Repubblica-Miti e fallimenti dei servizi pubblici
Miti e fallimenti dei servizi pubblici RALF DAHRENDORF Come giudicare la qualità dei servizi pubblici? È una domanda più capziosa di quanto si possa pensare. In alcuni casi la rispost...
Miti e fallimenti dei servizi pubblici
RALF DAHRENDORF
Come giudicare la qualità dei servizi pubblici? È una domanda più capziosa di quanto si possa pensare.
In alcuni casi la risposta sembra abbastanza semplice: si tratta di vedere se i treni viaggiano in orario. Ma è davvero questa la sola cosa che ci aspettiamo dai treni?
No di certo. Occorre inoltre che siano sicuri e offrano un ragionevole livello di comodità. E gli orari devono non solo essere rispettati, ma anche ben calcolati, con i giusti intervalli. E soprattutto, le tariffe devono essere abbordabili. Quanto più l'elenco dei requisiti si allunga, tanto più appare evidente che sebbene la puntualità sia il criterio più facile da misurare, è soltanto una delle caratteristiche richieste, e forse neppure la più significativa.
Quest'esempio è emblematico per la politica dei servizi pubblici, oggi al centro del dibattito in molti paesi a causa dei grandi problemi legati ai tagli alle imposte e di varie voci della spesa pubblica. Al passo con lo spirito dei tempi, i governi adottano criteri commerciali per misurare l'efficienza, e più in generale il "successo" dei servizi pubblici. Ma per farlo devono innanzitutto stabilire una serie di traguardi, o obiettivi di rendimento.
I ministri proclamano ad esempio che entro la prossima primavera la criminalità urbana sarà dimezzata. Oppure si fissano l'obiettivo quinquennale di elevare del 50% il numero degli studenti universitari, o quello biennale di abbreviare di un terzo i tempi delle liste d'attesa per i ricoveri ospedalieri: un metodo che apparentemente dovrebbe consentire di valutare a lungo termine l'operato dei governi, chiedendo conto ai politici di turno del conseguimento degli obiettivi fissati.
Ma sono davvero questi i risultati che vogliamo? Certo, gli esempi di cui sopra sono tratti dalla vita reale; ma nella vita reale la corsa al raggiungimento di un dato obiettivo può anche avere curiosi effetti collaterali.
Per ridurre i tempi delle liste d'attesa ospedaliere i medici sono stati indotti a trattare le malattie lievi nel modo più sbrigativo, e addirittura a rifiutare l'accettazione dei casi più gravi. Il rapido aumento del numero degli studenti universitari ha comportato un abbassamento del livello dei requisiti richiesti per l'ammissione, squalificando i diplomi di laurea. Dal canto suo, la polizia, sollecitata a ridurre la criminalità urbana, omette spesso di registrare determinate categorie di reati.
In breve, condizionare il sostegno a un governo al conseguimento di determinati obiettivi vuol dire esporlo alla tentazione quasi ineluttabile di ostentare successi più apparenti che reali.
Oltre tutto, in molti servizi pubblici la componente software, come ormai si usa dire, prevale sullo hardware, cioè sui fattori materiali. Per fare un buon ospedale non basta la più sofisticata delle sale operatorie. Il ruolo della scuola non è solo quello di sfornare un certo numero di diplomati. In genere, i servizi sociali hanno bisogno di tempo - soprattutto del tempo di coloro che prestano le cure e l'assistenza. E sono spesso chiamati a rispondere a emergenze impossibili da prevedere, e del tutto incompatibili con l'attuale mania dei traguardi.
Ovviamente, il pubblico denaro non va sprecato. Ma anche su questo punto sorgono vari problemi.
Si consideri ad esempio il finanziamento pubblico della ricerca scientifica, ricordando che il procedimento sperimentale, "per tentativi ed errori", è nella natura stessa della ricerca. Ogni volta che si è aperta la strada a nuove scoperte, è stato sempre al prezzo di tutta una serie di tentativi falliti, o finiti in un vicolo cieco. Decisioni come quella di finanziare solo ricerche di sicuro successo, mirate a un risultato preciso, finirebbero quasi certamente per costringere chiunque intenda dedicarsi a ricerche innovative ad emigrare verso istituzioni o paesi più generosi, disposti a valutare in maniera più articolata il rapporto tra i fondi necessari per una ricerca e le sue probabilità di successo.
Ma una volta accolte queste premesse resta un interrogativo: come garantire che i pubblici servizi siano gestiti con un ragionevole grado di efficienza, e con risultati corrispondenti alle intenzioni dei governi e alle aspettative dei contribuenti?
Una delle possibili risposte a questa domande riguarda non tanto il risultato quanto l'input ? o in altri termini, la qualità dei gestori e degli operatori dei pubblici servizi e l'etica alla quale si ispirano. Su questo piano, l'analogia con le attività commerciali si rivela semplicemente inadeguata.
Nella vecchia scuola della pubblica amministrazione francese le materie d'insegnamento comprendevano, accanto alle nozioni tecniche pertinenti, l'etica dell'impegno civile. In paesi quali la Gran Bretagna e la Germania, per i pubblici funzionari di un tempo l'efficienza e lo scrupolo nell'espletamento del proprio lavoro era una questione d'onore. L'essere umano non è motivato esclusivamente dall'interesse egoistico o dall'impulso caritativo, ma anche dallo spirito di servizio, che dev'essere coltivato.
Sull'altro versante, quello dei risultati, alcuni obiettivi rimangono validi: è importante che i treni arrivino in orario. Ma al di là di questi obiettivi entra in gioco il giudizio dei destinatari diretti di questi servizi sul piano umano. Ecco perché è così importante la partecipazione dei genitori ai consigli di d'istituto, o quella degli utenti nei Comitati per il trasporto pubblico, o dei rappresentanti dei pazienti nella gestione degli ospedali.
A prima vista, questi organismi possono sembrare deboli, e spesso sono subiti con fastidio dai professionisti. Ma di fatto, essi costituiscono un insostituibile strumento di controllo per far fronte alla negligenza o all'inefficienza dei fornitori di servizi pubblici.
Dovremmo guardarci da una concezione eccessivamente commerciale del servizio pubblico. In certi periodi e in determinati paesi, alcuni servizi che non dovevano necessariamente rimanere pubblici hanno dovuto essere privatizzati e gestiti secondo criteri commerciali per migliorarne il funzionamento, o anche per impedire il loro collasso. Ma i servizi pubblici fondamentali nel campo della sanità, della scuola, dei trasporti e in alcuni altri settori avranno sempre, per l'appunto, il carattere di servizi. E quindi vanno valutati in base a criteri troppo complessi per poter coincidere con obiettivi misurabili.
Copyright Project Syndicate/ Institute for Human Sciences, 2003
(Traduzione di Elisabetta Horvat)