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Repubblica-Milano- Noi professori e il dilemma degli spinelli nella scuola

LE IDEE Noi professori e il dilemma degli spinelli nella scuola MARCO FOSSATI* Caro ...

09/10/2004
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la Repubblica

LE IDEE
Noi professori e il dilemma degli spinelli nella scuola
MARCO FOSSATI*


Caro direttore, chissà come si sente il nostro studente del Berchet, ci si chiedeva ieri su queste pagine. Lui e i suoi compagni si sentirebbero certamente meglio se venissero spenti i riflettori puntati su di loro. Perché, in questa vicenda, non c'è niente di eccezionale: nessuno, genitore o insegnante, che abbia a che fare con i giovani si stupisce di sapere che tra di loro girano gli spinelli ma nessuno, anche, dovrebbe stupirsi che venga preso un provvedimento disciplinare nei confronti di un ragazzo che si è fatto sorprendere a farsi una canna nel cortile della scuola
Il punto infatti non è se farsi una canna faccia male, poco male o addirittura bene (su questo aspetto personalmente condivido le preoccupazioni di Segio nel tener distinti i piani fra droghe leggere e pesanti e tra consumo, abuso e dipendenza). Il punto è che non si fanno le canne a scuola. Questa è la regola, elementare, che è stata violata. E la violazione è stata pubblica, nel cortile dell'istituto, durante l'intervallo, e anche questo è un aspetto che non va trascurato. Perchè la responsabilità educativa della scuola deve esercitarsi verso lo studente diciottenne che si sta preparando uno spinello, ma anche verso le decine di quattordicenni che lo stanno a guardare (al Berchet siamo più di 1200) e che capiranno, da quello che succederà poi, se le norme che ci diamo per regolare la nostra vita sociale sono un puro esercizio retorico o hanno un valore. Faccio un esempio per cercare di spiegarmi: se vedo uno studente che copia durante un compito in classe, posso far finta di niente, come capita centinaia di volte. Ma se decido di intervenire e rendo pubblico che ho visto quello che sta facendo, non lo manderò a san Vittore, come Zanchi mi raccomanda di non fare, ma non posso evitare di prendere un provvedimento. Altrimenti è meglio che rinunci a fare compiti in classe.
Dunque è stato un bene, secondo me, che al Berchet si sia decisa una punizione per lo studente che si era fatto una canna il primo giorno di lezione e chiedergli di svolgere un'attività utile alla scuola mi sembra, fra le tante possibili, una buona soluzione, anche sotto il profilo simbolico. Ma era anche necessario segnalare la cosa all'autorità giudiziaria? Qui la risposta è meno scontata anche se io sono del tutto d'accordo con chi ha detto che vanno a ogni costo tenute distinte la funzione educativa della scuola da quelle repressive della polizia e della magistratura. Ma che cosa avrei fatto se mi fossi trovato al posto del preside? Forse avrei dato retta a un mio amico avvocato secondo cui un illecito amministrativo (e non un reato) come il consumo di cannabis non comporta obbligo di denuncia. O forse, dopo quanto è successo al Majorana, avrei anch'io alzato il telefono e chiamato la questura. E' anche per non trovarmi davanti a dilemmi di questo tipo che preferisco fare l'insegnante invece che il preside.
MARCO FOSSATI
*Insegnante del liceo classico Berchet


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