Repubblica-La diatriba dell'Ulivo
LA DIATRIBA DELL'ULIVO EDMONDO BERSELLI MA ESISTE l'Ulivo, ed esiste davvero un'entità chiamata centrosinistra? Oppure esiste soltanto un congegno politico "celibe", un'articolazione di ex...
LA DIATRIBA DELL'ULIVO
EDMONDO BERSELLI
MA ESISTE l'Ulivo, ed esiste davvero un'entità chiamata centrosinistra? Oppure esiste soltanto un congegno politico "celibe", un'articolazione di ex partiti che in realtà non sanno come rivolgersi all'opinione pubblica? Il fatto è che oggi l'Ulivo non dovrebbe essere soltanto un'aggregazione politica indistinta, coalizzata dal rifiuto di Berlusconi, bensì lo schieramento che si candida con chiarezza a guidare il paese dopo l'esperienza berlusconiana.
Non è intuitivo capire se la somma di residui partitici e di culture politiche raccolta all'opposizione è in grado di sostenere con autorevolezza questa candidatura
Anche perché la situazione sociale del paese è in sommovimento. Richiede un'interpretazione. Pretende strumenti conoscitivi e una gamma di proposte adeguate al ventaglio delle realtà, dei ceti e delle professioni investiti dalle politiche del governo.
C'è da valutare in primo luogo una trincea di opposizione che ogni giorno si arricchisce di nuovi protagonisti. Medici, magistrati, insegnanti e "popolo" della scuola. Nel frattempo serpeggia nelle pieghe del paese un disagio economico inedito, che sbigottisce i ceti a reddito decurtato. Di fronte alle ondate di malcontento, lo spettacolo primario è offerto dal governo e dalla maggioranza: c'è uno squilibrio talmente forte fra l'inconcludenza della verifica e le ipotesi di riforme sensazionali evocate nella Casa delle libertà, da offrire l'impressione di uno show nevrotico.
Allorché i conflitti fra gli alleati e l'inadeguatezza tecnica (vedi l'intero iter della legge Gasparri) vanno in cortocircuito, l'annuncio di riforme kolossal assume l'aspetto di una minaccia. La riforma della giustizia induce l'intero ordine giudiziario alla ribellione; la sanità aziendalizzata provoca la protesta dei medici; la riforma scolastica di Letizia Moratti getta scompiglio nelle aule. Senza aggiungere che la riforma delle pensioni, fra la titolarità formale di Roberto Maroni e quella ufficiosa di Gianni Alemanno, si è impantanata dopo essere riuscita a coalizzare nuovamente i sindacati.
Il panorama politico-elettorale è descritto in questo momento da ampie fasce di popolazione che rifiutano governo e riforme del centrodestra, mentre la Casa delle libertà annuncia altri miraggi riformatori. Questo stato di cose ha un nome solo: si chiama rottura del consenso. Il "sogno" azzurro del 2001 è finito, e il risveglio è penoso. Sarebbe un po' meno penoso se il malessere sociale trovasse un canale politico. Cioè se il centrosinistra avesse cominciato a ventilare soluzioni, ipotesi, progetti. Non proprio "il" programma, che verrà influenzato inevitabilmente dai negoziati di coalizione; ma intanto l'individuazione dei problemi e la proposta di qualche soluzione. Ad esempio, sarebbe di qualche interesse se il centrosinistra riuscisse a rivolgere una parola alle fasce di elettorato che in questo momento sentono i morsi dell'impoverimento.
No, per ora i leader del centrosinistra, compreso Romano Prodi, si ritrovano a Roma per risolvere l'intricata questione del logo. Dilemma simbolicamente rilevante, non c'è dubbio, ma anche diatriba bizantina, da discutere in qualche stanza appartata. Tutto questo dopo il certame infinito sulla lista unica, o unitaria, in attesa del partito democratico, o riformista, e in vista della prossima e storica assemblea ulivista. Non ci sarà un indizio di realtà, da qualche parte? Una traccia di concretezza? Un'irruzione di dati di fatto?
Di fronte alla richiesta di praticità, di proposte, di idee, la politica di solito risponde biblicamente che per ogni cosa c'è il suo tempo. Oggi la trattativa, la discussione apparentemente indecifrabile con la coppia Di Pietro-Occhetto, gli attacchi di D'Alema a verdi e comunisti italiani, domani il progetto. Solo che in questo modo c'è un rischio: che fasce significative di società italiana, deluse da Berlusconi e dai suoi euforici programmi di ieri, si mobilitino alla ricerca di un'opzione politica diversa; e trovino qualcuno che risponde con programmi forse di domani, o forse di dopodomani o chissà. Nell'incertezza che ne deriva, può darsi che il voto al centrosinistra non sia così automatico com'è nelle aspettative. Che l'atto di dolore per le magagne del centrodestra non si trasformi meccanicamente in un atto di fiducia per i suoi avversari. Perché non c'è soltanto la logica siderale del bipolarismo, c'è anche una logica tutta terrestre, e tutt'altro che demagogica, per cui la politica deve offrire certo i simboli, le alleanze, la "splendida avventura dell'Ulivo", ma soprattutto deve indicare una prospettiva credibile: detto senza nessuna demagogia, per le condizioni di vita delle persone, non per gli interessi e le remote identità dei partiti.