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Repubblica-La preside: contro di noi ancora molti pregiudizi

L'INTERVISTA/1 Bruna Corno Sinnone, alla guida dell'Itc Besta: "Ci considerano scuole di serie B" La preside: contro di noi ancora molti pregiudizi Resiste la vecchia i...

06/02/2005
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la Repubblica

L'INTERVISTA/1
Bruna Corno Sinnone, alla guida dell'Itc Besta: "Ci considerano scuole di serie B"
La preside: contro di noi ancora molti pregiudizi
Resiste la vecchia idea: se studi vai al liceo, se non studi vai al tecnico. Ma il commerciale è diventato pesante: ci sono 36 ore la settimana e l'insegnamento più leggero, dopo ginnastica, è inglese
TERESA MONESTIROLI


Bruna Corno Sinnone, una laurea in Papirologia e una vita passata a capo di istituti tecnici commerciali, oggi è la preside dell'Itc Besta. L'indirizzo tecnico è in crisi?
"Eccome. Vent'anni fa, quando ho iniziato a fare la preside, non facevano altro che aprire istituti tecnici commerciali. A Milano eravamo diventati dodici, ora siamo scesi a sei e molti, per sopravvivere, hanno aggiunto altri corsi di studio. Al Besta da due anni c'è l'indirizzo in scienze sociali, e sta andando benissimo: le iscrizioni hanno di gran lunga superato tutto il commerciale, che comprende i ragionieri, i periti aziendali e i periti "Erika", un commerciale con tre lingue".
Come si spiega questo calo di iscrizioni?
"C'è una grossa fame di licealizzazione, forse perché la parola liceo corrisponde a un'esigenza sociale. I genitori hanno ancora molti pregiudizi nei confronti degli istituti tecnici, che vengono considerati scuole di serie B. Se non per i programmi, per l'utenza, e accettano difficilmente un percorso che non sia liceale per i loro figli".
Anche quando non sono in grado di sostenere i ritmi di studio di un liceo classico?
"Sì. Negli ultimi anni sono aumentati i trasferimenti dai licei agli istituti tecnici. E questo non solo per colpa dei genitori, ma anche per un'incapacità di orientamento degli insegnanti delle scuole medie. Vige ancora lo stereotipo: se studi vai al liceo se non studi vai al tecnico. Invece il commerciale è diventata una scuola molto pesante. I ragazzi fanno 36 ore di lezione la settimana. Arrivano a casa alle tre, e al pomeriggio devono studiare almeno quattro materie ogni giorno. L'insegnamento più leggero, dopo ginnastica, è considerato inglese. Forse anche questo ha allontanato i giovani".
Lei è membro della commissione che sta studiando la riforma della scuola superiore. La crisi dei tecnici dipende dalla confusione che c'è intorno ai famosi otto licei della Moratti?
"Forse l'incertezza del futuro di questo ordine di scuola ha peggiorato le cose, ma il calo di iscrizioni è iniziato 12-13 anni fa. Per far fronte al cambiamento di rotta delle famiglie, gli istituti hanno iniziato a proporre molte sperimentazioni che, spesso, sono diventate ordinamento. Programmi dove si studia molta più matematica che al classico, si fa economia aziendale e diritto. Il vecchio ragioniere del miracolo economico non esiste più, oggi il corso di studi è completamente cambiato".
Eppure i giovani lo evitano.
"Negli ultimi anni sembra che sia diminuita l'ansia di trovare lavoro mentre è aumentata la voglia di proseguire gli studi. Paradossalmente i nostri ragazzi sono fra i più richiesti dalle aziende, le domande superano di molto il numero dei diplomati".
Forse le famiglie pensano che il tecnico non prepari all'università?
"Dipende dalle facoltà. Il 50 per cento dei miei studenti si iscrive all'università con buoni risultati. Certo se vanno a Lettere e filosofia faranno fatica ma per Informatica o Lingue sono più che preparati".


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