In Fi fin dal ‘94, assessore e poi coordinatore regionale, il ministro ha un curriculum di tutto rispetto
Nel clichè è meno berlusconiana della Carfagna ma per lei l´unico che conta è il premier
RODOLFO SALA
MILANO - Fosse un´altra, Berlusconi forse avrebbe già almeno meditato di mollarla. E invece la difende: a spada tratta, e a costo di far scricchiolare il solido legame con Bossi, che non perde un´occasione per menare fendenti alla ministra dell´Istruzione. Sì, perché la trentacinquenne Mariastella Gelmini non è una delle tante signore alla corte del Cavaliere. Per dire: niente a che vedere con le colleghe Mara Carfagna e Maria Vittoria Brambilla, come lei promosse al governo. Nel cliché è molto meno berlusconiana di loro, con quei tailleur pantaloni un po´ castigati a fasciare una figura alta e sottile, gli occhiali da professoressa, l´assoluta ritrosia alla frequentazione mondana. Lei, come dire, preesiste: in Forza Italia c´è da sempre, da quel magico 1994 in cui la terzogenita di un sindaco dc nel Bresciano (la mamma invece era maestra elementare) si convince ad abbracciare la causa di un signore sceso in campo per salvare il Paese, e se stesso, dai comunisti.
Allora ha 21 anni, la Mariastella. Studia giurisprudenza, ma decide subito che la politica, almeno questa «nuova» politica incarnata da Berlusconi, conta più di tutto il resto. Diventa subito presidente del club azzurro di Desenzano sul Garda, ma non le basta: il cuore pulsante del movimento sta a Milano, ed eccola allora fare la pendolare ogni giorno per dare una mano, da volontaria, nella sede lombarda di Forza Italia. Le ci vuole un po´, ma dopo undici anni (intanto si è laureata, ha dato l´esame da procuratore a Reggio Calabria e lavora in uno studio legale), il posto da numero uno è suo: coordinatrice regionale, con la mission di mettere fine alla guerra per bande che per oltre un anno impegna le truppe del suo predecessore, il laico Paolo Romani, e quelle formigoniane. Impresa non facile, ma lei – all´inizio oggetto di qualche sfottò da parte dei forzisti più sgamati: "Gelmini who?" – li mette i riga tutti: «Qui ci vuole un po´ di disciplina», è il suo esordio. E conquista un posto speciale nel cuore di Silvio.
Ma il Capo non l´ha «unta» con la mano santa, come ha fatto con le altre (e molti altri). Quando i due s´incontrano per la prima volta ad Arcore nell´estate del 2005, e il tramite è Angelo Tiraboschi, lei ha già un curriculum politico lungo come un´autostrada: consigliere comunale a Desenzano, poi assessore (per due volte) alla Provincia di Brescia, quindi l´exploit alle elezioni regionali che si sono appena tenute: prima degli eletti della sua circoscrizione. «Ha cervello, e anche i voti», si compiace il Cavaliere, fulminato dalla lettura del voto offerta da quest´avvocatessa allora poco più che trentenne. E ci mette un amen ad affidarle il coordinamento lombardo del partito. Ha un´altra dote, la Gelmini: galleggia sulle risse interne agli Azzurri, evitando con cura di schierarsi, perché l´unico che conta è Berlusconi: «Se non fosse stato per lui non sarei mai entrata in politica». Mariastella è cattolica, ma non ciellina; sanguigna quando parla in privato, ma al tempo stesso diplomatica; berlusconiana fino al midollo, ma non alla maniera un po´ sguaiata di altre femmine del Cavaliere. L´unico flirt noto lo racconta l´immagine rubata di recente in un bar di Roma da un fotografo, con quel bacio galeotto al fidanzato, l´imprenditore bergamasco Giorgio Patelli. E rientra nel profilo un po´ ecumenico che si è imposto, raccontare con tranquilla civetteria della sorella maggiore, insegnante iscritta alla Cgil...
L´approdo romano della Gelmini, dopo la buona prova data in Lombardia, suona abbastanza normale. Prima elezione in Parlamento nel 2006, la seconda qualche mese fa (e nel comitato che vaglia le candidature, l´unica donna ammessa da Berlusconi è lei), quando oltre allo scranno di Montecitorio la signora acchiappa un po´ a sorpresa anche la guida di un ministero assai pesante. Un´investitura che mette subito in allarme i leghisti: quella poltrona il Bossi furente contro «gli insegnanti meridionali che stangano i nostri» l´avrebbe voluta e la vorrebbe in futuro per uno dei suoi, ormai è chiaro. Quindi non vede di buon occhio il fatto che la titolare di adesso sia una lombarda doc ma non leghista, le rimprovera di non essere un´insegnante, la crocefigge sul maestro unico che «rovina i bambini».
Naturalmente in tutto questo c´entrano anche le manovre di smarcamento nei confronti degli alleati pensate a tavolino da una Lega in cerca di forte visibilità in vista delle Europee. Con scontri che non riguardano solo la politica della scuola: dal lodo Alfano al braccialetto elettronico ai dissapori tra i ministri Maroni e La Russa. Però nel bacchettare la Gelmini i bossiani ci mettono un accanimento speciale. Chissà, forse qualcosa di vero c´è nelle voci che danno la responsabile dell´Istruzione in corsa per la presidenza della Regione Lombardia, dove si voterà fra due anni. Per il dopo Formigoni (impensabile un quarto mandato per l´attuale governatore) la Lega ha già prenotato il posto: Castelli, oppure Maroni. Forse anche per questo vuole dare uno stop alla marcia trionfale di Mariastella.
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