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Repubblica it: Istat passa a Ipsos i dati sul lavoro. Via dopo sette anni 317 co.co.c

La decisione aspramente contestata dai lavoratori. Sciopero Cgil il 25 settembre "Ci sarà un aggravio dei costi, nessuna garanzia su affidabilità e qualità dell'indagine" Ma l'Istituto di Statistica difende la scelta di esternalizzare questa attività "Disponiamo di strumenti molto qualificati di controllo e monitoraggio"

24/09/2009
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la Repubblica

ROSARIA AMATO

ROMA - L'Istat affiderà a breve la rilevazione dei dati sull'occupazione alla società privata di ricerca Ipsos. Una scelta aspramente contestata dai sindacati, e non soltanto perché verranno di conseguenza messi alla porta i 317 rilevatori co.co.co che per sette anni si sono occupati dell'indagine, ma anche perché, accusa in particolare la Cgil, "aggrava i conti pubblici, rischia di compromettere l'affidabilità dell'indagine e non dà alcuna garanzia occupazionale a chi ogni giorno è chiamato a indagare sul lavoro degli italiani". Infatti i 317 precari, i cui contratti non verranno ovviamente confermati dall'Istat, non hanno alcuna certezza sul fatto che la società di ricerca diretta da Nando Pagnoncelli decida di affidare loro le rilevazioni. Dopo anni di lavoro nella speranza dell'assunzione rischiano invece di diventare protagonisti della loro indagine, andando ad aumentare le file dei disoccupati.
"Pensiamo che la società che si è aggiudicata la gara avrà tutta la convenienza ad avvalersi degli attuali rilevatori delle forze di lavoro - obietta un portavoce dell'Istat - Si tratta di personale che ha già avuto un'esperienza sull'indagine che dovrà andare a svolgere, già idoneo ad essere rapidamente inserito nel lavoro sul campo".
Dunque niente più di un auspicio per 317 persone che, spiega Fabrizio Stocchi, uno dei rilevatori, sindacalista Flc Cgil, "sono stati formati proprio dall'Istat, che ha investito molto sia in termini di conoscenze che di strumenti". "Il 50% dei rilevatori - prosegue Stocchi - lavora per l'Istat da quando sono state istituite le rilevazioni trimestrali sugli occupati, e cioè da sette anni; un altro 30% lavora all'Istat da più di tre anni, e solo il rimanente 20% da poco tempo. Per il lavoro il titolo di studio richiesto è il diploma, ma il 30% è laureato".
I rilevatori, che hanno indetto uno sciopero per protestare contro l'esternalizzazione dell'indagine per venerdì 25 settembre (l'astensione dal lavoro riguarderà le ultime tre ore), non contestano solo la perdita del loro posto di lavoro, ma anche la sostanza della decisione dell'Istat. "Mentre è evidente la necessità di dati sempre più tempestivi e affidabili - afferma il segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni - si mette a rischio la qualità di una rilevazione fondamentale per il Paese. Non è infatti chiaro se cambierà la metodologia in corso d'opera o se resterà lo stesso campione di popolazione. Proprio in una fase così delicata non si può certo produrre un'alterazione delle stime o una loro non coerenza con quelle degli anni e trimestri precedenti".
Un rischio che l'Istat conta di scongiurare grazie all'imposizione di rigidi standard di qualità: "L'esternalizzaione della sola fase di raccolta dei dati non è una novità per l'Istituto che ha, su questo, una consolidata esperienza. L'affidabilità dei risultati è assicurata dagli elevati standard di qualità imposti dall'Istituto nell'esecuzione delle attività e dall'adozione di strumenti molto qualificati di controllo e monitoraggio. Vengono date istruzioni molto puntuali e le operazioni sul campo vengono rigidamente seguite e documentate".


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