Niente presidi che, pur risultati idonei in un regolare concorso, abbiano avuto la ventura, o meglio la colpa, di essere nati a Bari, Messina o Caltanissetta. Una mozione approvata due giorni fa dal Consiglio provinciale di Vicenza, e sostenuta dal senatore Paolo Franco, segretario della Lega Nord della stessa provincia, vuole che vengano esclusi da un eventuale incarico a Vicenza quei dirigenti scolastici che, nati in altre province italiane, abbiano partecipato lì a un regolare concorso e lo abbiano vinto. Quel titolo non dovrebbe avere, secondo il voto espresso dai consiglieri provinciali di Vicenza, nessun valore fuori della provincia nella quale il concorso si è svolto. Ognuno resti, dunque, a casa propria. E a Vicenza entrino in servizio solo presidi veneti o, ancora meglio, solo vicentini.
Chiamiamolo, se volete, razzismo o apartheid. E la cosa a dir poco sorprendente è che la mozione, proposta dall´assessore del Pdl, sia stata votata anche dai consiglieri del Partito Democratico, suscitando finora solo la protesta di Anna Finocchiaro, presidente del gruppo Pd del Senato.
Chiamiamolo, se volete, razzismo o apartheid. E´ possibile che, seguendo questo esempio, altre province del Nord chiedano, da domani, la esclusione o - perché no? - l´allontanamento solo dei presidi, ma anche degli insegnanti o dei dipendenti pubblici nati al di sotto sopra della linea del Po.
Prepariamoci al peggio, dunque. In un paese che si accinge, sia pure senza entusiasmo, a celebrare l´anniversario della sua raggiunta unità, da Vicenza viene un segnale diverso, ma da non sottovalutare. La Lega (un partito che governa una parte importante del Paese ed al quale appartiene il nostro ministro degli Interni) ha fatto scuola. E ci dà la sua lezione di storia patria: gli italiani non sono tutti uguali, non hanno tutti gli stessi diritti, come ci aveva insegnato a suo tempo il De Amicis del libro "Cuore" o, più recentemente e solennemente, la nostra Costituzione. No, gli italiani non sono tutti uguali. O, forse, secondo la Lega, ognuno potrà godere degli stessi diritti ma solo finché starà a casa sua, dove è nato: napoletani con napoletani, siciliani con siciliani e così via. Una linea che suona tanto più grottesca in un´epoca come la nostra contrassegnata dalla vicinanza e dallo scambio con altre culture, europee e non solo, dal moltiplicarsi degli scambi (non solo sul web), e dal diffondersi dell´idea di diritti umani validi per tutti, sempre e dovunque.
E tuttavia, sarebbe un errore considerare la mozione approvata a Vicenza alla stregua di un caso isolato e un po´ bizzarro di "leghismo". Quella mozione non è, purtroppo, che l´ultimo esempio di una cultura dell´apartheid o del razzismo. Pochi giorni fa, a Treviso, un bambino napoletano è stato prima irriso e isolato e poi di fatto obbligato a cambiare scuola. Sempre a Milano un autorevolissimo esponente della Lega ha proposto di riserbare alcuni vagoni della metropolitana ai soli milanesi. E come si farà, di grazia? Dovremo esibire una carta d´identità per entrare nel vagone? E potremo entrare in quel vagone anche se si scoprirà che siamo di Napoli o di Roma? Sembra, ahimé, che la Lega faccia scuola anche al di sotto del Po. Una consigliera comunale di Firenze del Pdl, che non sopporta, ha detto, la «puzza degli zingari e dei cinesi» ha infatti avanzato una analoga richiesta – vetture separate – al presidente dell´Ataf, l´azienda locale dei trasporti pubblici. Il presidente si è riservato di dare una risposta. (Ma a questo proposito vale forse la pena di ricordare che negli USA la battaglia per i diritti civili cominciò proprio il giorno in cui una donna nera, Rosa Parker, rifiutò di alzarsi dal posto che aveva occupato in un autobus, un posto che, all´epoca della segregazione razziale, era riservato ai bianchi.)
Il razzismo, lo dimostrano questi ultimi episodi, è una malattia che rischia di diffondersi pericolosamente. Non si manifesta più soltanto contro lo straniero, contro chi ha una pelle diversa dalla nostra. Rischia ora di metterci, anche nel nostro paese, gli uni contro gli altri, a seconda del luogo nel quale siamo nati e cresciuti, nel quale abbiamo studiato o vinto un concorso. Una malattia da curare, fin dai primi sintomi. La mozione approvata a Vicenza, che vuole riserbati i posti di dirigente scolastico solo a coloro che sono nati in quella provincia, è un sintomo, non trascurabile di questa malattia che, se non combattuta a tempo può mettere a rischio qualcosa di molto prezioso: quel naturale riconoscerci tutti, in quanto italiani, appartenenti allo stesso paese e votati allo stesso destino.
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