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Repubblica: La nuova generazione di scienziati che serve all'Italia

Umberto Veronesi

10/11/2007
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la Repubblica

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I nostri studenti migliori sognano di emigrare: qui nessuno offre loro chance adeguate
Ma il paese non può rinunciare ad avere una forte comunità scientifica

LA GIORNATA Nazionale per la Ricerca sul Cancro dell´Airc è culturalmente la Giornata dei Giovani. A prima vista può sembrare un ossimoro, perché il cancro è per antonomasia malattia e sofferenza, parole che stridono in un universo giovanile fatto di onnipotenza e gioia pura. Ma i nostri ragazzi fortunatamente non hanno ereditato le paure, i simboli e i tabù dei padri, e il loro pensiero nei confronti delle grandi minacce del millennio può essere molto diverso da come appare. I giovani italiani sembrano una massa sfuggente, su cui si accaniscono gli esperti di sondaggi per catturarne l´identikit sociale: non partecipano alla politica, disertano le urne e i partiti, utilizzano mezzi di comunicazione propri, i loro gusti non sono influenzati dai media tradizionali e non sono loro che gonfiano gli share o le classifiche dei libri più venduti.
Risultano assenti e irraggiungibili se li giudichiamo con le nostre unità di misura, se cerchiamo di dialogare con loro con il nostro linguaggio, se pretendiamo che aderiscano ai nostri programmi; pensiamo che è meglio che stiano al loro posto, mentre noi ci preoccupiamo di disegnare il loro futuro in base ai nostri schemi, e soprattutto in base alle nostre esigenze per il domani. Invece i giovani di oggi sono rivoluzionari, e noi adulti dovremmo saperli ascoltare, prendere ispirazione dai loro desideri e imparare da loro come progettare l´avvenire, con umiltà intellettuale e apertura mentale.
Questo è l´obiettivo della Giornata Airc, che prevede contemporaneamente in 20 città italiane dei dibattiti in cui la scienza incontra i giovani, e a cui partecipano, insieme ai ricercatori, anche filosofi, giornalisti e scrittori. Un obiettivo che si estende a un impegno costante per attirare i giovani verso il mondo della scienza, per creare le condizioni perché talento, creatività e merito vengano premiati, e soprattutto perché i loro desideri vengano compresi.
Cosa desiderano i nostri ragazzi? Innanzitutto capire e sapere, come i ragazzi di ogni tempo. Vogliono fare scienza e creare nuova conoscenza e chiedono un´organizzazione sociale che non strangoli i loro sogni. Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale di Pisa, ha presentato recentemente alcuni dati preoccupanti relativi al primo bando per giovani ricercatori lanciato dal neonato Consiglio europeo della ricerca, basato su i criteri di talento e capacità innovativa. Dall´analisi del primo campione (circa 25% del totale) risulta che su 9.167 domande presentate, l´Italia è in cima alla classifica, con 1.600 richieste, vale a dire quelle della Germania e la Francia messe insieme. Al filtro della prima selezione l´Italia diventa seconda solo alla Germania: il 14% dei finalisti è italiano. Quando si analizza dove svolgerebbero la loro attività in caso di assegnazione, però, solo il 4% sceglie l´Italia, contro ad esempio il 25% che lavorerebbe in Gran Bretagna. Questo significa che i nostri giovani hanno talento e idee, che sono bravi e preparati, ma che il nostro Paese non offre le condizioni adeguate per applicare il loro sapere.
È bene che i ragazzi vadano a studiare all´estero, perché un´esperienza in un altro Paese non può che arricchirli culturalmente e perché la scienza è per natura cosmopolita. Diventa però importante che si crei anche in Italia una comunità scientifica internazionale di richiamo, per dar vita a una nuova generazione di scienziati. Ha ricordato ancora Settis che all´ultimo concorso del Cnr francese per ricercatori stranieri, il 35% dei vincitori erano italiani e in fisica addirittura il 71%. I nostri ragazzi se ne vanno e in cambio non abbiamo nessun afflusso di giovani stranieri, perché il nostro sistema è bloccato. Risultato: il cronico invecchiamento della ricerca italiana e la regressione dell´Italia a un ruolo di «appendice turistica del mondo civile», come l´ha definita l´amico Enrico Bellone.
I ragazzi non vogliono questo, come dimostra la loro fitta partecipazione agli incontri con la ricerca, e non lo vogliono neppure la maggior parte degli italiani adulti e attivi, che hanno aderito in massa all´iniziativa del 5% per mille del reddito destinabile alla ricerca. Stupisce che il mondo politico istituzionale, che si proclama così attento al consenso polare e giovanile, sembri ignorare questa realtà. C´è molta voglia di razionalità in Italia e ce n´è altrettanto bisogno. È come se l´emisfero cerebrale sinistro, razionale, logico e cognitivo, tornasse a bilanciare l´emisfero destro, emotivo, passionale e immaginativo. Va detto che gli innovatori non hanno mai avuto un destino facile, ma ci sono periodi storici - e il nostro ne presenta tutti i sintomi - in cui l´atteggiamento antiscientifico serpeggiante rende la loro attività drammaticamente difficile. Conservatorismo intellettuale, cecità politica, paura di perdere i poteri consolidati, spinte economiche contrarie possono anche affossare il desiderio di ricerca e generare lunghi periodi di stasi della creatività scientifica. Ma non per sempre.
Credo che ci siano i primi segnali di cambiamento e che oggi, ascoltando i nostri giovani, possiamo ritrovare i segni della vera passione scientifica che si compone allo stesso tempo di amore per la verità e amore per l´umanità: il massimo della ragione e il massimo del sentimento.


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