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Repubblica-La repubblica televisiva

LA REPUBBLICA TELEVISIVA EDMONDO BERSELLI CELENTANO è "rock". Lo stravolgimento costituzionale è "lento". Dev'essere per questo che nell'ora della devolution, quella di Umberto Bossi, s...

23/10/2005
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la Repubblica

LA REPUBBLICA TELEVISIVA
EDMONDO BERSELLI
CELENTANO è "rock". Lo stravolgimento costituzionale è "lento". Dev'essere per questo che nell'ora della devolution, quella di Umberto Bossi, si è parlato soprattutto di Adriano, quello della "svalutèscion". Qualcuno ricorderà l'inno qualunquista di metà anni Settanta: "C'è un buco nello stato dove i soldi van giù". Adesso nel buco finisce mezza Costituzione, ma il Paese discute solo ed esclusivamente di Rockpolitik.
Si fa per dire, il paese. La politica, più che altro. Cioè un nucleo sociale, un ceto professionale concentrato su se stesso, e sul riflesso di sé che ne dà la televisione
La spiegazione sarebbe che se il 47 per cento del pubblico, la metà dell'Italia contemporanea, guarda lo show di Raiuno, ogni singola frase del Molleggiato, ogni giudizio espresso, ogni grido libertario ovvero "giacobino" di un Santoro o di chi per lui acquista un significato formidabile. Che rischia di alterare equilibri politici delicatissimi: di assecondare la spinta all'insù dell'Unione, o di spingere all'ingiù l'andamento della Casa delle libertà. O viceversa, perché con Celentano bisogna sempre aspettare il prossimo sketch, il prossimo monologo, la prossima volta.
Si tratta comunque di una concezione così contorta e strumentale da sfiorare il razzismo: se uno spettacolo in tv possiede un potere persuasivo così potente, gli spettatori dovrebbero essere ineluttabilmente dei mentecatti, soggetti passivi dell'ipnosi mediatica: la conferma a posteriori del cinismo democristiano di Ettore Bernabei: "Gli italiani sono cinquanta milioni di teste di c.". Sui quali allora sarebbe opportuno infierire, magari con la fine della par condicio, con la libertà di spot, con l'invasione propagandistica. Se lo meriterebbero. Hanno già avuto la censura, la presenza assidua del governo e della maggioranza sui teleschermi, le distorsioni in rosa della cronaca e dell'economia, l'evasione gestita paternalisticamente dei reality. Ecco perché lo strappo di Celentano che trasmette la scomunica bulgara pronunciata dal Cavaliere, richiama gli esiliati e manda in onda qualche sprazzo di verità, provoca immediatamente una guerra tra schieramenti.
Ma è probabile che il caso Celentano rappresenti anche la dimostrazione più evidente dell'insufficienza della politica, le cui difese vengono travolte dalla fata morgana televisiva. In sé e per sé le presunte provocazioni di Adriano sono robetta innocua: le sedie vuote "en attendant" gli ostracizzati Biagi e Luttazzi, le classifiche internazionali sulla libertà d'informazione, con Celentano che finge di stupirsi: "Ma l'Italia dov'è? L'hanno messa l'Italia?". Giù, giù, l'Italia è andata giù, "e non viene su", come il respiro del Molleggiato in una delle sue canzoni para-ecologiste, Un albero di trenta piani.
Può anche darsi che per la televisione nostrana cloroformizzata dal duopolio berlusconiano, imperfetto ma implacabile, il cabaret nazionalpopolare del Ragazzo della via Gluck costituisca una minaccia spaventosa. Come pure uno spiraglio di dissenso. "Uno show di libertà", dice Romano Prodi allargando allegramente il sorriso. "Episodio gravissimo", denuncia lo sdegnato Fabrizio Cicchitto. Mentre a Pier Ferdinando Casini lo spettacolo non è dispiaciuto. Al contrario dentro An sono furibondi e pretendono "una puntata riparatoria" (la chiedono perché non sanno che l'avranno, e l'avrebbero avuta anche senza chiederla). Eccetera, con la partecipazione di tutti, da Rutelli (rock?) a Bondi (lento?).
In realtà, uno schema meno trucido per interpretare l'effetto di uno show popolare sul popolo stesso metterebbe in rilievo la profonda ambiguità del "messaggio" televisivo. Adriano è un uomo dell'opposizione, perché si batte per la libertà, o è più realisticamente un giullare, che dimostra quanto sia liberale il padrone? E ancora, fanno più male le esecrazioni di Rockpolitik contro l'"editto di Sofia" con cui Silvio Berlusconi mise all'indice quelli della tv "criminosa" o l'esilarante parodia di Bandolero messa in scena da Maurizio Crozza, "Zapatero, Zapatera", che a essere troppo sospettosi e occhiuti ripristinerebbe a destra la par condicio, ridicolizzando Prodi ("bofonchia e pare un prelato") e sputtanando le primarie dell'Unione, che pure il loro share l'hanno avuto, e non piccolo, e non immaginario, e non mediatico.
Qui non è il caso di ripetere che Celentano è oggi ed è sempre stato uno strenuo cerchiobottista, "io sono un uomo libero, né destra né sinistra" (parole e musica di Ivano Fossati), quanto di provare a razionalizzare il dibattito portandolo alla sua dimensione di critica televisiva a uno show spettacolare, costoso e a quanto pare piuttosto riuscito. Se non altro per evitare la sensazione un tantino grottesca che l'élite politica del nostro paese si infiammi soltanto per uno show prima serata.
Già ci sarà da discutere alcune tesi sofisticate sulla partecipazione di Piero Fassino al programma di Maria De Filippi C'è posta per te. Utile o dannosa? Per adesso i suoi consulenti dicono che il segretario ds "ha necessità di apparire in contesti più femminili, extrapolitici". E quindi ci sarà da ingaggiare battaglie intellettuali sulla strategia da opporre a quella di Berlusconi, che vuole spedire le sue avanguardie a Uno mattina perché "le casalinghe sono più influenzabili". La campagna d'ottobre sta trasformando la televisione in una battaglia campale, decisiva per la politica italiana. Mai che i leader e i comprimari, dell'uno e dell'altro campo, dicano, anche con accenti celentanoidi: "Occhio, ragazzi, che la televisione è tutta intrattenimento".
Il che significa: a ciascuno il suo mestiere. Date ad Adriano ciò che è di Celentano, e alla politica ciò che è della politica. Non è moralismo arcaico sostenere che ci sono livelli culturali diversi: e quindi lasciate per favore che l'entertainer canti la sua canzone, ma siate vigili tutti, non solo la Commissione di vigilanza, sulle disparità dell'informazione. Altrimenti si porta a casa uno sketch (lento), e ci oscurano le news (rock). Ci lasciano Adriano (rock) e ci teniamo Berlusconi (lento). Ma non sarebbe un buon affare.


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