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Repubblica/Napoli: Un compito per il PD risollevare la scuola

Che cosa è mai, infatti, il disordine in cui siamo quotidianamente immersi, se non la prova irrefutabile della presenza sempre più debole e ininfluente dell´istituzione scuola nella nostra società?

14/09/2008
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la Repubblica

PAOLO FRASCANI

i discute se far vivere il Partito democratico napoletano prima o dopo il tesseramento degli iscritti e vengono al pettine i nodi di contrapposizioni ben radicate nella storia e nel sistema di potere del centrosinistra. Il linguaggio usato è quello delle parole d´ordine tipiche del ristretto circuito dei professionisti della politica: si mostra attento, quasi pudico, nel non coinvolgere la gente comune, suscitandone entusiasmi ed emozioni. Il cittadino che si riconosce nel partito dei riformisti non capisce e si domanda, invece, perché sia così difficile far cambiare rotta alla nave dei democratici in balia delle onde, affidandola, fuor di metafora, a qualcuno capace di parlare alle sue ansie e alle sue aspettative. Le occasioni per riaprire questo dialogo non mancano e sono offerte dai fatti di ogni giorno, resi sempre più gravi dalla situazione economica e delle scelte del governo.
Prendiamo il caso della scuola. Il tormentato ritorno nelle aule di docenti e studenti si iscrive in un più ampio movimento di reazioni a catena innestate su scala nazionale dalle decisioni del ministro Gelmini. Ma da noi acquista tinte più forti e drammatiche. A Napoli non si tratta solo di evitare che alcune migliaia di maestri passino dal precariato alla disoccupazione, né di trovare il modo di incrementare il flusso di risorse destinate a migliorare la qualità dei servizi, come ha spiegato, su queste pagine, Luigi Nicolais. È l´intera filiera della formazione a mostrare i segni della difficoltà di corrispondere alle esigenze di una società in ritardo di sviluppo e in profondo disagio culturale e civile.
La scuola napoletana traballa anche per l´incapacità dell´intera collettività di valorizzarla e di sostenerla. È esemplare il caso degli edifici scolastici destinati al ricovero dei senza tetto. Nemmeno il carismatico professore missionario interpretato da Sergio Castellitto nel buon serial televisivo messo in onda da Canale 5, si è dovuto confrontare con lo spettacolo di devastazioni di luoghi e arredi di edifici scolastici ospitanti gli sfollati del centro storico. E non meraviglia che, in controtendenza al sostegno dato all´edilizia scolastica dagli enti locali - la Provincia in particolare - spicchi l´agghiacciante dato dell´abbandono scolastico del 60 per cento degli allievi bocciati al primo anno delle superiori.
Sono fatti che rivelano uno scollamento tra scuola e società che merita di non essere archiviato tra i tanti elementi della anormalità napoletana. Fanno infatti riaffiorare la endemica arretratezza culturale di vaste aree sociali, in cronico ritardo nell´acquisire adeguati livelli di scolarizzazione fino all´affinamento culturale e scientifico perseguito attraverso l´impegno e la selezione meritocratica.
È un esito che tocca il cuore delle nostre quotidiane vicissitudini, Che cosa è mai, infatti, il disordine in cui siamo quotidianamente immersi, con la diffusa resistenza a seguire regole e comportamenti civicamente condivisi, se non la prova irrefutabile della presenza sempre più debole e ininfluente dell´istituzione scuola nella nostra società? E possiamo continuare a far gravare questioni di tal rilevanza sulle sempre più fragili spalle di un corpo docente precario e demotivato, pensando di poterle governare e risolverle a distanza, dalle stanze lontane e ormai ostili del ministero romano, senza che anche la politica e l´intero sistema della società civile locale, se ne facciano in qualche modo carico?
La scuola a Napoli è, come la camorra, un´emergenza primaria e va posta, con tutti i suoi risvolti simbolici e culturali, al centro del progetto di rinnovamento complessivo della città. Deve diventare, con l´intero sistema della formazione, il punto di riferimento di un integrato programma di sostegni economici compensativi, almeno in parte, dei tagli indiscriminati proposti dal governo centrale, ma ambire anche a essere il laboratorio di pratiche didattiche e di sperimentazioni innovative rispondenti alle esigenze del territorio.
C´è ne abbastanza per mettere in scena una rappresentazione di successo per un Pd capace di tirarsi fuori dal vortice autolesionista in cui sembra attualmente immerso. Basti pensare al potenziale di energie e di intelligenze che ruotano intorno al mondo dell´istruzione. Il copione di una politica di tal genere prevede, però, anche l´attribuzione di altre parti di rilievo. Imprese e università devono collegarsi al già vitale universo del volontariato e dell´associazionismo di quartiere. Ma l´istituzione che si accolla l´onere di formare i nuovi docenti deve fare di più. Non può dismettere, come finora è spesso avvenuto, un ruolo di ulteriore guida e sostegno nei confronti del mondo della scuola. Deve aprirsi ad aggiornamenti continui e a forme di tutoraggio e di stabile comunicazione. È un compito che onora, del resto, un debito contratto, da molti di noi, in un passato ormai lontano, quando la claustrofobica e autoritaria scuola della nostra giovinezza seppe insegnarci, ben prima dell´università, i fondamenti del nostro mestiere.


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