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Repubblica-Milano-"Gruppi studio e turni di ramazza così ci siamo presi la Statale"

L'INTERVISTA Paolo, 20 anni, studente di Filosofia: nessuna nostalgia del '68, controllavamo che nessuno facesse danni "Gruppi studio e turni di ramazza così ci siamo presi la Statal...

08/11/2005
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la Repubblica

L'INTERVISTA
Paolo, 20 anni, studente di Filosofia: nessuna nostalgia del '68, controllavamo che nessuno facesse danni
"Gruppi studio e turni di ramazza così ci siamo presi la Statale"
l'autocritica Nelle riunioni parlavamo solo di questioni organizzative: agli altri non interessavano e perciò non ci hanno seguito
TERESA MONESTIROLI


Paolo ha vent'anni e da due studia filosofia all'università Statale. È stata la sua prima occupazione?
"No. Quando ero al liceo Parini abbiamo occupato la scuola".
Ha sempre dormito in università?
"Sempre, tranne l'ultima notte".
Qual è stato il suo ruolo nell'occupazione? Cucine o servizio d'ordine?
"Io facevo parte del "gruppo riforma". Abbiamo studiato la legge della Moratti e quelle precedenti e abbiamo steso un documento in cui esponiamo le nostre idee sull'università e le nostre proposte".
I suoi genitori erano d'accordo con l'occupazione?
"Sì, ma l'hanno anche criticata. Hanno vissuto il Sessantotto e, ovviamente, mi hanno detto che queste forme di protesta le avevano già fatte loro. Noi non siamo una generazione di nostalgici come molti ci hanno definito. A noi interessa il presente e il futuro, ma non dimentichiamo il passato".
È stata un'occupazione molto ordinata. Come mai questa mania per le pulizie?
"Non volevano dare il fianco alle possibili strumentalizzazioni contro di noi. Per questo siamo stati molto attenti a tenere pulita l'università e a controllare gli ingressi. Gli unici danni che si possono contare sono alcune scritte contro il gruppo di Comunione e liberazione che non siamo riusciti a evitare".
Ha mai avuto paura dello sgombero?
"No. Sarebbe stato il primo caso in Italia di un'università sgomberata e credo che sarebbe diventato un problema di ordine pubblico".
Ora che l'occupazione è finita il bilancio è positivo o negativo?
"Positivo. Dopo anni di deserto, l'occupazione è servita a far nascere un movimento di studenti che ha discusso sullo stato dell'università e sui problemi della riforma. In dieci giorni abbiamo elaborato un documento con delle proposte concrete per migliorare la vita in ateneo e il futuro lavorativo degli studenti. Questo è un punto importante da cui partire".
Nessuna critica?
"Certo. Abbiamo fatto un errore e ne siamo consapevoli: non siamo riusciti a coinvolgere la maggior parte degli studenti. In una settimana non c'è mai stato il ricambio della gente: siamo partiti in 300 e tanti siano rimasti, più o meno, fino alla fine".
Come mai non ci siete riusciti?
"Credo che l'errore sia stato decidere sempre tutto in assemblea. Mercoledì scorso, quando è ripartita la didattica, avremmo dovuto discutere di più dei contenuti politici della nostra protesta: invece ci siamo un po' persi in questioni organizzative che, ovviamente, a uno studente di passaggio interessavano poco. Sappiamo di aver sbagliato, ma per molti di noi era la prima volta. Ora vogliamo che gli errori ci servano per il futuro. Questo è un inizio, non una fine".
Come pensate di proseguire?
"Continueremo a riunirci e a discutere. Dobbiamo capitalizzare il lavoro fatto e radicare il movimento nelle singole facoltà, coinvolgendo anche gli altri studenti. Per questo faremo volantinaggi e assemblee. E parteciperemo alle iniziative cittadine come il presidio di "Rete Scuole" di sabato e lo sciopero generale del 25. Dopo tanti anni di assopimento abbiamo portato al centro del dibattito i problemi dell'università".
Avete concluso l'occupazione tenendovi l'aula 102. Perché?
"Vogliamo ribadire la nostra necessità di avere uno spazio permanente a disposizione degli studenti".


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