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Repubblica- Il polverone storico sul 25 aprile

Il polverone storico sul 25 aprile CORRADO AUGIAS C aro Augias, l'avvicinarsi del 25 aprile coincide con il fiorire di spericolate interpretazioni della nostra storia, a volt...

17/04/2005
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la Repubblica

Il polverone storico sul 25 aprile

CORRADO AUGIAS

C aro Augias, l'avvicinarsi del 25 aprile coincide con il fiorire di spericolate interpretazioni della nostra storia, a volte accompagnate da iniziative apparentemente dettate da buone intenzioni quali l'istituzione del 'Giorno della libertà' per la caduta del muro di Berlino. Data importante per l'Europa, ma innanzitutto per i tedeschi. Noi, come altri europei occidentali, abbiamo vissuto il periodo del Muro come spettatori. Appassionati, preoccupati, ma sempre spettatori.
Non sembra contraddittorio festeggiare una ricorrenza che tutto sommato ci tocca da lontano mettendo in discussione la liberazione dal nazifascismo, la fine di un incubo? Forse che gli statunitensi hanno mai pensato di rileggere la loro festa d'Indipendenza (dalla dominazione britannica) da quando hanno instaurato con la Gran Bretagna quello che viene definito il 'Rapporto speciale'? Forse qualcuno dei presidenti Usa, da Washington a Bush figlio, si è permesso il lusso di sminuire l'importanza del 4 luglio o di non partecipare alle celebrazioni ufficiali in quell'occasione?
Da noi, invece, siamo costretti ad assistere ad un attacco sistematico ad una delle date fondanti della nostra Repubblica, con l'ostentata indifferenza del presidente del Consiglio, che ha tempo e forza per occuparsi di qualsiasi argomento, ma in tre anni non ha mai trovato la combinazione giusta per celebrare il 25 aprile insieme ai cittadini del Paese che governa.
Giovanni Ciprotti
giovanni. ciprotti@virgilio. it
C on il passare degli anni il 25 aprile era un po' diventato la ripetizione di un rito. Sui muri compariva qualche scritta fascista: '25 aprile, festa dei vigliacchi'. Le cariche dello Stato rendevano onore a qualche bandiera, qualche vecchio partigiano, file ogni anno più esigue. Il tempo rimargina anche le ferite più profonde e i morti in buona fede dell'una e dell'altra parte guadagnano, col tempo, uguale memoria e rispetto.
Gli ultimi avvenimenti però hanno di colpo rinverdito il significato della giornata. Tra il 1943 e il 1945 in questo paese s'è svolto un conflitto crudele, che era anche una guerra civile ma non solo una guerra civile. Nessuno può chiedere che le motivazioni di chi combatté al fianco (quando non al servizio) dei nazisti, una delle più feroci dittature del secolo, siano equiparate a quelle dei 'Volontari della Libertà'. Nessuno può ignorare che alla base del patto costituzionale che legittima la Repubblica c'è l'impegno antifascista scritto con tutta la solennità di cui siamo capaci nella nostra legge fondamentale.
E' confortante constatare con quale fastidio molti italiani abbiano accolto il tentativo maldestro di modificare la Costituzione, causa non secondaria degli ultimi risultati elettorali. Un paio d'anni fa la Einaudi ripubblicò le 'Lettere dei condannati a morte della Resistenza' benissimo prefate da Gustavo Zagrebelsky. Lo scritto si chiudeva con queste parole, che faccio mie: "Chiunque anche oggi leggerà queste 'Lettere' vi troverà un'altra Italia e non potrà non domandarsi se davvero non ci sia più bisogno di quella voce o se, al contrario, non si debba fare di tutto per tramandarla e mantenerla viva nella coscienza, come radice da cui attingere forza". E' quasi doloroso riconoscere che di quella voce abbiamo più che mai bisogno.


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