Repubblica-Ogni 10 abitanti 4 pensionati Piano per il settore pubblico (compresa scuola)
Ogni 10 abitanti 4 pensionati Piano per il settore pubblico Quattro ipotesi del ministero del Welfare per la perequazione tra pubblico e privato Allarme sulle Casse di previdenza dei professioni...
Ogni 10 abitanti 4 pensionati Piano per il settore pubblico
Quattro ipotesi del ministero del Welfare per la perequazione tra pubblico e privato
Allarme sulle Casse di previdenza dei professionisti: entro il 2030 rischiano il crac
RICCARDO DE GENNARO
ROMA - Italia paese di pensionati. In Liguria e in Umbria ogni due residenti uno è in pensione. A livello nazionale, ci sono quattro pensionati Inps ogni dieci abitanti. Le regioni con meno pensionati sono quelle del Sud, coinvolte più tardi nel processo di industrializzazione e che scontano forse una maggiore presenza di ex dipendenti pubblici (qui non calcolati), in particolare Campania (28,2 per cento di pensionati sulla popolazione residente), Puglia (31,4) e Sicilia (32,1 per cento). Questi i dati elaborati dall'Ufficio studi degli artigiani di Mestre, che ha calcolato il tasso di pensionamento della popolazione italiana anche a livello provinciale. La provincia più "pensionata" è quella di Novara, seguono Trieste, Biella e Ferrara. All'ultimo posto figura la provincia di Napoli, che conta soltanto il 13,37 per cento di pensionati Inps sul totale dei residenti. La precedono Catania e Caserta.
La riforma della previdenza sarà l'oggetto dello scontro politico e sociale in autunno. Il governo non fa mistero delle sue intenzioni di intervenire sulle pensioni dei dipendenti pubblici (oltre che sfoltire le pensioni di invalidità e prevedere un contributo di solidarietà per le pensioni d'oro). Un documento predisposto dai tecnici del ministero del Welfare in vista dell'incontro sulle pensioni tra i ministri Tremonti e Maroni, prevede quattro ipotesi di estensione del periodo sul quale calcolare la pensione del dipendente pubblico, pensione suddivisa in quota A (retribuzione tabellare) e quota B (salario accessorio).
La prima ipotesi, giudicata la più facilmente praticabile, consiste nell'anticipare al 2004 il calcolo della pensione sugli ultimi dieci anni di retribuzione per quanto riguarda la sola parte del salario accessorio. Questo consentirebbe un risparmio di 2,8 miliardi di euro. L'ipotesi più "pesante" prevede, oltre a questo, di allungare a cinque anni il periodo di riferimento retributivo della quota A: in questo caso il risparmio sarebbe di 24,8 miliardi di euro nel 2004 e, cumulativamente, di 263,4 miliardi nel 2014. I sindacati stimano che in questo caso un insegnante con 40 anni di anzianità perderebbe 268 euro lordi mensili. Non solo: la pensione di un lavoratore con 35 anni di contributi aumenterebbe di 200 euro per gli statali, di 1.350 per i dipendenti degli enti locali, mentre calerebbe di 400 per gli insegnanti. L'equiparazione integrale tra regime Inps e regime Inpdap (terza ipotesi) comporterebbe invece, a differenza delle attese, un aumento della spesa previdenziale: i costi aumenterebbero di 35 milioni di euro già nel primo anno. La quarta ipotesi prevede un'unica quota pensionabile per tutti, calcolata sulla media degli ultimi dieci anni.
Martedì la Cgil Funzione Pubblica presenterà un'analisi del quadro delle pensioni dei dipendenti pubblici. Dallo studio emergerebbe che ci sono più ex lavoratori pubblici al Nord che al Centro o al Sud e che gli interventi previsti dal governo darebbero luogo a risparmi irrisori. Nel frattempo, il ministro Maroni esprime preoccupazione per lo stato delle casse di previdenza dei professionisti. Il Nucleo di valutazione sulla spesa previdenziale sostiene che entro il 2030 gli enti privati - oggi tutti attivi - consumeranno i patrimoni per pagare le prestazioni. Maroni convocherà i presidenti degli enti entro metà settembre: tra le ipotesi il passaggio al contributivo.