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Repubblica: "L´università-azienda che moltiplica la sua offerta"

L´unico strumento che manca ai presidi è la politica del prezzo

20/06/2006
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la Repubblica

L´INTERVISTA

EVA GRIPPA

L´università cambia. E cambia il modo di guardare a essa. Roberto Ciampicacigli, direttore del Censis Servizi, racconta la settima ricerca sul mondo della formazione in Italia.
Quali sono le novità rispetto alle precedenti sei edizioni?
«La prima, e più importante, è che con la laurea triennale a pieno regime è stato per la prima volta possibile valutare più di 60 facoltà in più».
L´aumento dei soggetti coinvolti ha portato a cambiamenti nel tipo di valutazione?
«Più che cambi di valutazione si tratta di modifiche sostanziali; a cambiare è stata la scelta degli indicatori, a seguito dei maggiori dati disponibili per l´anno analizzato (2004/05), e l´architettura di alcune delle famiglie in cui sono stati raccolti».
Uno degli aspetti più interessanti che emerge dall´indagine sui presidi è la loro opinione sul cambiamento in atto nel mondo universitario. Quali sono le principali questioni emerse?
«Tra i fattori positivi c´è che gli studenti crescono e si laureano con maggior rapidità. Tra i negativi, le conseguenze dell´autonomia dei corsi di laurea, che porta a tipologie di offerta molto diverse tanto che alcuni curricula finiscono per non avere quasi nulla a che fare con il "contenitore" di sapere in cui sono inseriti. È difficile valutare facoltà con percorsi formativi così differenti».
Cosa ne pensa della conversione delle esperienze professionali in crediti formativi?
«Quello del riconoscimento dei crediti è un aspetto oscuro, emerso da tempo ma paradossalmente messo in discussione solo grazie a delle inchieste giornalistiche. Lo scorso anno il Censis aveva escluso dalla sua valutazione le facoltà che avevano attivato le convenzioni, per non perturbare dati e classifiche delle esperienze di studio. La crescita esponenziale delle facoltà che le attivano però, pubbliche e private, è arrivata al 33 per cento, cui si somma un 13 per cento di atenei che hanno intenzioni di farlo nel prossimo futuro. Il che ha portato alla decisione di valutare tutti; quello che prima era un fenomeno limitato ora è diventato prassi».
La fase di transizione alla nuova università non sembra ancora terminata. Prevedete altri cambiamenti?
«Bisogna accettare il fatto che l´università agisca ormai come un´azienda. Moltiplica la propria offerta (+50 per cento dei corsi di laurea in sei anni); ragiona in termini di organizzazione del prodotto (cosa voglio offrire sul mercato del sapere); applica politiche di localizzazione dell´offerta; investe in pubblicità; applica politiche di "naming" per aumentare l´attrattività dei corsi. L´unico strumento del marketing essenziale che manca ancora, ai presidi manager, è la politica del prezzo. Mi chiedo se possa avere un senso competere sul prezzo dello studio. Aumentando per esempio le tasse per gli studenti abbienti e utilizzando le nuove entrate per accrescere servizi, borse di studio, alloggi. Non mi scandalizzerei se il costo mensile di alcune università arrivasse a costare come un buon circolo privato. Bisogna chiedersi se si è disposti a investire nel sapere come si investe nello sport e nel tempo libero».


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