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Repubblica: "Io, scienziato con gli studenti contro i tagli a chi studia e pensa"

Parla Giovanni Camelia, il fisico di fama mondiale che ha tenuto lezione in piazza

21/10/2008
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la Repubblica

La scelta

Forse sono stato fesso a tornare in Italia, qui vincono ancora solo i raccomandati

«Tagliare i fondi all´università è un po´ come decidere di amputare una mano ad un pianista». Non usa mezzi termini per parlare contro il decreto Tremonti, il fisico teorico Giovanni Amelino Camelia, ricercatore del dipartimento di Fisica dell´università La Sapienza che la rivista americana "Discovery Magazine" ha soprannominato "il piccolo Einstein" per le sue ricerche sulla teoria di gravitazione quantistica.
Perché ha deciso di aderire alle proteste degli studenti e fare lezione in piazza, proprio davanti a Montecitorio?
«Perché come docente e ricercatore ho un ruolo, ho il dovere di appoggiare i tanti studenti che si stanno mobilitando per quello in cui credono. Ma so che queste proteste non serviranno a niente, perché il governo ha già deciso e probabilmente non tornerà indietro».
Dunque condivide le paure degli studenti rispetto al decreto Tremonti che taglia i fondi alle università?
«Ovviamente sì. Non mi piace parlare di cose che non conosco, ma purtroppo in Parlamento ci sono troppi politici che decidono su realtà di cui non sanno nulla e allora è giusto che io esprima la mia indignazione per il messaggio che il governo sta dando a questo Paese».
Potrebbe spiegarsi meglio?
«Il discorso è semplice: per i nostri politici la crisi può essere risolta in un solo modo. Tagliando i fondi a quella parte di Italia che pensa, studia e cresce. È innegabile che da anni i politici e i governi, sia di destra che di sinistra cercano, di smantellare la ricerca e l´istruzione pubblica».
Qualcuno l´ha definita come un "ex-cervello in fuga". Ha accettato un dottorato alla Boston University, ma poi ha deciso di tornare in Italia come ricercatore. Come mai?
«Alcuni dicono che ho fatto una scelta coraggiosa, ma forse sarebbe più corretto dire che sono stato un fesso. La realtà che in Italia non avrei mai ottenuto un dottorato, perché qui vincono solo i raccomandati. Il che, va detto, è il vero cancro del sistema universitario italiano. Sono tornato per portare avanti le mie ricerche, ma la realtà è che qui ho un budget annuale di 5-6mila euro l´anno. La media, all´estero, è di 120mila euro l´anno. In Italia non si investe sulla ricerca e questo ci penalizza a livello internazionale. Ecco perché non vinciamo il Nobel... per gli stessi pregiudizi per cui da anni nessun calciatore italiano vince il Pallone d´Oro».
Allora è vero che l´università ha bisogno di essere riformata e riorganizzata...
«Non però nel modo ipotizzato dal governo. Tagliare i fondi significa continuare ad escludere dal sistema universitario tutti i giovani "cervelli" che, non avendo nessuno che li raccomanda, continueranno a restare fuori dai giochi. In Italia chi vuole fare il ricercatore è stretto tra due morse: da un parte c´è la piaga delle raccomandazioni e dall´altra c´è un Parlamento che ormai si configura come un nemico dell´istruzione».
Considerando la riforma Gelmini e l´approvazione del decreto 133, consiglierebbe ad un giovane studente di Fisica di intraprendere la carriera di ricercatore?
«Assolutamente no. Si lavora quasi 80 ore alla settimana per 1200 euro al mese. E con questi tagli la situazione diventerà ancora più insostenibile. In Italia non c´è futuro per gli scienziati».

(laura mari)


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