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Repubblica-Napoli-È polemica sul test ministeriale

Distribuiti migliaia di questionari agli alunni di prima e quarta elementare. Obiettivo: misurare le capacità di studenti e insegnanti È polemica sul test ministeriale I bambini sot...

25/04/2005
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la Repubblica

Distribuiti migliaia di questionari agli alunni di prima e quarta elementare. Obiettivo: misurare le capacità di studenti e insegnanti
È polemica sul test ministeriale
I bambini sottoposti a regole severe: tempi ristretti e nessun aiuto
In numerose scuole è scattata la rivolta di genitori e docenti "Queste domande mortificano l'intelligenza"
BIANCA DE FAZIO


Oltre 200 mila studenti della Campania sono chiamati, in questi giorni, a misurare le loro conoscenze e a confrontarle con quelle dei coetanei di tutta Italia. Dieci giorni di test, uguali per tutto il territorio nazionale, sui quali piovono le polemiche: la scorsa settimana è toccato ai bambini delle seconde e delle quarte elementari, da mercoledì sarà il turno degli alunni di prima media. Ma in alcuni istituti l'operazione è stata boicottata. Da settimane, da quando l'Invalsi - l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione - ha spedito in tutte le scuole del Paese i test, si levano voci di dissenso altissime. Genitori, insegnanti, interi collegi dei docenti schierati contro un sistema che vuol misurare conoscenze e capacità apponendo crocette.
Funziona così. L'Invalsi ha deciso, dopo le sperimentazioni degli anni scorsi, le tre materie da testare: italiano, matematica e scienze. Poi ha preparato - grazie ad aziende selezionate con un bando europeo - i questionari da somministrare agli alunni, accompagnandoli con istruzioni rigidissime per i docenti che devono occuparsene: tempi prefissati e ristrettissimi; impossibilità assoluta di aiutare gli studenti; controlli rigidissimi per evitare che gli alunni si confrontino tra loro; contestualità dei test in tutte le scuole (inizialmente si prevedeva che l'operazione avvenisse contemporaneamente su tutto il territorio nazionale, poi le difficoltà organizzative hanno fatto optare per calendari regionali). Finiti i test, tutto tornerà nelle mani dell'Invalsi, che darà i voti ai ragazzini (e ai loro insegnanti). Quanto basta per scatenare la bagarre nelle scuole che insegnano a pensare e a riflettere prima di rispondere, nelle scuole che prediligono il ragionamento e la creatività, il confronto e la cooperazione. Il contrario, insomma, di quanto prescritto dall'Invalsi per queste prove. Tant'è, dagli istituti è partito il tam tam del dissenso. Che nei giorni scorsi ha portato alcune scuole napoletane, ad esempio, a rifiutare le prove. I genitori dei bambini che frequentano una delle scuole di punta della città, il 73esimo circolo di Bagnoli si sono riuniti in assemblea apposta per dire il loro no alla partecipazione dei bambini ad una prova "che umilia le loro intelligenze". E il collegio dei docenti s'è espresso analogamente rifiutando di somministrare i questionari agli scolaretti. E non è l'unica scuola ad aver detto no. Il virus della disobbedienza s'è propagato più o meno silenziosamente. E se ci sono istituti che hanno preso ufficialmente posizione - è anche il caso dell'istituto comprensivo "Plinio" di Bacoli, i cui docenti hanno stilato un documento per esprimere "la propria contrarietà ai test in questione" - in moltissimi la disobbedienza s'è tradotta, o sta per tradursi, in una mancata osservanza delle regole imposte dall'Invalsi: niente tempi ristretti per le prove, dialogo concesso tra gli alunni e i docenti, aiuti esplicitamente forniti ai ragazzini in difficoltà sulle risposte. Ce n'è abbastanza, insomma, per invalidare la presunta oggettività delle prove. In forte dissenso, tra gli altri, il 28esimo circolo didattico di Chiaiano ed il 13esimo di Napoli. Un esempio che circola tra gli insegnanti spiega bene parte del rifiuto dei test Invalsi. A una classe viene sottoposto il seguente esercizio di logica: c'è un cucchiaio da una parte, una tazza ed una scarpa dall'altra. Dove mettere il cucchiaio? Tutti gli alunni lo piazzano nella tazza. Tutti tranne uno, che lo infila nella scarpa. Perché? E il ragazzino risponde: "Così ridiamo un po'". Un risultato che non può esser valutato secondo i criteri di oggettività cari alla Moratti.
Solo gli studenti delle scuole superiori hanno ufficialmente la possibilità di partecipare ai test volontariamente, mentre l'obbligo è scattato per 62 mila scolaretti di II elementare e per altrettanti di IV, e per quasi 80 mila di I media.


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