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Repubblica -La scuola che ci invidiaNO

La scuola che ci invidiaNO Il nonino a un progetto educativo L'università di Harvard ha appena pubblicato un volume di documentazione fotografica Gli asili di Reggio Emilia s...

25/01/2002
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la Repubblica

La scuola che ci invidiaNO
Il nonino a un progetto educativo
L'università di Harvard ha appena pubblicato un volume di documentazione fotografica
Gli asili di Reggio Emilia sono da tempo all'avanguardia della pedagogia e riconosciuti in tutto il mondo
Un centro Reggio Children è stato istituito per la difesa dei diritti dei bambini
I piccoli si muovono liberamente e dispongono di un vero atelier per creare
REGGIO EMILIA
NATALIA ASPESI


In tre o quattro attorno ai piccoli tavoli i bambini lavorano: insieme, a piccoli gruppi, studiano i percorsi della luce, costruiscono una città, trasportano sul computer attraverso lo scanner certe loro composizioni di sassolini e colori, riflettono su come intrecciare leggere strisce di carta. Le loro manine grassocce sono agili, i loro pensieri veloci, le loro scoperte entusiasmanti: si consultano, discutono, si aiutano, cambiano decisioni, risolvono i loro problemi, raggiungono le loro mete. Vanno anche a gambe all'aria o si stufano, ma anche da questo sanno districarsi.
Hanno dai tre ai sei anni, e tutti quanti, i bambini di questa piccola scuola Diana e gli altri 1200 delle 21 scuole per l'infanzia (e gli 800 dei 13 nidi) della città, le loro giovani insegnanti, i genitori, i muri, le vetrate, i mobili, il materiale, i disegni, le sculture, i costumi, i computer, le piante nel giardino, le foglie, i sassi, compongono, strettamente insieme e indivisibili, quel celebre Progetto Educativo per l'Infanzia cui è stato assegnato il Premio Nonino 2002 "A un Maestro Italiano del Nostro Tempo": vinto negli anni scorsi da personalità come Claudio Abbado e Suso Cecchi D'Amico, Fosco Maraini e Luca Cavalli Sforza, questa volta l'importante riconoscimento va a quella che viene considerata l'idea e l'attuazione pedagogica prescolare più all'avanguardia al mondo, come la definì nel 1991 una grande inchiesta internazionale di Newsweek.
Da allora questa istituzione pubblica di una placida, godereccia e attiva città emiliana, ha ricevuto premi da tutto il mondo. In Italia il primo riconoscimento è arrivato solo l'anno scorso, quando il presidente Ciampi ha conferito la medaglia d'oro "al merito della scuola, della cultura e dell'arte" alla memoria del pedagogista Loris Malaguzzi, animatore del progetto. Gianola Nonino, indomabile signora della grappa, tre figlie e sei nipotini (cinque femmine, destino e marchio di famiglia) ha un'autentica passione per l'educazione infantile e ha buttato là l'idea, tra qualche amico di una giuria di severa indipendenza.
Dice Ulderico Bernardi, docente di sociologia all'università di Venezia: "Mi è sembrata una scelta di grande valore etico, in coerenza con gli altri premi internazionali, al rumeno Norman Manea e al bulgaro Tzvetan Todorov, entrambi impegnati, come scrittori, nella tutela delle identità e delle diversità". Oggi i bambini sono assediati dalla mercificazione, come consumatori senza autonomia e come preda di sfruttamento pedofilo: "Un progetto educativo che sviluppi la loro intelligenza creativa, la loro disponibilità verso gli altri, la capacità di sentirsi liberi e sereni, è indispensabile soprattutto in questo momento. La caduta della natalità isola ancora di più i bambini, che anche all'interno della famiglia spesso non hanno un fratellino che gli insegni la diversità individuale e la necessità di mediare con gli altri. Sollecitare l'intelligenza immensa dei piccoli ad accedere liberamente alla straordinaria possibilità di conoscenza di oggi è essenziale per un futuro migliore per tutti".
Un gruppo di insegnanti del centro Reggio Children, istituito "per la difesa e la promozione dei diritti e delle potenzialità dei bambini e delle bambine" sta partendo per la Corea, un altro è appena tornato dal Giappone, chiamati ad "esportare" il "Reggio Aproach" come viene chiamato in tutto il mondo, dove esistono, per esempio a Stoccolma, i Reggio Institute. Da vent'anni due versioni della mostra "I cento linguaggi dei bambini", vengono invitate nei musei americani e australiani, tedeschi e cileni, in Spagna e Olanda, in Inghilterra e a Hong Kong. Malaguzzi, pedagogista e fondatore dell'esperienza delle scuole per l'infanzia di Reggio, morto nel 1994 a 74 anni, ha spiegato, con una poesia, il perché del titolo della mostra: "...il bambino ha / cento lingue / e poi cento cento cento) / ma gliene rubano novantanove. / La scuola e la cultura / gli separano la testa dal corpo. / Gli dicono: / di pensare senza mani / di fare senza testa / di ascoltare senza parlare / di capire senza allegrie / di amare e di stupirsi / solo a Pasqua e Natale /...Gli dicono insomma / che il cento non c'è. / Il bambino dice: / invece il cento c'è".
Bambini opulenti, bambini pubblicitari, bambini affamati, bambini prepotenti, bambini firmati, bambini rom cacciati da scuola, bambinimodello e bambinimodelli, bambini in piscina e bambini che saltano sulle mine antiuomo, bambinispettacolo e bambini comunque al centro del mondo dell'adulto, che li modella come gli pare, credendo di amarli, bambini che fanno paura anche se la loro immagine è ossessivamente usata come ornamento del presente e rassicurazione verso il futuro. Ma chi li ascolta davvero? Chi si ricorda dell'immenso potenziale della loro intelligenza e immaginazione, della loro capacità di apprendere e creare, chi li aiuta a percepire le loro individuali emozioni e a stabilire con gli altri un rapporto di fiducia e comprensione e a convivere?
Howard Gardner, esperto della Graduate School of Education di Harvard, scrive che nella storia ben poche scuole hanno raggiunto una qualità leggendaria: dall'Accademia di Platone alla scuola di Yasnanya Polanyi di Leone Tolstoi, alla scuolalasboratorio dell'Università di Cicago e a altre scuole ispirate agli scritti ed esempi di Maria Montessori, Rudolf Steiner e Jean Piaget. Adesso ci sono le "meravigliose" scuole dell'infanzia di Reggio Emilia, da lui definita città di massima civiltà, scuole in cui "le menti, i corpi e lo spirito dei bambini vengono trattati con la massima serietà e rispetto. E contemporaneamente questi piccoli scoprono la gioia, il divertimento, la bellezza, l'imparare senza confini".
L'università di Harvard ha appena pubblicato in collaborazione con gli insegnanti di Reggio e i suoi amministratori un libro molto bello: Making Learning Visible in cui i bambini delle scuole dell'infanzia, Matteo e Elisabetta, Mario e Silvia e tutti gli altri, anche di pochi mesi, vengono seguiti e fotografati a loro insaputa, mentre da soli o insieme imparano a sbrigarsela, a risolvere i loro problemi di gioco, di creatività, di comprensione, di relazione. Si capisce perché i pedagogisti e gli insegnanti di tutto il mondo, restino affascinati dai piccoli di Reggio (oltre che, assicurano, dal formaggio grana, dal salame e dal lambrusco). In un luogo dove si muovono liberamente decine di bambini, che possono scegliere il materiale con cui lavorare e cosa farne, sotto lo sguardo mai intrusivo delle insegnanti, c'è un ordine perfetto, migliaia di colori e sassolini, e ferri, e biglie e fogli di carta e plastiline e tessuti e luci e creta, tornano armoniosamente, miracolosamente al loro posto, quando il lavoro è finito ed è stato documentato.
Non ci sono steccati per questi piccolini che in ogni scuola hanno un vero e proprio atelier creativo: e per esempio le insegnanti hanno approfittato di una mostra in città dedicata ad Alberto Burri per far conoscere le sue opere ai bambini. Loro si sono preparate andando anche alla Fondazione a Città di Castello, poi hanno preparato i piccoli a scoprire il valore della materia, quella materia (sassi, foglie, sabbia, creta, bottiglie, plastica, cartone) che loro usano tutti i giorni e che gli viene fornita dal Centre Remida, una fantastica iniziativa inventata alla fine della guerra dalle madri reggiane, dedicata al "riciclaggio creativo" di scarti di merce regalati da venti aziende locali.
Come si possano conciliare queste esperienze ammirevoli con quella che sarà la nuova scuola morattiana efficientista è un problema: Sandra Piccinini, assessore alla cultura e al sapere e Sergio Spaggiari, dirigente del servizio educazione ricordano che il documento Bertagna chiesto dal ministro dimostra rispetto per le scuole dell'infanzia. C'è tuttavia il minaccioso progetto che, per far teminare gli studi a 18 anni, come è giusto, mutila la scuola dell'infanzia, "il che sarebbe dannosissimo per la formazione non scolastica ma umana dei bambini".
Ermanno Olmi, che fa parte della giuria del Nonino, è entusiasta del premio al progetto educativo per l'Infanzia di Reggio Emilia: "L'educazione infantile è una questione chiave, perché i criteri su cui è fondata la nostra scuola sono ormai obsoleti. Oggi il bambino ha bisogno di quella libertà tolstoiana di apprendimento che aiuti a formarlo come persona e a prepararsi ad un approccio sereno col mondo. I bambini hanno una memoria cromosomica come gli altri animali, che gli dà le indicazioni per sopravvivere. Ora quella memoria è offuscata da un apprendimento continuo e innaturale di cose estranee alla loro natura, immersi in oggetti e bisogni artificiali. Se la scuola ascolta il bambino, individualmente e nel gruppo, se gli fa scoprire la sua naturalezza, i suoi valori, le sue cento voci, gli si permette di ritrovare il suo rapporto felice con la vita. Lo si aiuta a fare da sé il suo programma, le sue scelte, senza lasciarsi distogliere da apprendimenti prefabbricati e imposti, che lo imprigionano e gli fanno perdere ogni opportunità di godere di tutta la sua enorme ricchezza emotiva e conoscitiva".


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