Repubblica: "La concertazione è finita qui"
Epifani rompe con il governo: "Da Prodi uno sgarbo alla Cgil"
L´amarezza del leader sindacale dopo la chiusura delle trattative sul Welfare. Lettera al premier: c´è un problema di metodo
la svolta Da settembre in avanti il confronto con l´esecutivo sarà assolutamente forte e serrato. Come disse Luciano Lama: i governi passano e le maggioranze cambiano, ma la Cgil resta
un patchwork Quest´accordo è un patchwork , nel quale ogni pezzo risponde ad un gruppo di interessi Ecco il suo limite: è assente un´idea condivisa del Paese da parte di tutti gli attori sociali
Duro scontro nella Confederazione "Firmeremo per senso di responsabilità"
ROBERTO MANIA
ROMA - «È stato uno sgarbo alla Cgil che non possiamo far passare sotto silenzio», dice Guglielmo Epifani sfogliando tra le mani quel "Protocollo su previdenza, lavoro e competitività" che firmerà solo per senso di responsabilità e che sosterrà nella consultazione tra i lavoratori. Una scelta travagliata per la Cgil. Assunta a maggioranza (circa il 75 per cento) intorno alle quattro di notte, dopo una discussione tesa e asprissima nel Direttivo confederale, come non accadeva da molti anni. Perché su alcuni punti decisivi - e anche simbolici per la Cgil - il testo presentato dal governo non era quello concordato in precedenza. Due i vulnus: gli incentivi al lavoro straordinario e la fragilità dei vincoli ai contratti a termine. Oggi il leader di Corso d´Italia lo scriverà al presidente del Consiglio, Romano Prodi. E la lettera che arriverà a Palazzo Chigi segnerà l´inizio di una nuova stagione tra la Cgil e il governo di centrosinistra. Da settembre - dice Epifani - «il confronto sarà assolutamente forte e serrato». Conflittuale, insomma. Anche se è un aggettivo che si guarda bene dal pronunciare. L´appoggio della Cgil, comunque, non sarà mai scontato. Anzi. Epifani cita Luciano Lama per dire che ciascuno ora andrà per la sua strada: «I governi passano, le maggioranze cambiano, la Cgil resta».
Le distanze tra Epifani e Prodi sono diventate profonde, strategiche, non solo per ragioni di ruoli. Le misura anche il giudizio sul Protocollo: per il premier un risultato della concertazione tanto che ha voluto presentarlo lo stesso giorno (il 23 luglio) del "protocollo Ciampi" del ´93 sulla politica dei redditi; per il leader sindacale è invece «la dimostrazione che la concertazione, come l´abbiamo conosciuta, non c´è più». È finita esattamente dopo quattordici anni. «Allora - spiega Epifani - servì a ricreare coesione nel Paese, mentre si susseguivano i governi tecnici, e i vecchi partiti si ritiravano sotto la spinta anche dell´emergenza finanziaria. Oggi possiamo dire lo stesso? Oggi abbiamo un Paese molto più diviso, anche sul piano istituzionale. E poi quest´accordo è un patchwork , nel quale ogni pezzo risponde ad un gruppo di interessi. Questo è il limite del Protocollo: una somma di interessi parziali più che un interesse generale. È assente un´idea condivisa del Paese da parte di tutti gli attori sociali».
Certo, i risultati ci sono. Ed è anche per questo che Epifani firmerà: ci sono le misure per i giovani, c´è un assaggio di riforma degli ammortizzatori sociali, c´è il rafforzamento della contrattazione aziendale legata alla produttività, c´è l´aumento delle pensioni e c´è anche una via alternativa allo scalone per l´aumento dell´età pensionabile. Ma c´è un capitolo sul mercato del lavoro che Epifani è tentato di non firmare. «Perché per noi, per la nostra cultura, per un sindacato dei diritti, è molto più delicato il mercato del lavoro rispetto al nodo dello scalone. Sono in gioco diritti e tutele. Non è un problema di costi».
Nelle vicende sindacali contano anche i simboli. E i contratti a termine, per la Cgil, lo erano diventati. Da lì, nel 2001, cominciarono gli accordi separati fino al "Patto per l´Italia". Da lì, Epifani, avrebbe voluto far iniziare la risalita della Cgil. Invece no. Invece «all´ultimo momento» le proposte del governo sono cambiate. «Il governo ha sentito la Confindustria. Tutto legittimo, ma doveva aprire un confronto diretto, trasparente. Questo è stato uno sgarbo nei confronti della Cgil. Così l´ho avvertito io come segretario generale, così l´ha avvertito il Direttivo. Per i contratti a termine non ci sono le causali che li giustificano, né è chiara la base su cui definire i tetti sul totale degli addetti. Dopo 36 mesi si possono ancora reiterare a condizione che si rinnovino davanti alla Direzione provinciale del lavoro con il dipendente assistito da un sindacalista qualsiasi, anche di un "sindacato giallo"! Ma i contratti a termine sono il vero crocevia della precarietà. Passa tutto da lì. E poi lo staff leasing: la Confindustria ha chiesto di mantenerlo...». Ce l´ha con il ministro Damiano, ex Cgil? «Non credo che Damiano abbia responsabilità. È Palazzo Chigi che ha fatto questa scelta», risponde Epifani.
Non si può dire che la Cgil sia passata all´opposizione. Il lessico sindacale non contempla questa ipotesi perché c´è l´autonomia dalla politica. Però - dice Epifani - «c´è anche una situazione sociale delicata». «La protesta contro gli scalini non è amplissima, riguarda solo una parte dei lavoratori del nord, ma può legarsi a quella contro la precarietà con l´effetto di aumentare il distacco e la sfiducia verso la politica».