Repubblica-IL PAESE DEI SOGNI SI STA SVEGLIANDO
IL PAESE DEI SOGNI SI STA SVEGLIANDO EUGENIO SCALFARI Le statistiche, si sa, vanno interpretate e così i numeri che le compongono e che per loro natura dovrebbero rappresentare realtà ogg...
IL PAESE DEI SOGNI SI STA SVEGLIANDO
EUGENIO SCALFARI
Le statistiche, si sa, vanno interpretate e così i numeri che le compongono e che per loro natura dovrebbero rappresentare realtà oggettive si trasformano invece in soggettive aspettative. In una società esposta all'influenza dei "media" questa soggettività dei numeri diventa dominante e accresce l'instabilità e l'insicurezza dell'insieme.
Il rapporto del Censis diffuso l'altro ieri documenta questa condizione di fragilità e di mutevolezza del paese: una condizione peraltro analoga a quella riscontrabile in tutta Europa, società ricche ma stagnanti, immemori del passato, immerse nel presente, timorose del futuro. E anche profondamente contraddittorie. Per certi aspetti addirittura schizofreniche.
Ricordate uno degli slogan che nel Sessantotto ebbe maggiore eco e popolarità? Tutto e subito, reclamavano i giovani di allora. Ma a chi indirizzavano questa imperativa richiesta? Non allo Stato che volevano abbattere, non ai partiti che disprezzavano, non alla famiglia di cui svelavano le antiche ipocrisie, non alla scuola alla quale avevano tolto fiducia. Neppure alla religione cui avevano cessato di credere.
In realtà non era neppure una richiesta. Era un sogno che, come la maggior parte dei sogni, non si avverò per la semplice ragione che non poteva avverarsi. Il "tutto e subito" è una solenne e infantile sciocchezza che tuttavia si tramanda di generazione in generazione. La differenza dell'oggi sta nel fatto che quel sogno non è più soltanto appannaggio della gioventù ma è diventato un sentimento che pervade la società intera. Nei giovani poteva rappresentare una spinta per conquistare il futuro, ma diffusa a tutti i livelli di età e di condizione sociale si trasforma in emotiva e globale fragilità. In predisposizione a essere manipolati dalla demagogia. In passiva e inerte attesa del miracolo, del santo protettore, del principe azzurro sul bianco cavallo, del giustiziere che vendicherà i torti e instaurerà la vera giustizia. Insomma del messia che anticipi nel mondo di qua l'oltremondo delle beatitudini.
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Mi venivano questi pensieri, alquanto sconfortanti lo confesso, mentre sfogliavo le tante pagine e scorrevo le molte tabelle del rapporto Censis e il commento-sintesi che ne fa Giuseppe De Rita, interprete autentico dei numeri che gremiscono quelle pagine.
De Rita lamenta che gli italiani abbiano cessato di sognare. Indica anche la data di questo brusco risveglio: il 1993. Da allora, secondo il segretario generale del Censis, gli italiani ormai privi di sogni si sarebbero ripiegati su loro stessi e il declino sarebbe incominciato.
Ma perché proprio nel 1993? Che cosa accadde di particolare in quell'anno, a parte la soppressione della Cassa del Mezzogiorno? Credo sia evidente a quali eventi si riferisca De Rita: il ciclone di Mani pulite, la denuncia della corruzione diventata sistema, il crollo delle forze politiche più compromesse nella generale corruttela. Infine la nascita del berlusconismo politico dopo i fasti del berlusconismo mediatico. Furono queste la cause della fine del sogno?
Secondo me De Rita si sbaglia di grosso. Ammesso che negli anni precedenti, i "favolosi" anni Ottanta del craxismo e del forlanismo, ci fosse un qualsiasi sogno degno di questo nome, nei Novanta prese forma un sogno ancor più illusionistico e ancor più demagogico e populista. Ancora più denso di contraddizioni, di scorciatoie, di piccole e grandi furberie, di enormi egoismi, di attese miracolistiche. Dopo i giustizieri che parlavano con le carte bollate e in nome della legge (che furono tripudiati per un anno e poi rapidamente ripudiati) arrivava finalmente il giustiziere vero, quello che avrebbe ridotto lo Stato in mutande, tagliato le tasse con falce affilata, abolita la burocrazia parassitaria, messi fuori causa i partiti, reso inutile il Parlamento, arricchito il paese come aveva già arricchito se stesso. Infine instaurato il regno della felicità o perlomeno dato a tutti lo strumento per arrivarci: una libertà senza impedimenti, senza regole, senza steccati da superare o almeno da rispettare.
Non è stato un sogno anche questo, amico De Rita? Gli italiani sono passati da un sogno all'altro. E del resto il principale protagonista nei sogni degli anni Ottanta non era il padre putativo e perfino il consocio del protagonista dei sogni negli anni Novanta? Tutto si tiene a questo mondo.
Dovessi scegliere tra quei due sogni, francamente rifiuterei entrambi. Per mia fortuna faccio parte di quel vasto numero di concittadini rimasti svegli e privi di sogni, che cercarono allora e cercano oggi di testimoniare la verità dei fatti, le menzogne demagogiche di allora e di oggi, la dilapidazione delle risorse nazionali, la corruttela di oggi e di ieri.
No. Noi non abbiamo fatto parte di quelle compagnie.
Non abbiamo nulla da rimpiangere e nulla da condividere né con i sogni di ieri né con quelli di oggi.
Noi, per dirla tutta, alla virtù dei sogni non crediamo anzi ne diffidiamo. Preferiamo tenerci stretti ai fatti e alla fermezza delle convinzioni.
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Vediamo qualche cifra tra le tante del rapporto Censis e cerchiamo di capire se abbiano un senso e indichino una direzione.
Il futuro è sempre più nero? Gli ottimisti erano il 54 per cento nel 2001 e sono scesi (di 9 punti) al 45 per cento nel 2004. Dunque aumenta il pessimismo. Ma non di molto, con tutto quello che accade intorno. Infatti i pessimisti sono appena il 14 per cento. Sono aumentati rispetto al 2001 (di 8 punti) ma non più di tanto.
È più intrigante la domanda sul "welfare" e le tasse.
Il 53,5 per cento preferisce meno tasse anche se peggiorano i servizi pubblici. Quindi hanno fiducia nelle proprie capacità individuali. Meglio soldi oggi che più assistenza e più previdenza domani. Ma contemporaneamente si contraddicono: il 49,4 afferma che i servizi sanitari e previdenziali sono fonte di serenità e lo 0,9 addirittura preferisce più tasse ma migliori servizi. Il totale di questi due numeri fa 50,3. A chi dobbiamo credere?
Ancora: il 60,7 non ha fiducia nella politica ma il 60,2 ritiene che il voto è determinante per il futuro del paese. Il voto non è un fatto politico? Ancora qualche numero. Il 90 per cento chiede che le istituzioni pubbliche tutelino i più anziani. L'88 per cento è soddisfatto degli ospedali pubblici. Un plebiscito. O no?
Fin qui orientarsi è quantomeno arduo perché gli interpellati dicono tutto e il contrario di tutto. Ma ci sono poi cifre più eloquenti quando si passa dai sentimenti e dalle aspettative a questioni più concrete.
Evasione e sommerso. Secondo il Censis (e secondo l'Agenzia delle Entrate che ne sa ancora di più) 200 miliardi di euro sono la cifra sottratta agli occhi del fisco. Ciò significa che per ogni 100 euro accertati ce ne sono 46 occulti.
Che fine fanno le ricchezze del paese? Immobili, beni rifugio, rendite finanziarie. In una parola, patrimonio.
Poiché il reddito ristagna, i rischi delle iniziative sono troppi, meglio rifugiarsi in beni patrimoniali solidi. Nel 2004 sono state comprate 870 mila nuove abitazioni per una cifra giornaliera di 550 mila euro. Giornaliera. Scrissi qualche giorno fa che l'attenzione si sta spostando dal reddito al patrimonio, dalla dinamica alla staticità. Il Censis lo conferma. Per stanare il sommerso e farlo contribuire alle risorse comuni la strada di abbassare (di pochissimo) le aliquote sul reddito non serve a niente.
Bisogna tassare la ricchezza sui grandi patrimoni perché è lì che si nasconde il sommerso, il riciclato, il mafioso o più semplicemente il professionista, l'artigiano e l'oste che non rilasciano fattura. Pesci piccoli ma tanti, ma soprattutto pesci grossi e grossissimi anche se meno numerosi. Pochi alla luce del sole, ma tanti che si sono resi invisibili.
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l centrodestra ha accolto con favore il documento di De Rita; il centrosinistra anche. Hanno ragione tutti e due perché in quel documento ce n'è per tutti. Ma una verità emerge comunque: il miracolo atteso nel 2001 non si è verificato.
I delusi sono molti. Ma oggi, dicembre 2004, gli stessi che li hanno fin qui delusi gli promettono che l'appuntamento col miracolo non è stato annullato ma soltanto spostato d'un paio d'anni in avanti: avverrà senza fallo nel 2005 e soprattutto nel 2006.
Ora si tratta di vedere quanti italiani saranno disposti a chiudere gli occhi e sognare ancora oppure se resteranno ben svegli senza farsi ipnotizzare.