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Repubblica-Il diritto al successo lo onsegnano a scuola (M.Pirani)

LINEA DI CONFINE MARIO PIRANI IL DIRITTO AL SUCCESSO' LO INSEGNANO A SCUOLA Forse sba...

30/05/2005
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la Repubblica

LINEA DI CONFINE
MARIO PIRANI
IL DIRITTO AL SUCCESSO'
LO INSEGNANO A SCUOLA


Forse sbaglio ma ho l'impressione che, al di fuori delle mura degli edifici scolastici, ben pochi conoscano i sommovimenti devastanti che la pedagogia ispiratrice delle varie riforme e riformicchie in corso da una trentina d'anni a questa parte, ha provocato. I punti di partenza erano in genere ricchi di ambizioni modernizzanti e progressive. I risultati, peraltro, non appaiono brillanti come le premesse. Si è passati dal diritto allo studio, garantito a tutti i giovani, all'odierno "diritto al successo formativo", dove non c'è spazio per l'insuccesso.
Quindi i voti d'insufficienza vengono "modificati" o dallo stesso insegnante (ben conscio che ormai nella vulgata in auge quel voto... verrebbe addebitato in negativo a una sua presunta incapacità) oppure, in sede di scrutinio, dal consiglio di classe. In questa sede il dirigente (un tempo preside) in base alla sua autorità aziendale, riscattata dall'ideologia sinistrorsa secondo cui una decisione collettiva è sempre migliorativa e più democratica di quella individuale, imporrà, con i suffragi della maggioranza del consiglio (ma quasi sempre all'unanimità), quel 6 rosso che trasformerà formalmente il giovane asino in un puledro di belle speranze. Così il voto di consiglio, che aveva in origine una sua ragion d'essere in quanto riequilibrava alcuni eccessi della vecchia scuola dove poteva accadere di ripetere l'anno per l'insufficienza in una materia non fondamentale, ha perso questa ratio originaria per trasformarsi nel luogo deputato alla sanatoria generalizzata. Un simile stravolgimento ne ha comportati con una caduta a catena anche altri. Da una parte gli insegnanti, per premiare gli allievi più diligenti e preparati e distinguerli dai promossi con voto "corretto", sono indotti a inflazionare le pagelle dei primi con 8 e 9, punteggio un tempo riservato alla eccezionalità; dall'altra i dirigenti, sempre più preoccupati di non scontentare gli alunni-clienti, cominciano a delegittimare gli insegnanti recalcitranti, ancor prima che presentino la loro proposta di scrutinio, cercando di introdurre la prassi (la segnalazione mi arriva da Treviso) di affidare anche la valutazione del normale compito in classe direttamente al consiglio.
La spoliazione dell'insegnante della sua facoltà individuale di valutare equamente è stata ancor più aggravata dall'introduzione obbligatoria della docimologia (dal greco dokimazo, "mettere alla prova"), vangelo dei nuovi pedagoghi, che si prefigge di rendere il voto oggettivo e non più derivante dal convincimento dell'insegnante. Quindi quest'ultimo non può più fare affidamento sul suo giudizio ma suddividere il voto secondo una serie di parametri (impegno, capacità logica, analisi del testo eccetera), a ognuno dei quali corrisponde un coefficiente prestabilito. La somma dei coefficienti fornirà il voto oggettivo. I tempi che dovrebbero essere dedicati all'insegnamento e a una normale correzione dei compiti si allungano naturalmente a dismisura. Per sfuggire a questa stupida vessazione molti insegnanti si sono forniti di normografo con mascherina, congegnato in modo tale che al voto che intendono assegnare (poniamo un 7) corrispondano automaticamente le caselle dei coefficienti necessari a raggiungerlo. Un tempo gli studenti usavano il Bignami, oggi sono i professori a dover escogitare un ausilio per superare gli ostacoli pedagogici.
Laddove poi la sperimentazione riformistica è andata più avanti, anticipandone l'applicazione con fervore avanguardistico, i risultati parlano da soli. Un caso esemplare mi viene illustrato da un insegnante di elettrotecnica, il professor Renzo Loris, dell'istituto superiore professionale e nautico "Sauro/Chiodo" di La Spezia, che ha presentato inutili ricorsi in merito. In questo istituto, in nome della docimologia, sono state abolite in tutte le materie le interrogazioni orali, giudicate troppo "soggettive" e sostituite con due test finali a più voci: al primo si risponde con una crocetta e al secondo con una breve frase. A ogni voce è assegnato un punteggio che, sommato agli altri, fornisce il voto finale.
Se questo risulta 9 o 10 e cioè il massimo, tutto bene. Se, invece, è inferiore, viene considerato "voto grezzo" al quale applicare un "correttivo" per via informatica, attraverso un algoritmo docimologico che media tra risultati massimi e minimi. Il voto finale corretto, sempre di ampia soddisfazione, viene proiettato sullo schermo elettronico. Tutti promossi con alte valutazioni. Tutti contenti. Così va la scuola riformata. Non così andrà, però, la vita.


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