"È ora di alzare la guardia nelle fabbriche del Nord"
ROBERTO MANIA
«No, no, no. Quegli anni sono alle spalle. Gli anni in cui c´erano centinaia di feriti, di attentati, di morti. No, quel periodo non torna». Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, ha passato l´intera giornata di ieri a cercare di capire: non solo se il terrorismo è di nuovo tra noi, ma anche se è tornato ad infiltrarsi nel sindacato. Come negli anni Settanta, gli anni di piombo. Un incubo che Epifani ha ripercorso nella sua memoria. Per un intero pomeriggio la Cgil è rimasta ammutolita: sono passate ore prima che la segreteria diffondesse un comunicato e prendesse posizione.
La notizia degli arresti, con gli iscritti alla Cgil e soprattutto con un delegato dei chimici di Torino, è arrivata mentre le tre confederazioni celebravano il rito sindacale dell´approvazione del documento unitario per il confronto con il governo. Lì, all´Auditorium di Via Rieti, a qualche centinaia di metri da Via Salaria, dove le nuove Br hanno ammazzato, nel ‘99, Massimo D´Antona, giurista di sinistra e anche della Cgil. «Rimanemmo annichiliti, quando ce lo dissero», ricorda Epifani. «Nessuno poteva aspettarselo. Così come quando venne colpito Ezio Tarantelli e poi, ancora Marco Biagi». Uomini di cerniera tra il sindacato e la società. Sconosciuti a tanti, ma non ai terroristi.
Quando parla, Epifani è come se si domandasse se davvero la sua organizzazione non abbia sottovaluto i rigurgiti terroristici dell´ultimo decennio, i segnali che via via arrivavano, anche da alcuni settori sindacali e di movimenti sociali. Come se una volta compiuta la missione negli anni Settanta con un´opposizione radicale all´eversione, dopo l´assassinio a Genova dell´operaio-sindacalista Guido Rossa, si fosse attenuata l´attenzione. Poi risponde di «no». «Non abbiamo abbassato al guardia». Ma quando argomenta si intuisce come i punti interrogativi aumentino anziché ridursi. «E´ sempre più difficile comprendere cosa accade. Questi non sono, e non lo erano neanche allora, fenomeni sociali di massa. Si assiste ad un incontro tra una vecchia generazione di terroristi e una giovane. Un incontro inquietante». Perché vuol dire - come sappiamo - che il terrorismo non si è mai del tutto sopito.
Ma vuol dire anche che il sindacato, la Cgil, e il mondo del lavoro tornano ad essere il luogo della frontiera. E qui, però, c´è la «novità» di ieri: la fabbrica. Di più: il Nord. E di colpo la questione settentrionale non è solo l´inquietudine di un ceto medio impoverito, arrabbiato, antipolitico, orfano delle rassicurazioni democristiane. Potrebbe diventare un´altra cosa. «Sembra svanire la terziarizzazione del conflitto, da cui le colonne toscana e romana delle nuove Brigate Rosse», dice Epifani.
L´operazione a Milano, in Veneto, in Piemonte, è un balzo indietro, anche geograficamente. Le fabbriche e, allora, il sindacato. Di nuovo vulnerabile? «No, nella stragrande maggioranza proprio no. Piuttosto c´è da domandarsi se alcune attività non siano coperture». Ma sono anche altre le domande che si fa il leader della Cgil. Sui giovani per esempio: «Tanti ne entrano nel sindacato. Ma altri ne escono. E´ la rapidità nei mutamenti nel lavoro che è impressionante. Non è il lavoro dei decenni passati: ora si entra, si esce; c´è la precarietà. E´ più difficile capire». E c´è stato il ricambio anche nella base sindacale per via delle ristrutturazioni industriali. «La vecchia guardia - dice Epifani - se n´è andata. I giovani, appunto, sono precari e non ci sono più i grandi luoghi di aggregazione sociale. C´è - ammette - anche il fatto che il sindacato contratta sempre meno nei luoghi di lavoro». Nelle vecchie fabbriche, appunto.
Forse c´è pure troppa autoreferenzialità sindacale. Pietro Ichino, giurista di sinistra, con tessera Cgil, ne ha scritto molto. Anche nel suo libro "A cosa serve il sindacato?" che qualche mese fa provocò un´aspra polemica per le critiche, contenute in una specie di circolare, dell´ufficio legale della Cgil. Acqua passata. Però, Pietro Ichino era un bersaglio per i terroristi del nuovo Millennio. «Mi è venuta in mente la figura di Luciano Lama quando spiegava che il nemico del terrorismo è il sindacato; e il sindacato è il nemico del terrorismo. Per questo veniva colpito chi operava nella ricerca di soluzioni per il mondo del lavoro. Ed è qui - insiste Epifani - la costante, qui c´è la continuità con il passato: il lavoro nel mirino di chi fa il terrorista».
Trent´anni fa, il terribile Settantasette. «Ci pensavo solo qualche giorno fa. Pensavo al libro di Lucia Annunziata, alla leggerezza con cui racconta la cacciata di Lama dall´Università di Roma, e la pesantezza con cui quell´episodio fu vissuto nella Cgil. Ricordo ancora il compagno Nando Liuzzi entrare nella sede della Cgil con il volto insanguinato. Fu un colpo inaspettato per noi. Un colpo durissimo».
Certo, «inaspettati» sono stati anche gli arresti di ieri. Eppure era stato proprio Epifani, nell´ultimo inverno, a fare sentire la sua voce per dire che anche le parole possono essere violenza. Lo disse dopo le accuse di alcuni settori dei Cobas al ministro del Lavoro, Cesare Damiano, di essere un «nemico» o un «traditore».
Ovviamente di una presunta sinistra sociale «Mi scagliai contro quel linguaggio inaccettabile, contro la logica dell´amico-nemico; contro l´idea del traditore. Un vero brodo di cultura del terrorismo. Mentre nel dialogo sociale ci vuole sempre il rispetto».
Ricordi e domande. Come quella che riguarda la possibile coincidenza tra il riemergere di pericolo terroristico e la presenza della sinistra al governo. Perché questo è uno dei tanti momenti di passaggio nella storia della nostra politica. Un momento di assunzione di responsabilità, come quella di attende il sindacato, sfidato dal governo di centrosinistra in un nuovo patto sociale per la produttività. Domande che Epifani preferisce non farsi. Perché vede «coincidenze sfasate». «Certo - sostiene - il centrosinistra è al governo, ma i nuovi terroristi si stavano preparando quando in Parlamento c´era un´altra maggioranza. Forse si preparavano a colpire adesso. Ma eviterei di cascare in questa logica». C´è tanto da capire, comunque. Perché non può non colpire «la grande dimensione» della retata, come si legge nel comunicato della segretaria di Corso d´Italia. «E c´è l´amarezza - dice Epifani - perché quella contro il terrorismo è una battaglia che ancora bisogna vincere definitivamente. Poi c´è l´incredulità: siamo l´unico Paese in Europa dove ancora accadono queste cose. Questa è una maledizione», conclude il segretario generale della Cgil.
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