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Repubblica/Napoli: Precari polverizzati

Franco Buccino

20/02/2009
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la Repubblica

I riflettori dei media nazionali si sono accesi sui precari della scuola. Trecentomila persone (60 mila lavorano in Campania) che fanno parte del sistema dell´istruzione nel nostro Paese.

Si parla soprattutto dei precari disperati e spregiudicati nel far punti e nel cercare di sopravvivere, un precario che compra, baratta e vende, se è necessario, i suoi diritti e la sua dignità. Riflettori puntati perfino sugli "aversani" che tutte le mattine si recano a Roma in treno e aspettano a Termini la telefonata che annuncia un giorno di supplenza, o si insegna senza guadagnare, in nome del punteggio. Ma è giusto, ora, parlare anche del supplente annuale o insegnante a tempo determinato. Che non si distingue dall´insegnante di ruolo se non perché rimane per un solo anno su una cattedra. I supplenti annuali sono del tutto uguali ai colleghi di ruolo in responsabilità, compiti, funzioni e professionalità. E così sono percepiti dagli studenti, dalla famiglie, dalla scuola, perfino dall´amministrazione: senza supplenti annuali, ad esempio, non si farebbero gli esami di Stato. Ma più semplicemente non si farebbe lezione, le scuole si bloccherebbero.
L´obiettivo dovrebbe essere quello di stabilizzare i docenti con incarichi annuali. E invece no. Una proposta che circola è quella di eliminare le graduatorie e azzerare le posizioni individuali. Ripartire tutti da zero. Così, si dice, le scuole selezionano solo gli insegnanti più bravi. È un´utopia diffusa e popolare: vorremmo gli insegnanti migliori, come i medici più esperti, gli impiegati pubblici più efficienti, eccetera. Neanche ci sfiora il dubbio che forse non è una questione di addetti. Ma, tornando alla scuola, la proposta di eliminare le graduatorie l´avanza la fondazione Agnelli dentro un´ipotesi più complessiva di riorganizzazione, con tanto di albi, di bandi da parte delle scuole, di retribuzioni differenziate, di un sistema di valutazione, di un´effettiva autonomia delle scuole. Una proposta che andrebbe discussa e approfondita, e secondo me bocciata perché sposa la privatizzazione. Ma, lo dico in termini provocatori, se passasse dovrebbe riguardare tutti gli insegnanti e dirigenti, e non solo i supplenti, i precari, i giovani: se le scuole chiamano loro i docenti, li devono chiamare tutti. Altrimenti? Altrimenti c´è il trucco.
La Gelmini partecipava alla presentazione dello studio della fondazione, e accondiscendeva alla proposta. Azzerare le graduatorie e passare alla chiamata diretta da parte delle scuole per colmare i vuoti d´organico: a prima vista non si riesce a capire quali vantaggi deriverebbero all´amministrazione. Intanto, il tutto sarebbe molto più complicato da gestire, perché si tratterebbe di sostituire a un unico e collaudato sistema centrale di reclutamento, regionale o provinciale, tanti piccoli sistemi quante sono le scuole. Anche in termini di trasparenza diverrebbe più difficile il controllo di eventuali errori e favoritismi, e aumenterebbe il contenzioso. Sul versante professionale la chiamata diretta, anche con il bando, non garantirebbe più della chiamata secondo l´ordine delle graduatorie. Per i precari sarebbe come muoversi in una giungla e dovrebbero sperare non più nel buon punteggio, ma nella buona sorte.
Allora viene da chiedersi perché la proposta non è stata immediatamente archiviata. La risposta è semplice. Si otterrebbe di frantumare il precariato della scuola in diecimila precariati, quante sono le scuole; di effettuare i tagli da una cabina di regia nazionale; di ridurre i diritti e le tutele contrattuali dei lavoratori. Ridurre la spesa, sguarnire le scuole, rendere i precari innocui e senza pretese erano proprio gli obiettivi perseguiti da tutti i governi di centrodestra, e non solo, senza successo. Ora la Gelmini potrebbe illudersi di riuscirci e passare alla storia. Sta alle scuole non cadere nel tranello della "chiamata diretta" e agli insegnanti, di ruolo e non di ruolo, rimanere saldamente uniti.


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