Repubblica: Pensioni, trattativa appesa a un filo
Un tavolo "largo" convocato per domani prima del cdm sul Dpef Con ogni probabilità si parlerà solo del Documento e del tesoretto
Sullo scalone si profila un rinvio
Il premier ottimista sulla possibilità di trovare un compromesso
ROMA - Sulle pensioni, ancora niente accordo. E il governo passa un'altra giornata tentando la mediazione. Su un doppio fronte: da una parte la trattativa con i sindacati, che dopo la battuta di arresto della nottata è appesa a un filo. Dall'altra la tensione nella maggioranza. Gli ostacoli da superare restano molti, a partire dall'altolà del Prc e dei Comunisti italiani.
Prima il Dpef, poi lo scalone. L'esecutivo ha deciso di dare ancora tempo ai contatti bilaterali e ha convocato per domani alle 9.15, prima della riunione del Consiglio dei Ministri che dovrebbe esaminare il Dpef, un tavolo allargato anche alle associazioni datoriali. Ma il nodo dello scalone, molto probabilmente, verrà stralciato e rinviato a dopo il varo del Dpef. Quindi, domani mattina, l'esecutivo illustrererebbe alle parti sociali solo il Documento di programmazione economica e le misure che saranno contenute nel provvedimento sul "tesoretto", sulle quali c'è nella sostanza l'accordo, come la rivalutazione delle pensioni basse, la riforma degli ammortizzatori sociali e il rilancio della competitività.
Sullo scalone (il passaggio nel 2008 da 57 a 60 per gli anni necessari alla pensione di anzianità a fronte di 35 anni di contributi), dunque, governo e sindacati si prendono qualche giorno prima di riprendere il confronto. A questo punto la discussione potrebbe proseguire con tempi più lunghi per cercare di avvicinare le posizioni nella maggioranza e tra governo e sindacati entro i termini della presentazione della Finanziaria, quindi entro settembre.
Il presidente del Consiglio Romano Prodi resta comunque ottimista, perché se abolire lo scalone è impossibile, per il premier è altrettanto evidente che occorre trovare un compromesso alto e serio in tempi brevi.
Il confronto nella maggioranza. A rendere difficile lo stop totale all'innalzamento dell'età pensionabile, sarebbe il ragionamento di Prodi, sono questioni di cassa: difficile, infatti, togliere risorse a un platea ampia di persone che può usufruire del pacchetto totale delle riforme solo per favorire una piccola parte dei cittadini. La coperta non è infatti così lunga, si spiega a Palazzo Chigi, da accontentare tutte le richieste possibili.
Il governo è comunque al lavoro e i contatti con i sindacati proseguiranno anche nella notte per mettere in campo "ulteriori proposte", nella convinzione che il "consenso più ampio possibile" sia necessario anche per chiudere la partita della riforma dello stato sociale.
Rifondazione comunista e Pdci non sembrano però disponibili ad addolcire i toni e facilitare uno sbocco. Entrambi i partiti restano infatti fermi sulle proprie posizioni: no allo scalone e no anche agli scalini. L'unica concessione che Rifondazione è disposta a fare riguarda infatti gli incentivi per chi decide di restare al lavoro dopo i 57 anni.
Per lanciare un monito al governo scende in campo direttamente il presidente della Camera: il governo, dice Fausto Bertinotti, non può permettersi un fallimento perché "questo è il banco di prova della sua capacità di avere una politica in grado di ricostruire il consenso sociale".
A stemperare i toni non sono serviti molto neanche i colloqui paralleli tra il ministro del Lavoro Cesare Damiano, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta e il leader di Rifondazione Franco Giordano e quello fra il premier e il segretario del Pdci Oliviero Diliberto. A differenza di Sinistra democratica e dei Verdi, che sostanzialmente lasciano condurre la trattativa alla Cgil, i due partiti comunisti mostrano una posizione più dura anche se assicurano che non intendono scavalcare le parti sociali. Diliberto giura di voler giocare al rialzo, mentre Giordano ha un filo diretto con Guglielmo Epifani che ha sentito al telefono subito dopo aver lasciato Palazzo Chigi.
I sindacati. Dal canto loro, i sindacati restano ancora sul piede di guerra e chiedono al governo di presentarsi al tavolo con una proposta compatta, espressione di tutta la maggioranza.
I primi a muoversi oggi sono stati i dirigenti della Cisl. Al termine di una lunga riunione la segreteria confederale del sindacato di via Po ha ribadito la necessità di arrivare a una soluzione "equa e condivisa" e ha ripetuto che lo scalone "non può rappresentare motivo di rottura del negoziato", perché "il negoziato ha prodotto importanti avanzamenti" su temi importanti "quali gli ammortizzatori sociali, gli incentivi al secondo livello e le misure per i giovani". E anche sul tema della rivalutazione delle pensioni in essere "ci possono essere le condizione per una positiva conclusione del confronto". Per questo - ha concluso la Cisl - "il governo ripristini al più presto le condizioni negoziali per raggiungere nelle prossime ore un' intesa".
Il Direttivo della Cgil ha sottolineato come il confronto sia "importante quanto difficile" e ha chiesto al governo di formulare una proposta "che impegni tutta la maggioranza". Secondo la Cgil il confronto finora "ha permesso di realizzare sostanziali avanzamenti sul tema della rivalutazione delle pensioni, sugli ammortizzatori sociali, sulle tutele per i giovani", mentre sul superamento dello scalone ha confermato l'importanza del "principio dell'incentivazione alla permanenza che recupera flessibilità nell'uscita per pensionamento e valorizzazione della libertà di scelta del lavoratore", respingendo "fermamente la proposta presentata dal governo che prevede al posto dello scalone l'innalzamento progressivo dai 58 anni ai 62 anni con cadenza di 18 mesi per tutti i lavoratori e di 24 mesi per gli operai".
La Uil ha ribadito che "considera efficace, per l'innalzamento dell'età media effettiva di pensionamento, il ricorso agli incentivi su base volontaria" e "indispensabile la detassazione degli aumenti contrattuali basati sulla produttività". Negativo poi il giudizio sul comportamento del governo che "ha repentinamente mutato posizione e atteggiamento". Un "irrigidimento" che "ha impedito la prosecuzione del confronto". L'Ugl, con il segretario generale Renata Polverini, ha chiesto al governo di "dimostrare con i fatti la volontà di proseguire la trattativa".