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Repubblica-Il governo nega la concertazione- Proclamati nuovi scioperi

Cgil, Cisl e Uil chiedono un incontro al presidente della Repubblica: c'è il rischio di un conflitto sociale I sindacati scrivono a Ciampi "Il governo nega la concertazione". Proclamati...

05/01/2002
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la Repubblica

Cgil, Cisl e Uil chiedono un incontro al presidente della Repubblica: c'è il rischio di un conflitto sociale
I sindacati scrivono a Ciampi
"Il governo nega la concertazione". Proclamati nuovi scioperi
RICCARDO DE GENNARO


ROMA '#8212; Cgil, Cisl e Uil lanciano l'Sos al presidente della Repubblica. In una lettera, inviata ieri, i tre segretari generali (Sergio Cofferati, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti) fanno notare a Carlo Azeglio Ciampi che "le ultime decisioni del governo in materia di delega legislativa sul lavoro e sulla previdenza contraddicono e cancellano gli anni di concertazione che hanno portato a significativi risultati". Il destinatario della lettera non è soltanto il garante della Costituzione, ma è soprattutto '#8212; in questo caso '#8212; il firmatario degli accordi del luglio '93 sulla politica dei redditi, che diedero il via alla lunga stagione della concertazione in Italia.
Cofferati, Pezzotta e Angeletti ricordano, non a caso, la recente "sollecitazione" rivolta al governo e alle parti sociali dallo stesso Ciampi affinchè si prosegua sulla strada della concertazione. Viceversa, denunciano i tre sindacalisti nella loro lettera, l'invito del capo dello Stato sembra essere rimasto inascoltato: "Dobbiamo con grande rammarico constatare scrivono i tre segretari generali il consolidamento di uno schema di relazioni sindacali che nega nei fatti la concertazione e rischia di produrre gravi fratture sociali e accendere un clima di conflitto che le organizzazioni sindacali hanno cercato di evitare per senso di responsabilità". Cofferati, Pezzotta e Angeletti chiedono pertanto al presidente della Repubblica di essere ricevuti al Quirinale per potergli esporre la posizione dei sindacati "sul negoziato che abbiamo avviato con il governo sui temi del lavoro e della previdenza".
Il problema è che, dopo il varo delle due deleghe da parte del consiglio dei ministri, il negoziato sembra già bell'e concluso. Alla domanda se c'è un confronto in corso, il vicesegretario della Cgil, Guglielmo Epifani, risponde testualmente: "Non c'è assolutamente nulla: l'impressione è che il governo non voglia modificare niente, siamo in presenza di un muro". Un muro che, in particolare, non sembra scalfibile sui punti più critici denunciati dal sindacato: la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sui licenziamenti senza giusta causa e il taglio tra i tre e i cinque punti, a favore delle imprese, dei contributi previdenziali su tutti i nuovi assunti. "L'ultimo testo della delega sulle pensioni è addirittura peggiorativo del precedente ricorda Epifani il governo non ha alcuna intenzione di dialogare con noi, vuole fare a meno dei sindacati, punta ad essere autonomo da un lato solo, il nostro".
La risposta è una raffica di scioperi, che coinvolgono tutti i settori dell'economia, di qui a metà febbraio. Il programma delle proteste, tra l'altro, si è irrobustito: Cigl, Cisl e Uil hanno aggiunto ieri altri due pesanti scioperi nazionali al fitto calendario delle proteste in programma nelle prossime sei settimane. Al termine della tornata di scioperi articolati di quattro ore compresi tra il 15 e il 29 del mese scatteranno infatti lo sciopero di quattro ore dell'intero settore dei trasporti in programma il 30 gennaio (dalle 10 alle 14) e lo stop con manifestazione nazionale a Roma di tutto il pubblico impiego (circa tre milioni di lavoratori) in programma il 15 febbraio.
Per ora lo sciopero generale di otto ore, che comporti eventualmente una grande manifestazione nazionale a Roma, è stata esclusa. Cofferati, Pezzotta e Angeletti hanno motivato questa scelta ricordando che "la lotta sarà di lunga durata" e che dunque sarebbe sbagliato, nell'ambito del conflitto sociale, giocare fin da ora le carte più pesanti. L'ipotesi di un bis del '94 contro il governo Berlusconi resta dunque sul tappeto.


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