Repubblica-Il crocifisso resta nelle aule
Il crocifisso resta nelle aule La Consulta boccia il ricorso: "Ma esporlo non è un obbligo" La Corte Costituzionale dice no al Tar del Veneto, al quale si era rivolta una sig...
Il crocifisso resta nelle aule
La Consulta boccia il ricorso: "Ma esporlo non è un obbligo"
La Corte Costituzionale dice no al Tar del Veneto, al quale si era rivolta una signora finlandese di Abano terme
La Cdl grida vittoria, però rimane aperto il caso: si potrebbe arrivare anche a scelte autonome delle scuole
I giudici segnalano che non esiste una legge che esiga l'affissione della croce
MARCO POLITI
ROMA - Resta, per ora, il crocifisso nelle aule. La Corte Costituzionale ha respinto ieri per "manifesta inammissibilità" il ricorso del Tar veneto, che aveva chiesto un giudizio di legittimità sulla presenza del simbolo religioso a scuola.
Come già Repubblica aveva preannunciato nei giorni scorsi, i giudici della Consulta hanno trovato il modo di salvare il crocifisso nelle scuole, ma la soluzione individuata è solo a tempo e l'intera questione, come un ordigno a orologeria, potrebbe riesplodere nel 2005.
La Corte Costituzionale ha deciso infatti di non affrontare la questione di legittimità e dunque della violazione eventuale dei principi di laicità della Carta fondamentale, perché le norme regolamentari impugnate dal Tar veneto "sono prive di forza di legge (e quindi) su di esse non può essere invocato un sindacato di legittimità costituzionale né, conseguentemente, un intervento interpretativo della Corte". In altre parole i giudici supremi non possono occuparsi di ciò che non ha rango di legge.
Le norme in questione (articoli 159 e 190 del testo unico sulla scuola del 1994 si riferiscono all'"arredo scolastico" limitandosi ad attribuire ai Comuni l'onere della spesa. A loro volta queste norme non possono fornire nuovo fondamento alla vecchia disposizione del 1924 secondo cui "ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l'immagine del Crocifisso e del Re".
Il punto chiave dell'ordinanza consiste nel fatto di mettere in luce che non esiste alcuna legge italiana che esiga la collocazione a scuola del simbolo religioso cristiano e d'altra parte, scrive la Corte costituzionale nel ricapitolare la vicenda processuale, anche "la difesa del Presidente del Consiglio sostiene che le norme legislative impugnate e le norme regolamentari richiamate dal remittente non stabiliscono alcun obbligo di esposizione del Crocifisso".
Insomma la questione resta completamente aperta e già c'è chi prevede che alla fine si arriverà alla possibilità che ciascun istituto scolastico - in base ai desideri dei genitori e degli alunni - decida autonomamente.
Per il momento esultano soprattutto le forze politiche che della croce come del presepe hanno fatto un cavallo di battaglia in nome della cosiddetta difesa dell'identità nazionale. Soddisfatta la Lega, secondo cui la Consulta avrebbe deciso "una volta per tutte che il crocifisso deve rimanere nelle aule scolastiche". E mentre per Volontè, presidente del gruppo Udc alla Camera, la sentenza "pone fine alle malcelate critiche laiciste", Pedrizzi (An) plaude perché sono sconfitti i "fondamentalisti del laicismo, gli integralisti islamici alla Adel Smith e i cattolici pavidi". Il ministro forzista La Loggia (Fi) trova addirittura incredibile che "si possa solo lontanamente mettere in dubbio la possibilità di mettere il crocifisso in ogni aula e il presepe in ogni casa".
Più sobriamente un ex presidente della Corte costituzionale commenta nel privato del suo studio che l'ordinanza della Consulta è squisitamente "politica, perché decidere sul merito in questo momento significherebbe gettare olio sul fuoco", visto il furore delle opposte posizioni.
Di fatto, l'aver sottolineato che nessuna legge prevede l'obbligo dell'esposizione apre la strada a nuovi interventi del giudice ordinario o amministrativo. Da oggi la questione sollevata dalla signora Soile Lautsi ad Abano Terme torna al Tar veneto e non è escluso che qualora un preside o un professore rimuovesse il crocifisso e fosse per questo colpito da sanzioni, si possa arrivare ad una ripetizione del "caso Montagnana": lo scrutatore che si rifiutò di operare in un seggio elettorale sotto il simbolo del crocifisso e che nell'anno 2000 si vide riconoscere giustizia dalla Corte di Cassazione relativamente alla sua libertà di coscienza e al diritto di richiamarsi al "principio supremo della laicità dello Stato" di fronte alla presenza nel seggio di arredi fra cui il crocifisso "o altre immagini religiose".