Repubblica-Nuovo decreto Moratti tutti a scuola fino a 18 anni
Da settembre il primo innalzamento dell'obbligo dal biennio iniziale delle superiori. Critica l'opposizione Nuovo decreto Moratti tutti a scuola fino a 18 anni GIANCARLO MOLA ROMA - A s...
Da settembre il primo innalzamento dell'obbligo dal biennio iniziale delle superiori. Critica l'opposizione
Nuovo decreto Moratti tutti a scuola fino a 18 anni
GIANCARLO MOLA
ROMA - A scuola fino alla maggiore età. Con la possibilità di alternare - a partire dai 15 anni - la frequenza delle lezioni in classe con periodi di lavoro nelle aziende private. Così prende corpo la seconda parte della riforma voluta da Letizia Moratti. Dopo aver ridisegnato il primo ciclo formativo (primarie e secondarie), il ministro dell'Istruzione ha scritto ieri una nuova pagina del suo progetto: il Consiglio dei ministri ha infatti approvato in via preliminare due decreti attuativi che ridefiniscono l'obbligo scolastico e aprono la strada all'intreccio tra attività in aula ed esperienze professionali.
Gli studenti avranno infatti il "diritto-dovere" di seguire il percorso formativo per almeno 12 anni e comunque fino al compimento del diciottesimo anno di età. "È una tappa storica nel processo educativo del Paese", ha commentato il ministro. "Si conclude così il cammino verso l'innalzamento dell'obbligo scolastico partito con la legge Casati del 1859, proseguito nel ?62 con l'elevazione a 14 anni e poi a 15 anni con la riforma Berlinguer".
Quella dei 18 anni, non è una novità assoluta. L'estensione dell'obbligo era stata prevista già dal centrosinistra nella passata legislatura. Solo adesso però la norma trova attuazione concreta, anche se graduale: a partire dal 2004-2005 il primo biennio del secondo ciclo diventerà gratuito. La riforma entrerà invece a regime negli anni successivi.
Sul decreto però è già scoppiata la polemica. L'opposizione non ha infatti gradito che il ministro Moratti abbia mandato in pensione l'espressione "obbligo scolastico" - che si legge anche nella Costituzione repubblicana - preferendo la formula del "diritto-dovere all'istruzione e alla formazione". Non cambia nulla nella sostanza, dicono gli uomini del centrodestra, ricordando che il decreto tiene in vita le sanzioni per i genitori che non mandano i figli a scuola e ribadisce i doveri di sorveglianza dei dirigenti scolastici e dei sindaci.
"La fumosità del concetto di diritto-dovere, che sarebbe inoltre graduale, è totale", dice la senatrice Ds Maria Chiara Acciarini. "Il decreto parla di due anni di scuola dopo le medie gratuiti, ma non obbligatori. Non è dato inoltre sapere quale scuola attende i ragazzi a settembre. Come saranno i licei, come saranno i corsi di formazione professionale?". La questione è dunque controversa. E per chiarire una volta per tutte come sarà la scuola del futuro bisognerà attendere il completamento della riforma, che contempla ancora i decreti attuativi sul secondo ciclo (l'attuale scuola superiore).
Da ieri si sa per certo, però, che a partire dai 15 anni i ragazzi potranno alternare scuola e lavoro. Gli istituti potranno stipulare convenzioni con le camere di commercio, con le imprese e con gli enti pubblici e privati. Gli studenti - sia dei licei sia degli istituti di istruzione e formazione professionale - avranno un tutor interno alla scuola e uno esterno, che li seguirà durante i tirocini in azienda. Le esperienze lavorative frutteranno crediti formativi che saranno riconosciuti anche dalla scuola.
In questo caso si tratta davvero di una novità. Che però divide. Per Letizia Moratti l'alternanza scuola-lavoro "mette a sistema le migliori esperienze già acquisite dalle scuole e consentirà ai ragazzi di acquisire oltre alle conoscenze di base, anche le competenze spendibili sul mercato del lavoro". Una posizione che gli industriali condividono in pieno: "Da oggi la scuola è più aperta al territorio e l'impresa diventa anche un luogo formativo. Gli studenti potranno apprendere anche fuori dall'aula come avviene nei paesi più avanzati. Così anche la scuola italiana entra in Europa", commenta infatti Confindustria. Di parere opposto il centrosinistra e i sindacati. "Nulla si dice su quante ore vanno dedicate alla formazione e quante al lavoro, nulla si chiede alle aziende, alle quali anzi già in alcune regioni le istituzioni scolastiche erogano finanziamenti per far ospitare i propri ragazzi", dice il segretario della Cgil scuola Enrico Panini. E Albertina Soliani, senatrice della Margherita, conclude: "Il percorso di istruzione e di formazione dei giovani non può essere appaltato alle imprese né ai tutor".