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Repubblica: Le vere sfide della scuola

Più che da un maggiore rigore e da una maggiore severità, questa selezione scolastica sembra ispirata da una volontà punitiva e dimostrativa, dettata da ragioni di natura politica che poco hanno a che fare con la missione educativa e formativa della scuola.

14/07/2009
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la Repubblica

Giovanni Valentini
Se oltre a fornire un´istruzione, la scuola deve anche provvedere alla formazione complessiva, non c´è dubbio che un maggiore rigore possa favorire la crescita individuale preparando meglio alle prove del lavoro e della vita.
In questa ottica, l´aumento dei bocciati all´esame di maturità è un segnale da rispettare come un richiamo collettivo alla consapevolezza e alla responsabilità: compresa la valutazione della condotta, quale antidoto principale contro il bullismo e la violenza.
La società in cui viviamo, all´insegna di una competitività esasperata, è e sarà sempre più meritocratica e selettiva. È giusto perciò riconoscere l´impegno, l´applicazione e anche l´autodisciplina, fin dai banchi di scuola. Non si regala un voto né tantomeno una promozione, e questo anzi sarebbe quantomai diseducativo per i beneficiari e per tutti gli altri, come non si regala in genere un successo lavorativo, professionale o economico. Tanto più vale questo discorso per la nostra università, ancora occupata da un esercito di fuori corso che non hanno né la voglia né la capacità di studiare.
Non può non sorprendere, tuttavia, il fatto che da un anno all´altro i bocciati alla maturità aumentino di colpo da 12 a 15 mila, con una falcidia particolarmente intensa negli istituti tecnici. E calcolando anche i non ammessi, si arriva in totale a una platea di 42 mila giovani. Che cosa è successo? C´è una pandemia di ignoranza nella scuola italiana? I professori sono stati più severi oppure gli studenti erano meno preparati?
La prima spiegazione potrebbe essere di ordine tecnico. Sono cambiati in effetti i criteri di valutazione: quest´anno il colloquio valeva 30 punti, anziché 35; mentre il credito massimo per la carriera scolastica è passato da 20 a 25. E può darsi, dunque, che queste variazioni abbiano influito in misura determinante sul giudizio finale, riducendo per così dire il valore dell´esame orale e quindi la possibilità di un recupero in extremis.
Ma anche se così fosse, se la bocciatura di massa dipendesse soltanto da questo, bisognerebbe interrogarsi comunque sulla legittimità di una selezione che arriva alla fine di un percorso d´istruzione, come un colpo di scure e non come un esito fisiologico, naturale. Più che da un maggiore rigore e da una maggiore severità, insomma, questa selezione scolastica sembra ispirata da una volontà punitiva e dimostrativa, dettata da ragioni di natura politica che poco hanno a che fare con la missione educativa e formativa della scuola.
Può anche darsi che questa risposta d´ordine si configuri come la reazione a un degrado che durava ormai da troppo tempo, compromettendo la qualità e l´efficacia dell´insegnamento. Così si rischia, però, di passare da un eccesso di permissivismo o di lassismo all´altro: cioè a un atteggiamento repressivo che non giova certamente al recupero degli "asini" ed è destinato semmai a moltiplicarli in futuro. Il declassamento del colloquio assume in questa prospettiva un significato simbolico, diventa il sintomo di una incomunicabilità fra la scuola e gli studenti che non può non preoccupare tutti i cittadini.
Sappiamo bene in quali condizioni di precarietà e incertezza i nostri insegnanti svolgono quotidianamente il loro prezioso lavoro di educatori, sottovalutato e ancor più sottopagato, spesso supplendo alle assenze o alle carenze delle famiglie. E a volte, addirittura contro le famiglie, contro genitori iper-protettivi che scaricano le proprie responsabilità e i propri sensi di colpa sul sistema dell´istruzione pubblica. Eppure, è solo da una più stretta collaborazione e solidarietà fra le sue varie componenti che il mondo della scuola può trarre la spinta necessaria per riformarsi e rigenerarsi nell´interesse della collettività.


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