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Repubblica: Ma per tanti insegnanti anche un libro è un lusso

MARCO LODOLI

04/07/2007
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la Repubblica

Quanto abbia ragione Pietro Citati riguardo alla miseria che toglie dignità e slancio agli insegnanti, lo si scopre viaggiando in Europa: in Svizzera, in Germania, in Francia il loro stipendio si aggira attorno ai 4.000 euro, una cifra impensabile qui da noi. Qui si tratta di tirare la carretta con 1.300 euro al mese, che diventano più o meno 1.600 dopo ventun anni di insegnamento. E così non è affatto raro, almeno per me che frequento l´aula insegnanti da tanto tempo, incontrare uomini avviliti, depressi, economicamente in perenne pericolo. Per le donne spesso va meglio, perché portano a casa uno stipendio che si somma a quello del marito e fa quadrare i conti, ma gli uomini se la passano davvero male: basta poco per capire le ristrettezze in cui si muovono, basta osservare i vestiti che non cambiano mai, la borsa di cuoio consunto, l´aria smarrita di chi si sente in un vicolo cieco.
Certo, tutto il lavoro dipendente si muove attorno a quelle cifre, chi lavora al comune o alle poste non sguazza nell´oro, ma gli insegnanti stanno forse ancora peggio, perché la povertà si converte rapidamente in frustrazione e malinconia, il che non fa bene al loro lavoro e ai loro studenti. Ho conosciuto professori che pagano mille euro d´affitto e campano con quel poco che gli resta, professori che non comprano un libro da anni, che non vanno più a teatro o al cinema da una vita, che si sentono completamente tagliati fuori dal processo culturale del paese. E così le loro lezioni sono come un copione che si ripete identico da sempre, ma sempre più sconfortato. E gli studenti se ne accorgono, loro sono cresciuti in questa stagione che mette al primo posto il denaro e il successo, che non ha pietà verso i miserabili. I professori azionano automaticamente il carillon dei valori: la cultura è importante, il sapere ci rende migliori, lo studio forma gli individui e offre loro nuove possibilità, ma chi ci crede più? Qui si va di fretta verso la grana, che sembra pronta dietro l´angolo, appena oltre uno schermo televisivo, e il professore, per quanto si impegni, è l´esempio più lampante dell´insuccesso della cultura, che non produce altro che giacchette lise, macchine scassate e vite poverelle.
Nessuno degli studenti che ho conosciuto in questi anni, e parlo di centinaia e centinaia di ragazzi, mi ha mai confidato di voler diventare un giorno un insegnante: nessuno. Eppure è un lavoro bellissimo, che mette in contatto con le nuove generazioni, che dovrebbe nutrirsi quotidianamente di nuove letture e nuovi approfondimenti da riproporre con entusiasmo, ma in realtà molto spesso viene vissuto come un fallimento esistenziale. Persino l´acquisto del giornale diventa un problema, figuriamoci quello dei libri. E così io rilancio la mia proposta: se non ci sono soldi da distribuire ai professori, li si metta almeno in condizione di aggiornarsi culturalmente. Basterebbe una tessera che consenta sconti consistenti nei teatri e nei cinema, nelle librerie e nei musei. Se i deputati hanno tanti privilegi inutili, si conceda anche ai professori questo vantaggio. Chi insegna ai nostri ragazzi non ha bisogna dell´ennesimo corso di formazione, ma di cultura viva. Forse quella tessera li renderebbe più orgogliosi e più curiosi, e i loro pomeriggi, ora spesi in riunioni estenuanti e vane, sarebbero impiegati meglio. La borsa di cuoio magari sarà sempre quella, ma dentro ci sarà qualche libro nuovo, qualche soddisfazione in più.


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