Repubblica-Niente alunni di serie B i ragazzi non sono robot"
LA PIAZZA Colori, slogan e rabbia tra maestri e mamme che sfilano sotto la grandine "Niente alunni di serie B i ragazzi non sono robot" Parola d'ordine, combattere l'istruzione d'élite Il m...
LA PIAZZA
Colori, slogan e rabbia tra maestri e mamme che sfilano sotto la grandine
"Niente alunni di serie B i ragazzi non sono robot"
Parola d'ordine, combattere l'istruzione d'élite
Il malumore ha mille voci e un nemico comune: il progetto della scuola-impresa
GIANLUCA MONASTRA
ROMA - Il malumore è un lungo fremito che attraversa il corteo colorato dagli striscioni. Ha mille voci e un nemico comune. Toni diversi, ma mai dissonanti. Si materializza negli slogan, sui cartelli graffiati dai pennarelli. E nelle parole di chi sfila per le strade di Roma. Maria Elena Sulis è una maestra di Cagliari. Dice: "Questa riforma è sbagliata, la gente si deve svegliare, ora, subito, senza perdere altro tempo. Anche il figlio di un operaio deve avere l'opportunità di diventare dottore come qualsiasi altro, invece col progetto del governo sarà sempre più difficile, diventerà un'impresa per molti impossibile. Ci vuole rispetto per i tempi di apprendimento dei bambini e non bisogna ampliare le differenze fra classi sociali". La protesta acquista una forma definita, scova un bersaglio fra i bersagli possibili, lo punta e denuncia. "La Moratti vuole una scuola classista, con una categoria d'élite e una serie B, bambini condizionati dall'ambiente di provenienza e dalle possibilità economiche, ecco la verità. Noi lo dobbiamo rifiutare, combattere, scongiurare", avvisa Paola, maestra bolognese. Il corteo avanza, ritma il dissenso. Reggae di Bob Marley e citazioni di Montesquieu, maschere bianche e tarantelle, sberleffi al lifting di Berlusconi e insulti al ministro Moratti. Antonio è un bidello, lavora nella scuola di un paese di montagna della provincia trentina. Ha un cartello protetto sotto l'impermeabile trasparente. "I ragazzi non sono mica robot - spiega - sono persone non macchine. Hanno bisogno dei loro tempi, dei loro spazi. Invece la riforma rende tutto più complicato. Non funziona, non funzionerà, per questo è importante essere qui, denunciarlo, far capire che la strada imboccata è sbagliata, senza uscita".
Ci sono molti angoli di Italia dietro gli striscioni del corteo. Napoli e Firenze, Genova e Siracusa, e poi Varese, Cremona, Caserta, Foggia, Salerno. E Roma. Quarto municipio, scuola elementare Caterina Usai, mezza dozzina di maestre schierate in fila, quasi a braccetto: "Così si distrugge il tempo pieno, la scuola costruita lentamente e a fatica sin dagli anni Settanta. Tutto porta alla disgregazione dell'unità scolastica e gli effetti saranno solo negativi". È un coro, come quelli che rimbombano lungo le strade del centro e sulle scalinate del Pincio, rimbalzando sino al palco montato in piazza del Popolo. In venti sono partiti all'alba dalla Toscana, Sinalunga, in Valdichiana. Si fermano sotto un loggiato per ripararsi dalla pioggia. Uno di loro attacca: "Troppi soldi finiscono alla scuola privata, il progetto è chiaro. Ma non ci piace, per niente. E poi la riforma penalizza la ricerca, in modo determinante. E una scuola senza ricerca non cresce, non si sviluppa, non ha futuro".
"Tremate, tremate le scuole son tornate", urlano professori in cravatta e ragazzi col piercing. Manuela, studentessa bresciana, è lì in mezzo a loro: "Non chiediamo chissà quali rivoluzioni, ma una scuola aperta a tutti. Eppure la Moratti non ci sente da questo orecchio, ci ignora, e intorno a noi, ogni giorno vediamo solo spuntare nuove scuole private". Altre anime del malessere, gli insegnanti precari. Salvatore, professore siciliano: "Non c'è un soldo, i finanziamenti dimagriscono sempre di più e io nel frattempo resto senza un posto fisso. Ho quasi quarant'anni, vivo con scampoli di supplenze, girando come una trottola e sperando che squilli il telefono per essere chiamato quando resto a casa senza una cattedra. Sinceramente non vedo una prospettiva luminosa, c'è poca voglia di investire nel pubblico e non credo possano aprirsi presto nuove opportunità". Sara, calabrese, altra insegnante precaria: "La Moratti uccide la scuola, siamo al collasso e forse questo in tanti ancora non l'hanno capito. Si schiaffeggia un pianeta già in difficoltà con una riforma sbagliata, non sarà un rilancio, ma un colpo di grazia".
Ancora slogan, rabbia, una bambina alza un poster col fumetto dei Simpson che ammicca dicendo: "Anch'io non voglio la riforma Moratti". C'è chi scatta foto col telefonino puntato verso la coda del serpentone, chi chiude con l'ultima bocciatura. Maria, insegnante barese: "Il governo parla di informatica e d'inglese. Ma la verità è che le ore per le lingue straniere diminuiscono, e in molte scuole i computer sono pochi. E magari pure scassati".