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Repubblica.Il bunker del governo e le sfide di autunno -di E.Scalfari

Il bunker del governo e le sfide di autunno COME gli attori e le attrici del teatro napoletano di varietà, anche Silvio Berlusconi ha fatto "la mossa", la "patapunfete": alla ripresa del lav...

01/09/2002
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la Repubblica

Il bunker del governo e le sfide di autunno
COME gli attori e le attrici del teatro napoletano di varietà, anche Silvio Berlusconi ha fatto "la mossa", la "patapunfete": alla ripresa del lavoro politico e alla vigilia di quell'autunno caldo in Parlamento e nelle piazze che gli dà tanta preoccupazione, ha cercato con gli espedienti gestuali e verbali che sono la sua specialità di rinsaldare una coalizione sempre più sconnessa, di ricreare un rapporto di simpatia con un'opinione pubblica sempre più perplessa, di rassicurare le alleanze sociali sempre più preoccupate.
La mossa è consistita nella conferma degli obiettivi economici del Dpef, nella spavalda affermazione che il problema dell'inflazione non esiste, nell'annuncio che le tariffe sono state bloccate fino alla fine di novembre, infine nell'attuazione dal prossimo gennaio del primo modulo della riforma fiscale che prevede nuove aliquote e sgravi per i redditi fino a 25mila euro.
Ha aggiunto altri due corollari di non trascurabile peso: l'inflazione programmata che dovrà servire di base ai contratti in scadenza resterà ferma all'1.4 per cento e la sanatoria per i lavoratori extracomunitari sarà limitata a quelli provvisti d'un lavoro a tempo indeterminato, licenziabili però senza la protezione della giusta causa.
Vari colpi al cerchio e vari colpi alla botte. La conferma dei numeri del Dpef serve a rinsaldare la posizione del ministro Tremonti, alquanto scossa dall'andamento dell'economia e della pubblica finanza; la fiducia nella stabilità dei prezzi a tranquillizzare i consumatori; il blocco delle tariffe a dimostrare che il governo è comunque vigile e decisionista; gli sgravi fiscali per i redditi più bassi a ridare un po' di fiato ai consumi mantenendo su questo punto la pattuizione con Cisl e Uil; la conferma del tasso d'inflazione per soddisfare la Confindustria (ma non i sindacati); il limite alla sanatoria per i lavoratori extracomunitari a placare l'irritazione leghista (suscitando però un'irritazione ancora più forte in tutta la media e piccola imprenditoria del Nord e in particolare del Nordest).
L'insieme di queste misure annunciate, che in buona parte contraddicono precedenti annunci di alcuni ministri e dello stesso presidente del Consiglio, è quanto mai sgangherato. Lo si capisce a prima vista, ma sarà tuttavia utile darne specifica dimostrazione
Nessuno auspica un Paese percorso da tensioni sociali ma questa è la realtà delle cose
Berlusconi spera di rassicurare tutti bloccando le tariffe e confermando gli obiettivi Dpef
(
Cominciamo dal blocco delle tariffe che, al di là delle chiacchiere e degli annunci, rappresenta il solo provvedimento concreto di questa tornata. Quanto sia contraddittorio con la privatizzazione delle società concessionarie di pubblici servizi e con i poteri attribuiti alle Autorità indipendenti che vi sovrintendono è evidente. Del pari evidente è il cosiddetto "effetto scalino": le tariffe bloccate riguadagneranno d'un colpo i livelli che avrebbero raggiunto senza il blocco e anzi li supereranno, con conseguenze negative sul livello generale dei prezzi.
Ma ci sono altri due aspetti che sono stati finora trascurati nell'analisi di questa decisione. Il primo riguarda le privatizzazioni che il governo si propone di fare nel prossimo futuro alienando altre quote azionarie di Enel, Eni, Telecom eccetera. Un blocco delle tariffe e l'intento dichiarato di obbligare per il futuro le Authorities a conformarsi alle indicazioni del governo anziché ai parametri del mercato renderà difficile e comunque deprimerà il prezzo di collocamento delle azioni da privatizzare; non aver colto questo aspetto dell'intervento la dice lunga sulla cultura economica del governo.
(Osservo di passata che gli interventi sulle tariffe metteranno a rischio anche le operazioni di project financing basate anch'esse su opere date in concessione ai privati e soggette quindi agli umori cangianti d'un governo a dir poco erratico nei metodi e negli intenti).
Il secondo aspetto riguarda l'imprenditore-concessionario Silvio Berlusconi. I canoni che Mediaset paga all'erario per la concessione delle sue frequenze televisive sono ridicolmente bassi, specie se confrontati a quelli versati dalla Rai allo stesso titolo. La stretta sulle tariffe di alcuni servizi in concessione per impedire un riscaldamento dei prezzi dovrebbe procedere di pari passo con l'aumento dei canoni scandalosamente bassi che non incidono sugli utenti del servizio e che renderebbero qualche sollievo alle stremate casse del Tesoro. Come mai il fertile Tremonti non ci ha ancora pensato?
Comunque - e per chiudere su questo argomento - il parziale e ovviamente temporaneo blocco tariffario riguarda voci che hanno inciso poco o nulla sul rincaro dei prezzi il quale, stando ai dati disaggregati dell'Istat, è stato dovuto negli ultimi tre mesi ad alcuni generi alimentari e soprattutto ai servizi forniti da artigiani, professionisti, ristorazione, bar, tempo libero, trasporti, canoni d'affitto, articoli scolastici, tabacco. La "mossa" berlusconiana è stata dunque mal immaginata e male eseguita, non avrà alcun effetto calmieratore, produrrà invece controindicazioni e distorsioni sul mercato.
* * *
La ribadita conferma dei numeri del Dpef (crescita del Pil nel 2002 dell'1.3 per cento, del 2.9 nel 2003; indebitamento rispettivamente dell'1.1 e dello 0.8 sul prodotto interno lordo) è un esercizio puramente unilaterale del ministro del Tesoro la cui credibilità in materia è scesa sotto zero avendo egli dovuto nel corso di pochi mesi rivedere due volte al peggio le cifre sulle quali aveva testardamente giurato negando l'evidenza già più volte segnalata dalle istituzioni internazionali.
Così purtroppo sarà anche questa volta. In corso d'opera anche Tremonti dovrà prendere atto che nel 2002 il Pil registrerà un aumento tra lo 0.6 e lo 0.8 per cento e l'indebitamento si collocherà di conseguenza sull'1.6 quest'anno e l'1.4 per cento nell'anno successivo, sempre che le cartolarizzazioni e le operazioni della Infrastrutture spa diano i risultati da lui sperati, e tuttavia non dovrebbero andare a riduzione delle partite correnti.
La ragione di questa testarda decisione di manipolare le cifre e negare l'evidenza è chiara: il governo continua a sperare e a puntare su una vigorosa ripresa del ciclo economico entro pochi mesi e si affida nel frattempo a interventi "una tantum" già più volte criticati e contenuti dalla Commissione di Bruxelles. Intanto il nostro debito pubblico aumenta significativamente e la pressione fiscale si sposta dal fisco statale a quello regionale e comunale. Il risultato per il contribuente è finora quello d'un aumento netto, in contrasto con i solenni impegni del contratto con gli italiani stipulato di fronte alla lavagnetta televisiva di Bruno Vespa, che trasse in inganno una moltitudine di gonzi.
Ad alleviare una situazione di cassa che sta diventando drammatica non resterebbero dunque che tre tipi d'intervento: pensioni d'anzianità, condono tombale, ticket nazionali sulle prestazioni sanitarie (oltre al blocco già in gran parte messo in atto degli investimenti nella scuola).
Basta enunciare queste voci per capirne gli eventuali effetti sulla cosiddetta pace sociale che è già stata smerlettata da un pezzo.
* * *
La conferma del tasso d'inflazione programmata all'1.4 per cento per il 2003 ha già provocato la decisione di tutte le confederazioni sindacali e delle categorie con contratti in scadenza di presentare piattaforme largamente superiori. La questione, per quanto riguarda il pubblico erario, diventa molto seria poiché è in ballo anche il contratto d'impiego dei dipendenti statali.
Qui i problemi sono due: il recupero del fiscal drag degli anni 2000-'01; il recupero per l'anno '02; il livello del nuovo contratto 2003-'04 che i sindacati del pubblico impiego indicano partendo da un'inflazione pari al 2.4 per cento, cioè un punto in più di quella programmata. In cifre assolute ciò equivarrebbe a 700 milioni di euro da aggiungere al miliardo e 100 milioni se si applica il tasso di inflazione dell'1.4%. La richiesta totale sarebbe dunque di un miliardo e 800 milioni di euro, più i recuperi del fiscal drag dei due anni passati, che comunque saranno un'uscita di cassa dovuta.
Il governo dal canto suo è intenzionato a resistere e non lo si può certo rimproverare per questo. Faccio tuttavia osservare in proposito che la resistenza del Tesoro sarà tanto più motivabile in quanto Bruxelles mantenga fermi i parametri del patto di stabilità. Un allentamento di essi in qualunque modo ottenuto renderebbe assai più arduo per il ministro del Tesoro opporre i suoi "no" alle richieste dei vari ministeri della spesa ed anche, ovviamente, dei dipendenti ai quali l'inflazione sta riducendo il potere d'acquisto reale.
* * *
Il risultato congiunto di tutte queste spinte e controspinte precipiterà come una potentissima cascata d'acqua nel bacino delle lotte sociali che ne sarà ulteriormente agitato e addirittura sconvolto. Non si tratta in questo caso di previsioni ma di dati di fatto creati da contrasti d'interesse oggettivi e da potenti forze già in movimento.
Ieri su questo giornale il segretario della Cgil, Sergio Cofferati, ha indicato con chiarezza la tabella di marcia della sua organizzazione, che comincia ma non finisce con lo sciopero generale previsto per fine settembre o per i primissimi giorni di ottobre. Obiettivi dello sciopero saranno l'articolo 18, l'occupazione, i salari, le pensioni, gli investimenti nel Mezzogiorno, nella scuola pubblica e nella Sanità.
Non è escluso che lo sciopero coinvolga anche altre sigle sindacali e comunque veda la partecipazione di lavoratori anche non militanti nella Cgil.
La Cisl e la Uil dal canto loro sembrano decise a forme di lotta dura per i contratti del pubblico impiego e dei metalmeccanici che interessano complessivamente oltre 2 milioni di dipendenti e di altrettante famiglie.
L'insieme del fronte sindacale che è già entrato in movimento conta su dieci milioni tra lavoratori e pensionati senza contare le rispettive famiglie. Non penso che le organizzazioni sindacali siano in grado di mobilitare il cento per cento dei loro aderenti, ma una buona parte sì. Senza contare gli aderenti ai partiti d'opposizione e i movimenti anch'essi molto motivati sui temi della giustizia, del conflitto d'interessi, dell'ambientalismo e della povertà.
Nessuna persona di buonsenso può auspicare un paese percorso da tensioni sociali e politiche così intense ed estese, ma nessuna persona di buonsenso può ignorarne l'esistenza quando diventano così corposamente visibili come in questa fase della nostra vita pubblica. La temperatura del corpo sociale è arrivata a livelli molto alti. Conosciamo tutti le cause che l'hanno portata a questo punto.


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