bettino Craxi allora non funzionò); nessuno aveva il potere di creare salvagenti perché la fine della Guerra fredda aveva reso quella vecchia oligarchia arrugginita, vulnerabile e nuda. Ma questa nuova oligarchia ha costruito i suoi anti-corpi in un ambiente ben diverso, un ambiente non protetto da alleanze internazionali; essa è quindi più forte, più radicata e resistente di quella che vedemmo naufragare diciotto anni fa. Infatti, oggi esiste un´oligarchia che non è ancora sotto accusa da parte dell´opinione pubblica perché ha nel frattempo costruito una macchina per creare un´opinione pubblica addomesticata e recettiva ai disvalori pubblici, grazie in primo luogo all´uso monopolistico dei media e alla pratica sistematica di nascondimento del vero.
Propaganda ed esemplarità si alimentano a vicenda: dunque i proclami propagandistici sulle poche mele marce e la promessa di un decreto anti-corruzione affinché l´acqua torni presto nel proprio alveo e scorra come sempre. Ecco il paradosso: una politica che si presenta come moraleggiante e che è contemporaneamente sovvertitrice di ogni valore legale ed etico. Queste due dimensioni si sono per anni alimentate a vicenda generando quel mostruoso connubio di attenzione morbosa dei media e di altrettanto sconvolgente immutabilità delle cose, con la conseguenza di un peggioramento radicale della situazione legale e etica. È per queste ragioni che ci troviamo su un baratro dal quale questa maggioranza non può salvarci.