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Repubblica: L'alibi dell'emergenza

Michele Serra I carabinieri nelle scuole, per quanto sorvegliata e cauta sia la loro presenza, costituiscono pur sempre un´intrusione molto drastica

28/05/2007
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la Repubblica

DALLA meditata abiura del sindaco Chiamparino sull´antiproibizionismo al cosiddetto "giro di vite" cofferatiano sulla difficile convivenza urbana a Bologna, nella sinistra italiana è ben percepibile un nascente clima anti-permissivo.
Che trova ulteriore conferma nella dichiarazione di intenti del ministro della Salute, Livia Turco, favorevole all´invio dei carabinieri dei Nas nelle scuole per "attività ispettiva" anti-droga. Il quadro politico e psicologico nel quale matura questo genere di prese di posizione non è da prendere alla leggera. L´impressione di una de-regulation civile è diffusa. L´idea che l´antiautoritarismo quasi congenito in una classe dirigente formatasi negli anni Sessanta (noi, insomma) abbia indebolito oltre il lecito, nelle famiglie e nelle scuole, anche ogni necessario principio di autorità, è tutt´altro che immotivata.
Se il problema è che in una società senza regole si vive male e si cresce anche peggio, il problema c´è.
Di pari passo, però, maturano anche l´impressione, e il timore, che il ritardo e le omissioni accumulati su questo terreno possano essere cattivi consiglieri. Che l´ansia e il senso di colpa degli adulti possano generare un interventismo potenzialmente maldestro. I carabinieri nelle scuole, per quanto sorvegliata e cauta sia la loro presenza, costituiscono pur sempre un´intrusione molto drastica: il segnale che l´autorità scolastica non è più in grado di riacciuffare per suo conto il bandolo della situazione. Cosa che sarebbe tanto più grave in un´istituzione, la scuola, che ha nella sua autonomia (anche regolamentare) il fondamento della sua autorità: già assediata com´è, povera scuola, da genitori ansiosi e da istanze politiche non sempre limpide.
L´esercizio dell´autorità, male o bene esercitato che sia, compete ai presidi, agli insegnanti, al personale non docente, quei bidelli che un tempo, perfino nella temperie della contestazione, spesso aiutarono ad evitare il peggio. La disciplina, e perfino la tutela della salute dei ragazzi, diventano un problema di ordine pubblico (un problema extra-scolastico, dunque) solamente in casi estremi. Nell´ordinaria amministrazione – quella che conta, quella che regola e indirizza le tendenze sociali – di solito la cultura dell´emergenza peggiora la situazione. Lo stesso ministro Turco, nel dichiarare che "c´è un lavoro educativo da fare, è la cosa più faticosa ma è fondamentale", mostra di sapere perfettamente che non solo la scuola, ma neanche le stracitate famiglie, neanche la società nel suo complesso, sono in grado di mettere le mani nel disordine etico e comportamentale di molti ragazzi (non tutti) se non partendo dalle proprie competenze e dalla propria impallidita autorità. Dai propri comportamenti e dal proprio aplomb sociale: non sempre, si sa, quello degli adulti è esemplare agli occhi dei più giovani.
Ci sono sirene che suonano perché devono suonare, perché un´emergenza è in atto. Ma sarebbe un bel guaio se il suono di una sirena, o un lampeggiante dei carabinieri davanti a scuola, servissero da alibi alle inadempienze di chi ha già il potere quotidiano di sorvegliare, di intervenire, di educare, di aiutare. E´ la cosa più difficile, come dice il ministro Turco, ma è anche l´unica che conta davvero, che incide, che cambia le cose. Per questo servirebbe limitare le sirene alle sole vere emergenze, e smetterla (raccomandazione che vale per la politica ma anche per i media, forse soprattutto per i media) di trattare ogni fenomeno sociale come una perenne "emergenza". Le emergenze, tra l´altro, hanno il difetto, ormai conclamato, di durare qualche settimana e poi svanire, lasciando il palcoscenico alle emergenze di nuovo conio. E lasciando i problemi irrisolti. Se tutto è un´emergenza, allora vuol dire che niente lo è: meglio, dunque, caricare la soma della responsabilità quotidiana su chi quotidianamente deve esercitarla: nella scuola, i presidi, gli insegnanti, i bidelli.
Un carabiniere in ogni scuola e in ogni casa, oltre a essere un lusso che neanche lo Stato più ricco del mondo potrebbe concedersi, servirebbe forse a garantire più sicurezza. Ma scaricherebbe la coscienza degli adulti dal compito di occuparsi dei ragazzi: di essere noi i primi carabinieri, le prime autorità sanitarie e etiche, senza divisa e senza potere di arresto, ma favoriti da una prossimità, e da un amore, che troppo spesso dimentichiamo di avere, dimentichiamo di usare.


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