Repubblica/Milano: Nella scuola dove nove bimbi su dieci sono stranieri
Ci sono bambini di 24 nazioni diverse. I più numerosi vengono da Egitto e Marocco Fondi speciali, docenti in più, corsi di danza e computer. Però rischia di restare un ghetto
L´elementare di via Paravia è un modello d´integrazione Ma ogni anno perde iscritti
ZITA DAZZI
In prima A i bambini sono tutti stranieri, tranne uno. Il figlio di una coppia mista. Dalla seconda in poi, due o tre alunni italiani per classe ci sono. Ma ugualmente il colpo d´occhio che plana fra i banchi della scuola primaria intitolata al pedagogo «Giuseppe Lombardo Radice», in via Paravia 83, porta il visitatore con l´immaginazione dalla periferia di San Siro alla banlieu parigina. In questa scuola elementare a due passi dallo stadio di S.Siro gli alunni immigrati sono infatti arrivati all´89 per cento, facendone la scuola più multietnica di Milano. «Da quando sono arrivata qui - ammette francamente Agnese Banfi, dirigente da cinque anni - l´emorragia di iscritti italiani è stata continua. Perdiamo una classe all´anno e la percentuale di immigrati continua ad aumentare. In questo momento abbiamo 24 etnie con solo un centinaio di iscritti, un quarto della capienza potenziale».
Ed è un peccato che le famiglie italiane che abitano nelle case popolari di piazza Segesta e via Mar Ionio disdegnino questo istituto, grande e ristrutturato di fresco, con un bel giardino e un attrezzato laboratorio di informatica. Perché qui le istituzioni hanno deciso di investire scommettendo sull´integrazione. Arrivano fondi dal Comune, dall´Ufficio scolastico regionale, dal consolato del Marocco, dalla Regione e dalla Fondazione Cariplo. Il volontariato aiuta i bambini nei compiti e le mamme, anche se vengono dagli antipodi, organizzano feste per conoscersi a scuola.
Da quest´anno la Fondazione Cariplo assieme all´Ismu ha scelto proprio l´elementare di via Paravia, assicurando un finanziamento triennale e personale di supporto, per «sperimentare un modello di accoglienza e di intercultura riproducibile in tutte le scuole dove la presenza di stranieri è importante. Bisogna investire per uscire dalla logica delle "classi ghetto"», come spiega il portavoce Marco Bolis.
La scuola è un bell´edificio a due piani, le facciate di un rosa acceso d´altri tempi. Le scale rivestite di marmo, come si faceva negli anni Trenta - data di costruzione dell´edificio - , mosaici originali dell´epoca e infissi appena restaurati. Alle pareti, i disegni dei bimbi arrivati dal mondo. Amine, Raduan, Osama, Mohamed, Jasmina, Mirjeta hanno portato i loro ricordi da luoghi lontani: mari abitati da grandi pesci, spiagge, capanne, foreste. I pochi bimbi italiani non trasferiti dai genitori nella scuola delle suore poco distante, sorridono tranquilli. Tra le mamme, all´uscita, qualcuna mugugna: «Ci sono troppi immigrati, ormai noi milanesi Doc siamo in minoranza».
In effetti, i bimbi della «Lombardo Radice» a casa parlano l´egiziano e lo spagnolo, le lingue slave e gli idiomi asiatici. Ma un maestro arabo mandato dal consolato marocchino, nel pomeriggio insegna l´italiano anche alle mamme. I bambini, in assenza di mediatori culturali, si improvvisano traduttori, se le maestre sono in difficoltà nella Babele della classe. Ma a differenza di tante altre scuole, anche del centro, alle elementari di via Paravia c´è una fornita biblioteca (multilingue), un corso di sport tenuto dalla società Massironi Marchese e uno di danza, insegnata da un´ex prima ballerina della Scala. Le vecchie maestre che hanno allevato generazioni di bambini sono ancora al loro posto, ma le giovani supplenti che entrano in quelle classi così colorate, a volte, scappano a gambe levate. «Una paura immotivata. Questa esperienza io la difendo - spiega la dirigente - . È un laboratorio per il futuro. Certo, se la direzione scolastica ci assicurasse un regime speciale, sarebbe tutto più facile»
Ma se le famiglie delle case popolari continueranno a fuggire verso scuole «meno multietniche», quella realizzata con tanti sforzi sarà un´integrazione solo fra immigrati, con la lingua italiana come veicolo principale. In prima, per esempio, la maestra parla davanti a sette ragazzini egiziani, sei marocchini, un´ecuadoriana, una macedone, una brasiliana, un filippino: un corso di alfabetizzazione vero e proprio, dato che la maggior parte degli alunni, quando entra a scuola per la prima volta, della lingua di Dante non conosce una parola.