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Repubblica: Il federalismo al contrario

Tito Boeri Due esempi su tutti: la gestione della vicenda dei precari della scuola e la deroga-proroga degli ammortizzatori sociali.

22/09/2009
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la Repubblica

Il gesto è clamoroso: le Regioni hanno ieri disertato l´incontro in cui il Governo doveva loro presentare la "Finanziaria light", oggi al vaglio del Consiglio dei Ministri. Sono incontri del tutto inutili. Ma soprattutto il Governo da mesi continua a rinviare il confronto richiesto dalle Regioni nella sede istituzionale appropriata, la Conferenza Stato Regioni. Si limita a trattare separatamente con ciascuna Regione mentre le vie del sito della Conferenza sono costellate di rinvii.
Su cosa chiedono chiarimenti urgenti le Regioni? Non solo sui tagli alla sanità previsti nel nuovo "Patto per la Salute", ma anche sul federalismo fiscale al contrario di cui il Governo sta dando ampia prova. Il paradosso è che, al di là dei proclami e della retorica dispensata a piene mani dalla Lega all´atto di approvazione della legge delega sul federalismo fiscale, questo esecutivo sta attuando un federalismo al contrario. Ha, da una parte, tolto autonomia impositiva agli enti del decentramento abolendo l´ICI sulla prima casa e bloccando le addizionali regionali e comunali su Irpef e Irap e, dall´altra, li ha resi tappabuchi, enti che colmano le falle lasciate aperte, se non addirittura create, dagli interventi del governo centrale. Salvo poi appropriarsi in pubblico delle risorse versate da Comuni e Regioni come se fossero state versate di tasca propria, dal bilancio dell´amministrazione centrale dello Stato. Due esempi su tutti: la gestione della vicenda dei precari della scuola e la deroga-proroga degli ammortizzatori sociali.
Partiamo dalla prima. Saranno 42.000 i posti in meno quest´anno nella scuola per effetto della prima Finanziaria del Governo Berlusconi. Secondo il ministro Gelmini, questi tagli verranno effettuati quasi interamente non rimpiazzando i docenti che vanno in pensione. Ma non può essere così. Sono circa 30.000 gli insegnanti che hanno maturato o stanno maturando i requisiti per andare in pensione nel 2009. Tra questi, non pochi stanno decidendo di posticipare il ritiro dalla vita attiva in linea con comportamenti diffusi nel settore privato in questa congiuntura. Le famiglie hanno infatti subito ingenti riduzioni del proprio patrimonio nella recessione, ci sono poche opportunità per redditi da cumulare alla pensione e, dunque, si decide di continuare a lavorare almeno fin quando la buriana sarà passata. Inoltre, i posti tagliati dalla Finanziaria 2008 il più delle volte non riguardano insegnanti che stanno andando in pensione. Per ridurre gli organici attraverso la non sostituzione di insegnanti che vanno in pensione bisognerebbe avere una gestione decentrata, istituto per istituto, del personale, non certo tagli imposti dal centro. Come prevedibile, questi hanno interessato solo i docenti non di ruolo, quell´esercito di 90.000 precari oggi presenti nella scuola italiana. In quanto precari, con carriere zeppe di interruzioni, e per colpa dei nostri ammortizzatori gruviera, hanno diritto al massimo a 860 euro al mese per 8 mesi. Temendo una rivolta di piazza e ostinandosi a non voler varare una riforma degli ammortizzatori sociali, il governo ha così stipulato contratti bilaterali con le singole regioni affinché queste si facciano carico dei lavoratori precari in esubero. Dovranno coinvolgerli in "progetti regionali" offrendo loro retribuzioni da abbinare a brevi supplenze senza continuità didattica, fin quando non verranno in qualche modo riassorbiti nell´ambito del sistema scolastico. In altre parole, gli insegnanti in esubero sono diventati e rimarranno a lungo impiegati regionali con saltuari compiti di supplenza nelle scuole.
Veniamo agli ammortizzatori non riformati, ma dati in appalto alle Regioni. Nel suo recente monologo televisivo il Presidente del Consiglio ha sostenuto che il suo Governo ha speso 34 miliardi per gli ammortizzatori sociali, appropriandosi non solo degli ordinari contributi di lavoratori e datori di lavoro all´Inps (20 miliardi), ma anche dei più di 6 miliardi e mezzo messi a disposizione direttamente o indirettamente (tramite il Fondo Aree Sottosviluppate) dalle Regioni per finanziare interventi in deroga-proroga della Cassa Integrazione Guadagni. Sin qui il governo ha messo in campo solo 800 milioni per interventi a sostegno di lavoratori in esubero durante la crisi, lasciando alle singole Regioni il compito di metterci il resto, a discrezione, di tasca loro.
Queste scelte del Governo violano i principi sanciti dalla legge delega sul federalismo fiscale appena approvata dal Parlamento, che prevede che i "livelli essenziali di prestazioni attinenti i diritti civili e sociali" vadano "garantiti su tutto il territorio nazionale". Forse ancora più grave il fatto che rischiano di far lievitare in modo permanente la spesa pubblica. I progetti regionali per i precari della scuola hanno, infatti, una sinistra somiglianza con i Lavori Socialmente Utili (LSU), nati come estensione temporanea dei trasferimenti ai cassintegrati a zero ore e ai lavoratori in mobilità giunti al termine della durata massima dei sussidi e poi diventati una sorta di vitalizio. Rischiano perciò di rivelarsi più costosi dei posti che si è voluto ridurre. Quanto ai fondi europei utilizzati dalle Regioni per prorogare la Cassa Integrazione, questi vengono concessi dalla Commissione Europea solo se abbinati a politiche attive del lavoro. Per questi motivi, le Regioni stanno attivando, assieme ai trasferimenti ai cassintegrati, una fitta gamma di corsi di formazione di dubbia efficacia per ottemperare alle disposizioni di Bruxelles. Detto in altre parole, questi ammortizzatori regionalizzati costano il doppio di ammortizzatori finanziati dallo Stato attingendo alla fiscalità generale. Infine, i contatti rigorosamente solo bilaterali fra Governo e Regioni nel gestire la vicenda precari della scuola rischiano di comportare scambi poco trasparenti, do ut des svolti all´oscuro del contribuente, che ci lasciano in eredità nuovi impegni di spesa, dunque più tasse.
Il Governo, tuttavia, continua a sostenere che il federalismo permetterà presto di tagliare le tasse. Per crederci dovremmo compiere un atto di fede. I documenti ufficiali del Governo recitano che "non è possibile determinare ex ante le conseguenze finanziarie del federalismo fiscale". E le scelte fatte sin qui dall´esecutivo sono proprio il contrario, tutto il contrario, del federalismo.


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