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Repubblica-Omissioni e reticenze dei corsi di storia

Omissioni e reticenze dei corsi di storia CORRADO AUGIAS C aro Augias, siamo un gruppo di storic...

15/07/2004
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la Repubblica

Omissioni e reticenze dei corsi di storia
CORRADO AUGIAS


C aro Augias, siamo un gruppo di storici preoccupati dalle cosiddette "Indicazioni" ministeriali per l'insegnamento della nostra disciplina. Per cominciare, il processo che ha portato a quel testo non ha coinvolto le associazioni degli storici, né le associazioni di didattica disciplinare, né ha tenuto conto delle buone pratiche didattiche elaborate con i programmi del 1979 e del 1985, né, infine, ha dato agli editori il tempo per elaborare con perizia testi per la scuola elementare.

Le Indicazioni tendono ad imporre il senso comune storico e una visione ideologica di regime: vi si dice "comparsa dell'uomo" invece di "ominazione", si scrive "la civiltà europea dopo il Mille e l'unificazione culturale e religiosa dell'Europa: le radici di una identità comune pur nella diversità dei diversi sistemi politici" come se non ci fossero stati gli scismi e le persecuzioni dell'eterodossia e se il mondo bizantino non facesse parte dell'Europa. Si scrive pudicamente "l'apertura dell'Europa ad un sistema mondiale di relazioni: la scoperta dell'altro e le sue conseguenze" come se non ci fossero stati i colonialismi e i loro terribili misfatti.

Si scrive "la crisi della sintesi culturale, politica e sociale del Medioevo" come se fosse possibile pensare ad un'Europa medievale senza conflitti, senza differenze. Si scrive "la crisi dell'unità religiosa e la destabilizzazione del rapporto sociale" senza citare i protestantesimi e i cruenti conflitti generati dal radicalismo religioso. Si scrive "la competizione tra Stati e le sue conseguenze" tacendo ipocritamente sui fenomeni imperialistici; si scrive "i totalitarismi" per non nominare il fascismo e il nazismo.

Le Indicazioni non danno a tutti gli scolari un'uguale opportunità di formarsi poiché molti adolescenti che sceglieranno la formazione professionale non potranno più studiare la storia. Tendono a eliminare il legame tra la storia e l'educazione civica, riducono il tempo di studio della storia del '900, e, infine, riducono quello della storia nell'insegnamento.

Riteniamo le Indicazioni una minaccia per l'avvenire della storia nel nostro paese.

Proff. Alberto De Bernardi, direttore del Dipartimento, Ivo Mattozzi, Paolo Prodi.

A vevo già avuto occasione di scrivere che le Indicazioni ministeriali sulla storia erano inadeguate, per non dire preoccupanti. Questa lettera lo conferma. Essa condensa i risultati di un seminario svoltosi il 24 giugno scorso a Bologna nel quale alcuni storici del Dipartimento di storia di quell'università insieme a storici di altre università e a numerosi insegnanti di ogni livello scolastico, hanno dibattuto, con preoccupazione, i molti punti discutibili delle Indicazioni ministeriali. Sono abbastanza certo che quelle irragionevoli direttive non avranno una vera applicazione potendo prevalere il principio dell'autonomia degli istituti nonché l'amore per la materia e per la libertà dei singoli insegnanti. Resta che un libro di storia conforme alla lista dettata dal ministero assomiglierebbe a un manuale di regime, uno di quei testi dove le omissioni e le reticenze sono imposte da una "visione del mondo", obbediscono cioè a un'ideologia. Siamo di fronte a un "revisionismo" di tipo impositivo che accantona senza scrupoli i fondamenti storici d'una possibile convivenza laica. E' il caso di dire: una bruttissima storia.


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