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Repubblica: Maturità, quando il prof non perdona

Marco Lodoli

14/07/2007
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la Repubblica

L'ultimo giorno di scuola in cui bisogna mettere nero su bianco e stabilire chi ha fatto bene e chi no, chi ce l´ha fatta e chi no

Tanti bocciati. "Ma di fronte è certe risposte, che possiamo fare?"

Vengono sommati con la calcolatrice i crediti le prove scritte e la prova orale
Ci sono state vivaci discussioni e ogni alunno è stato pesato sul bilancino del farmacista

MARCO LODOLI

E così, esame dopo esame, siamo arrivati all´ultimo giorno, quello in cui bisogna mettere nero su bianco e stabilire definitivamente chi sono i promossi, e con quali voti, e chi sono i bocciati. In realtà al termine di ogni interrogazione la commissione fa uscire tutti i presenti e valuta la prova: dunque già si sa chi ce l´ha fatta e chi no, ma ora si tratta di mettere tutto in bella copia. Certo ci sono state vivaci discussioni, ogni alunno è stato pesato sul bilancino del farmacista, si sono sommati con la calcolatrice i crediti, le prove scritte, la prova orale, sembra finita per sempre l´era del tana libera tutti.
Quest´anno, e i dati nazionali lo confermano, i voti sono stati più bassi, gli insegnanti più severi. Era nell´aria, la rinuncia alle commissioni formate solo dai professori della classe ha portato inevitabilmente a una verifica più neutra e precisa.
E così sono venute fuori lacune e magagne. I soli a non essersi preoccupati a dovere sono stati gli allievi, troppo fiduciosi nella solita assoluzione plenaria. Qualche esame sembrava doversi concludere con una di quelle affermazioni da telefilm giudiziario: «Mi rimetto alla clemenza della corte»: ma quest´anno niente clemenza. In periferia molti ragazzi hanno delle storie familiari tremende, padri in galera, fratelli spacciatori, brutte malattie in casa, ed è difficile dimenticare queste sciagure. «Capisco tutto - dice il professore di storia dell´arte, membro esterno - ma non posso mettere un buon voto a chi si presenta commentando "I mangiatori di patate" di Van Gogh, e alla mia domanda: ti piace Van Gogh mi risponde a dire il vero mi piacciono le patate». Gli esami hanno certificato una evidente confusione di base, la difficoltà diffusa a connettere le nozioni, a costruire un ragionamento sensato, a dimostrare una consapevolezza. Quello che vado scrivendo da alcuni anni si è confermato puntualmente: i ragazzi di oggi, quelli che vivono ai margini delle grandi città, pagano a caro prezzo l´onda sporca della sottocultura, rischiano di finirci sotto. Sono nati col telecomando nella culla e il telefonino nella tasca del grembiule, e i loro genitori non sono più della razza forte e antica che sperava di avere un figlio alla Sapienza, e faceva sacrifici di ogni tipo per arrivare a piangere il giorno della laurea.
I genitori spesso sono quarantenni con l´orecchino e lo scooterone e i capelli tinti, i figli hanno tatuaggi e piercing e smanie cieche, e il declino intellettuale è tutto qui, davanti agli occhi e alle orecchie di una commissione d´esame. Bisognerebbe tirare il freno d´emergenza, gridare forte al lupo al lupo, riconsiderare benefici e costi di una falsa spensieratezza che porta alla catastrofe. Naturalmente ci sono sempre i bravi, ma sono pochi, almeno qui dove la vita è più dura e confusa. La maggioranza dei ragazzi parla a vanvera, inciampa sulle proprie parole, dimostra di non sapersela cavare nemmeno negli argomenti a piacere. E così stavolta ci sono stati parecchi bocciati: ogni sentenza è stata un dolore, ma non si poteva fare altrimenti.
Un anno perduto non è la fine del mondo, ma la paura, qui in periferia, è che molti ragazzi non vogliano ripetere l´anno, che abbandonino la scuola e si perdano per strade desolate. Da settembre bisogna ripartire con le idee chiare, spiegare con forza che la vita è dura, che nessuno più regala niente fuori dalla scuola, ma ormai anche qui dentro.


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