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Repubblica: Per risparmiare tagliamo il futuro

Un uomo normale respira circa diciotto volte al minuto. Fate un esperimento: orologio alla mano, provate a respirare (inspirare, espirare) nove volte al minuto per un paio di minuti. Comincerete a capire come si deve sentire la ricerca in Italia: non muore, ma sopravvive in costante apnea

04/07/2006
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la Repubblica

AURELIO MAGISTÀ

Un uomo normale respira circa diciotto volte al minuto. Fate un esperimento: orologio alla mano, provate a respirare (inspirare, espirare) nove volte al minuto per un paio di minuti. Comincerete a capire come si deve sentire la ricerca in Italia: non muore, ma sopravvive in costante apnea. Apnea di risorse, di strutture, di prospettive. Esiste universale concordia sul ruolo strategico della ricerca per garantire il futuro del paese, la sua competitività, la sua capacità di innovazione. Ma in Italia i ricercatori sono la metà rispetto alla media europea e sono pagati malissimo. Non si tratta di un male caratteristico dell´università.
Il nostro paese investe circa l´1 per cento del pil nella ricerca, circa la metà della media europea, che comunque non arriva al 2 per cento, contro il 2,59 degli Stati Uniti e il 3,15 del Giappone. Se la competizione internazionale nell´ambito della ricerca fosse una gara di Formula uno, l´Europa non gareggerebbe certo per il podio, e l´Italia sarebbe il suo fanalino di coda. L´Unione europea si è data l´obiettivo di aumentare gli investimenti in ricerca fino al 3 per cento del pil entro il 2010, ma probabilmente non ce la farà. Intanto, in Italia è in corso il Programma nazionale della ricerca 2005-2007 che parte dai dati, disastrosi, relativi ad alcuni settori strategici. Il tessile e l´abbigliamento, per esempio, bandiera del made in Italy, spende appena lo 0,1 per cento del fatturato in ricerca, contro il 2 della Germania e il 2,1 del Giappone. Una recentissima indagine promossa dalla School of management del Politecnico di Milano in collaborazione con alcune aziende, ha rilevato che solo il 41 per cento delle piccole e medie imprese, di fatto la spina dorsale del nostro sistema produttivo, effettuerà nel 2006 almeno un investimento in ricerca, innovazione di processo, valorizzazione del marchio e internazionalizzazione. Si potrebbe continuare ancora molto a esaminare dati sconfortanti. La conclusione, tuttavia, è drammaticamente semplice: la ricerca universitaria sopravvive in apnea perché a non credere nella sua importanza sono prima di tutto le imprese, ovvero i soggetti che più di tutti dovrebbero essere in grado di percepirla come fattore strategico. Quindi, per risparmiare, cominciano tagliandosi il futuro.


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