Repubblica-LA "SVOLTA EPOCALE" VISTA IN UN OSPEDALE
MARIO PIRANI LA "SVOLTA EPOCALE" VISTA IN UN OSPEDALE Ogni giorno autorevoli commentatori, anche di centro sinistra, ci spiegano, che, al di là di ogni giudizio positivo o negativo, la svolta...
MARIO PIRANI
LA "SVOLTA EPOCALE" VISTA IN UN OSPEDALE
Ogni giorno autorevoli commentatori, anche di centro sinistra, ci spiegano, che, al di là di ogni giudizio positivo o negativo, la svolta "epocale" impressa da Berlusconi al fisco risiede nell'aver posto l'accento sulla esigenza di sfrondare la spesa pubblica, di per sé sinonimo di spreco e inefficienza. E' disastroso che la sinistra abbia mutuato dalla destra e in parte assunto in proprio questo falso teorema. Per questo sono in totale disaccordo con l'articolo, non privo di spunti stimolanti, che il senatore ulivista Franco Debenedetti ha scritto per "Il Corriere della Sera" (2 dic.) in cui sostiene che la manovra governativa "enuncia una nuova visione del rapporto fra Stato e cittadini... nelle intenzioni di Berlusconi il punto di partenza diventano le risorse che restano, dopo che si è ampliato il potere di scelta dei cittadini.... quando il centrosinistra al taglio delle tasse contrappone la promessa di servizi migliori si muove nella vecchia logica".
Confesso che vorrei proprio fosse così e che il centrosinistra sapesse riproporre con forza un proprio disegno di Welfare.
Voglio in proposito richiamare ancora una volta la questione della spesa sanitaria pubblica. Ad esempio quest'anno il governo nel determinare il Fondo sanitario da suddividere fra le Regioni si è basato sulla spesa contabilizzata lo scorso anno, aumentandola del 2% (da 88 a 90 miliardi di euro) ma in questa cifra non è compreso il rinnovo del contratto dei medici.
Ragion per cui i governatori hanno respinto l'accordo. Vi è di più: le cifre di competenza stanziate vengono erogate solo dopo una delibera del Cipe, ma questo comitato interministeriale non si pronuncia più in materia dal 2001 per cui le Regioni in base alla norma seguitano a ricevere, suddivise in dodicesimi, le dotazioni in vigore in quell'anno, con conseguenti indebitamenti crescenti.
In questo contesto va valutata la svolta "epocale". Mi soccorrono per spiegarmi meglio due lettere appena pervenutemi.
La prima è di un paziente di Ravenna che, venuto a conoscenza della attuazione di una terapia migliorativa in sperimentazione, presso l'Ospedale oncologico ICCRS di Bari ha chiesto di esservi ricoverato per un ciclo di cura rivolgendosi al direttore sanitario in questi termini: "Sono un ammalato di tumore al fegato. Dopo aver inutilmente esaurite le terapie standard, ho saputo degli interventi di stop flow ipossico eseguiti dal dr. Gadaleta presso il vostro Istituto. Quando, oltre un mese fa, mi misi in lista d'attesa, mi fu detto che al momento erano privi di angiografo perché definitivamente rotto. Ora ho saputo che i medici non sanno se ed eventualmente quando potranno avere un altro angiografo e, quindi, riprendere gli interventi... Mi chiedo se questo è un paese civile?". Va dato atto al direttore di una risposta rapida ed esauriente. Eccola: "... la problematica relativa all'angiografo riflette in maniera emblematica un aspetto particolare dell'Istituto, che qui a Bari, non ha una sua sede ma è in affitto con una società privata proprietaria dell'immobile, nonché delle attrezzature di maggior impatto assistenziale, come l'angiografo, la radioterapia, la diagnostica radiologica e altro. Fino ad una anno fa, in conseguenza della disdetta della convenzione con i privati da parte della Regione Puglia, l'Istituto rivestiva lo status giuridico di "inquilino moroso" per cui fu chiesto all'autorità giudiziaria lo sfratto, non accordato. La nuova convenzione non ha avuto grande fortuna, in quanto gli impegni del privato a sostituire la dotazione delle macchine non è stato mantenuto e si è acceso un ulteriore contenzioso. Questa premessa per dirLe il clima nel quale dobbiamo erogare prestazioni complesse, in un campo come l'oncologia, dove la tempestività della risposta è un elemento fondamentale dell'intero processo assistenziale. L'Istituto non può sostituire con proprie risorse le attrezzature, in quanto per installarle ha bisogno dell'autorizzazione del proprietario o in alternativa del giudice civile. Noi stiamo cercando di intervenire con una modifica dell'angiografo che permetta la ripresa dell'attività assistenziale, ma obiettivamente non siamo in grado di garantire tempi brevi... Il trasporto dell'attività presso altre strutture è complesso da un punto di vista logistico. Noi continuiamo a cercare una soluzione possibile e, mi auguro, a breve di poterLe dare una risposta affermativa per Lei e per altri pazienti con problematiche simili. Ho voluto chiarire l'intero quadro gestionale nel quale operiamo, che non è proprio di un paese moderno. Cordialmente. Angelo Colasanto, direttore sanitario".