Repubblica: L'aborto e il giornale dei vescovi
Ma la legge garantisce le donne
L´Avvenire: dopo trent´anni rivedere la 194. E anche la Turco annuncia un atto di indirizzo
I vescovi: un tagliando per l´aborto
MIRIAM MAFAI
Non so chi per primo, in questi giorni, ha detto che la legge 194 andrebbe rapidamente sottoposta a un «tagliando», come d´abitudine si fa con una macchina che comincia a perdere colpi. L´idea del «tagliando», di una revisione cioè di una legge, per verificarne a distanza di qualche anno l´applicazione e gli eventuali difetti o insufficienze, non è, in sé, sbagliata. In Francia questa verifica accompagna normalmente il processo legislativo, ed è puntualmente accaduto anche per la legge Veil, la prima ad avere reso possibile l´interruzione di gravidanza.
Da noi tuttavia il termine «tagliando» suona in questo caso allarmante perché preannuncia, o potrebbe preannunciare, l´intenzione del legislatore di ridurre gli spazi di autonoma decisione delle donne. E non ci stancheremo mai di ripetere che le donne italiane a questa legge fanno ormai sempre più raramente ricorso.
La questione va trattata con cura e prudenza, senza grottesche esasperazioni polemiche.
Il caso che ha acceso le polveri di questo dibattito è noto. In un importante ospedale di Milano, una gestante che portava in grembo due gemelline (una sana ed una affetta da trisomia 21), si è sottoposta al cosiddetto aborto terapeutico, come previsto dalla legge 194. Era arrivata alla ventesima settimana di gestazione. Pare che le due gemelline abbiano imprevedibilmente cambiato posizione e il medico ha soppresso quella sana anziché quella malata. Un errore, dunque, doloroso, drammatico. Ma non c´è «tagliando» che possa sopprimere l´errore umano.
Non mi è chiaro allora cosa intenda dire il ministro Livia Turco quando preannuncia un atto di indirizzo del suo ministero per «attualizzare» la legge 194. Sarebbe bello che un atto d´indirizzo ministeriale o un «tagliando» potesse evitare sempre e dovunque l´errore del medico. Ma sappiamo tutti che questo non è possibile.
Vorremmo allora sapere se con questo preannunciato «atto di indirizzo» si intenda porre nuovi limiti all´uso della legge, alla possibilità per esempio, per la gestante di scegliere, di fronte a una analisi infausta, l´aborto terapeutico. Eugenia Roccella, portavoce dal Family Day, e commentatore dell´Avvenire, ha lamentato ieri il fatto che in Italia, grazie alla diffusione della diagnosi prenatale, nascano ormai sempre meno bambini affetti da trisomia 21, cioè da sindrome di Down. Non trovo il dato scandaloso. Nessuna donna può essere costretta infatti a portare avanti una gravidanza segnata da «rilevanti anomalie» del feto, per mettere al mondo, alla fine dei nove mesi, un figlio affetto da una grave malattia. Chi lo fa, e c´è chi lo fa, non solo ha diritto all´assistenza di cui lei e il figlio e la famiglia avranno bisogno, ma merita anche il nostro affetto e la nostra stima. Ma chi non vuole portare a termine quella gravidanza e chiede, come la madre delle due gemelline, di fare ricorso all´aborto terapeutico, come previsto dalla legge, anche quella madre ha diritto al nostro rispetto ed alla nostra solidarietà.
La legge 194 ha ormai trent´anni. In questi trent´anni il nostro contesto culturale è cambiato. Bisognerebbe indagare di più, e meglio, sulle ragioni che inducono all´aborto, anche in presenza della larga diffusione dei metodi di contraccezione. Bisognerebbe riflettere di più e meglio sulla relazione tra la madre e il feto, notevolmente cambiata dal giorno in cui la madre ha potuto «vedere» il suo feto, grazie all´ecografia. Bisognerebbe indagare di più e meglio sul «costo» di un bambino non solo e non tanto in termini economici, ma in termini di tempo, di fatica, di attenzione. «Fare il tagliando» alla legge 194, allora, dovrebbe significare «fare il tagliando» ai valori sui quali regge la nostra società, al ruolo e alla fatica che ancora oggi grava sulle spalle delle donne. Ma non di questo si parla, finora, sul giornale dei vescovi, o nelle prime dichiarazioni del ministro Turco. Che preannuncia, sembra di capire dalle sue prime dichiarazioni, misure capaci di ridurre il ricorso all´aborto terapeutico.
Con la ovvia conseguenza, se così fosse, di far aumentare il numero degli aborti clandestini in Italia o di incrementare i viaggi per abortire in qualche clinica all´estero.
A meno che tutto questo discutere della legge sull´aborto e la conclamata disponibilità a sue modifiche non si configuri come il tentativo di rafforzare, nel nascente Partito Democratico, un saldo rapporto con quei cattolici che a suo tempo condussero (e persero) la battaglia contro la 194.