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Repubblica-PERCHÉ DIFENDO LA BATTAGLIA DELL'UNIVERSITÀ

PERCHÉ DIFENDO LA BATTAGLIA DELL'UNIVERSITÀ VALERIA MILITELLO Il profondo dissenso, che h...

09/10/2004
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la Repubblica

PERCHÉ DIFENDO LA BATTAGLIA DELL'UNIVERSITÀ
VALERIA MILITELLO


Il profondo dissenso, che ha già prodotto un'ampia e spontanea mobilitazione a Palermo e in altri atenei italiani, rispetto al testo del Disegno di legge sullo stato giuridico della docenza universitaria, continua impropriamente ad essere etichettato come la protesta dei ricercatori. Vorrei precisare che ha le sue radici nella preoccupazione che, con lo smantellamento dell'Università statale, che l'approvazione del Ddl comporterebbe, si comprometterebbe seriamente il futuro del Paese.
Non si spiegherebbe altrimenti la convinta partecipazione alla protesta di moltissimi professori i quali non hanno fatto mancare il loro voto alle tante mozioni approvate dagli organi di governo e collegiali di Palermo e di molti altri atenei italiani (si parla di oltre 100 mozioni e documenti). Se questi professori avessero voluto esprimere soltanto solidarietà ai ricercatori l'avrebbero fatto, sottoscrivendo un documento dai contenuti limitati alle sole questioni che riguardano i ricercatori. Invece, in tutti i documenti i docenti giudicano tale testo un ulteriore e deleterio passo sulla via della dequalificazione della formazione universitaria. Al di là di ostentate dichiarazioni di principio destinate ad essere vanificate dai fatti, il Ddl appare ispirato a un'idea di Università che non può essere condivisa da chi continua a credere in principi quali il primato della ricerca, l'inscindibile nesso tra ricerca e didattica, la maturazione dello studente e del futuro studioso attraverso il contatto continuo con chi appassionatamente e quotidianamente elabora (e non solo "trasmette") il sapere, l'indipendenza e la libertà della ricerca e dell'insegnamento.
Come rispondono gli studenti a questo? Con la preoccupazione che le lezioni non sono ancora cominciate e con la minaccia di chiedere il rimborso delle tasse. Aggiungo che al di là del Ddl, è sempre apparso incredibile l'aver concepito e poi rinnovato il blocco delle assunzioni per l'Università. Alcune considerazioni, quindi vanno fatte.
Se davvero - come annunciato - il blocco delle assunzioni non verrà proposto per l'anno a venire, ciò non può costituire motivo di particolare soddisfazione in quanto era doveroso non perseverare in un atto di dubbia legittimità.
Fino a qualche mese fa, gli scioperi che abbiamo fatto o la settimana di blocco della didattica (per sensibilizzare gli studenti) non interessava nessuno; adesso che si parte in ritardo con le attività didattiche fanno rumore.
Se la riapertura del dialogo sul Ddl con il Ministro è reale, dobbiamo considerarla frutto di quanto fatto finora. Ma allora perché non continuare a pressare per ottenere delle dichiarazioni ufficiali sul blocco dell'iter parlamentare.
Cosa succederà appena giungeremo alle date previste dai vari rinvii? Che i Presidenti dei Ccl faranno partire certamente i corsi di Laurea e là dove non ci saranno coperture di corsi, si dovranno trovare (e si sta già facendo) alternative o scappatoie del tipo, contratti, spostamento di corsi ad altro periodo, accorpamento di corsi, etc.; purtroppo, questo correla con l'impressione generalizzata che la maggior parte dei nostri studenti voglia un "pezzo di carta", da chi è fatto e come è fatto non gli importa, basta che noi veniamo incontro alle loro esigenze.
A questo punto ognuno di noi, a seconda di quanto ha creduto e crede in questa lotta, ed in base alla propria convinzione sull'attuale scenario politico che la sta accompagnando, è libero di decidere se proseguire con l'adesione, limitandosi al compito istituzionale previsto, ovvero facendo solamente il proprio dovere e nulla di più; questo porterà oltrettutto ad un censimento, che ci farà rendere conto di come sono strutturati i nostri Corsi di Laurea e di quanti pochi docenti reggono questa proliferazione di corsi inadatta ed inadeguata; il ridimensionamento alla prossima offerta formativa, alla luce di quanto, grazie alla protesta, è venuto fuori, va fatto, ed è un impegno che ognuno di noi (e soprattutto coloro che aderiscono alla protesta) deve continuare nei propri corsi di Laurea.
Chi, nella sua lungimiranza, guardando questo scenario, vuole rendersi correo della progressiva degradazione dell'Università statale?
(l'autrice è rappresentante dei ricercatori nel Senato accademico e ricercatore di Fisica applicata dell'Ateneo di Palermo)


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